Via del Papà alla Punta Narciso del Pizzo Vuturo in Sicilia per Emanuele Andreozzi e Massimo Faletti

Il 06/11/2025 Emanuele Andreozzi e Massimo Faletti hanno aperto 'Via del Papà' alla Punta Narciso del Pizzo Vuturo nel massiccio del Monte Gallo in Sicilia.
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L'apertura di 'Via del Papà' alla Punta Narciso, Pizzo Vuturo, Sicilia (Emanuele Andreozzi, Massimo Faletti 06/11/2025)
archivio Emanuele Andreozzi

Qualche giorno dopo la grande avventura sulla parete Nord-Ovest del Pizzo della Sella, con Massimo Faletti siamo tornati a puntare le pareti della Riserva Naturale di Capo Gallo, sempre dal lato Barcarello.

Ancora una volta non avevamo un’idea fissa sulla linea da aprire, se non quella di trovare un qualcosa dove non correvamo il rischio di imbarcarci nuovamente in una grande tribolata. Dopo aver scartato a malincuore una prima ipotesi molto allettante, a causa della presenza di un’abitazione poco sotto la parete - dove se avessimo malauguratamente fatto cadere un sasso, avrebbe potuto entrargli nel giardino – proseguimmo sul sentiero e poco dopo Max indicò con decisione un marcato diedro. Non appariva particolarmente difficile e la roccia sembrava anche ragionevolmente pulita dalla vegetazione, inoltre la parete non era neanche troppo alta e infine non vi erano case nei paraggi. Insomma, avevamo tutti gli elementi che cercavamo quel giorno.

Mentre Max si dirigeva ostinato alla base del diedro, mi veniva da sorridere, perché al giorno d’oggi da noi in Dolomiti o in Valle del Sarca sarebbe semplicemente impensabile trovare così tanto terreno vergine, per giunta a pochi passi dalla macchina. Poter andare sotto parete senza un piano preciso e semplicemente scegliere sul momento tra le tante opzioni visualizzate, è davvero un privilegio raro ed è un qualcosa che ha un sapore d’avventura d’altri tempi.

Questa volta toccò a me partire per primo. Devo ammettere che i primi metri non li annovero di certo tra le esperienze memorabili in fatto di scalate piacevoli, a causa di un fastidiosissimo rampicante spinoso (Smilax asperae) che ostruiva i primi metri del diedro e che solo dopo il nostro passaggio abbiamo in gran parte rimosso. Fortunatamente le cose si misero decisamente in meglio quando giunsi all’altezza di un invitante sistema di fessure sulla faccia destra del diedro che conduceva nei pressi di uno spigolo, dove mi diressi senza pensarci due volte. Il risultato fu un’arrampicata splendida su roccia ottima e ben proteggibile, questa volta di indubbia soddisfazione. Inoltre anche quando nella seconda parte del tiro il terreno divenne più appoggiato e facile, la roccia rimase sempre solida e pulita dalla vegetazione.

L’arrampicata si mantenne piacevole anche nei tiri successivi dove con Max ci alternammo alla testa della cordata. A sorpresa il grande diedro non superava il quarto grado superiore ed era costituito da solida roccia priva di vegetazione. In questi giorni avevamo notato come Sicilia trovarsi a scalare su gradi facili e al contempo privi di vegetazione, risultasse una combinazione molto difficile da ottenere. L’uscita dal diedro invece fu tutt’altro che banale, con Max che, arrampicando in scarpe da ginnastica, si vide costretto ad un grande run-out su muro verticale non proteggibile a friends o dadi, che presentò un passaggio di VII-. Visto che la via si stava rivelando piacevole e su buona roccia, mentre mi apprestavo a raggiungerlo in sosta da secondo, Max mi suggerii di piantare un chiodo nel bel mezzo del passaggio, per agevolare eventuali ripetitori, esonerandoli così dal run out.

I tiri successivi, rispetto alla parte sottostante, rivelarono un terreno leggermente più sporco a causa di alcuni sassi instabili, ma in realtà di base la roccia era sempre buona. Attaccando tardi e con le giornate molto corte, non avevamo il tempo di fare un po’ di pulizia, lasciando questo piccolo compito ad eventuali ripetitori. Le difficoltà non superarono il quinto grado inferiore per due lunghi tiri e infine con un ultima piacevole lunghezza di quarto grado giungemmo in vetta, alla dorata luce del sole che si apprestava a tramontare tra mare e montagna. Era il giusto scenario per concludere la nostra piccola vacanza esplorativa.

Infine Max, una volta accertato di come la cima sulla quale eravamo sbucati non avesse un nome ufficiale sulle mappe, decise di chiamarla in memoria di suo papà, denominandola "Punta Narciso".

Emanuele AndreozziTrento

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