Ralf Dujmovits, svanisce il sogno dell’Everest senza ossigeno supplementare

A fine maggio l’alpinista tedesco Ralf Dujmovits ha dovuto rinunciare a salire l’Everest senza ossigeno supplementare, per via del forte vento e la nevicata a 8.580 metri di quota. Nel 2009 Dujmovits aveva completato tutti i 14 Ottomila senza ossigeno, tranne la montagna più alta del mondo.
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L'alpinista tedesco Ralf Dujmovits nel maggio 2017 durante il suo tentativo di salire Everest senza ossigeno supplementare
Ralf Dujmovits archive

Ralf Dujmovits nel 2009 il primo e finora unico tedesco a completare tutti i 14 Ottomila, non è riuscito a realizzare il grande sogno che accarezza da anni: salire l’Everest senza ossigeno supplementare. Negli ultimi tre decenni il 55enne alpinista, ex-marito dell’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner prima donna ad aver salito tutti i 14 Ottomila senza ossigeno, è riuscito a salire in cima a tutti gli ottomila senza l’aiuto di ossigeno supplementare, tranne appunto il Sagaramāthā, ovvero l’Everest il "dio del cielo" che nel ottobre del 1992 aveva salito facendo ricorso alle bombole d’ossigeno a partire dal Colle Sud. Da quel momento in poi Dujmovits ha sempre sognato di cavalcare il punto più alto del mondo soltanto con le sue forze. Così negli anni che sono seguiti aveva fatto più tentativi, ma come lui stesso scrive "ogni volta qualcosa è andato storto o le circostanze non erano sufficientemente buone."

Dujmovits si era recato quest’anno in Tibet per quello che aveva definito "l’ottavo e definitivamente l’ultimo tentativo di salire Everest senza ossigeno supplementare." Dopo un acclimamento pressoché ideale - una salita del Cholatse (6440m) seguito da 16 notti oltre i 6300 m sulla via normale lungo la parete nord dell’Everest - Dujmovits ha aspettato non soltanto la finestra di bel tempo, ma anche che passassero le prime "onde" di alpinisti per non rischiare di trovarsi bloccato in quota. Infatti, prima del tentativo finale Dujmovits ha spiegato "Alla mia età, salire senza ossigeno supplementare vuol dire salire ad un ritmo molto costante - non si riesce ad accelerare per fare dei sorpassi (il corpo perderebbe troppo calore) e non si può aspettare nei luoghi dove tipicamente si formano delle code (si perderebbe troppo calore aspettando). Così ho deciso di aspettare che l'atmosfera si scaldasse di più e di non dover aver a che fare con un sacco di altri alpinisti. Rimanere caldi a questa altissima quota è la sfida chiave per una salita senza ossigeno supplementare, basti pensare che con un respiro profondo e veloce il corpo perde più calore di quanto sia in grado di riprodurre."

Il 24 maggio Dujmovits ha iniziato il suo ultimo tentativo ma poi alla fine è stato costretto a tornare indietro poco prima del Second Step sulla cresta Nordest a 8580m, a causa dell’imprevisto vento e delle forti nevicate. Durante il suo tentativo Dujmovits è stato aiutato per la sua prima volta da uno Sherpa - l’esperto Lama Namgyal Sherpa che era già stato in cima all’Everest otto volte da sud. È stato Namgyal che, ritornati in tenda dopo il tentativo fallito, ha convinto Dujmovits di utilizzare brevemente del ossigeno per non ricorre troppi rischi durante la discesa, anche perché il tedesco cominciava a perdere la sensibilità delle mani e dei piedi. Dujmovits ha impiegato tutta la discesa per accettare la sua profonda delusione, ma rientrato a Campo Base ha raccontato "in ogni caso - sono contento di avere ancora tutte le dita delle mani e dei piedi."

Finisce purtroppo così l’ottavo tentativo di Dujmovits per il suo Everest senza ossigeno. Chissà se davvero sarà stato l’ultimo tentativo. Quello che è certo è che prima dell’assalto finale, Dujmovits aveva trascorso ben tre notti al Campo III a 8300m - un periodo che indica una perseveranza e determinazione, ma anche una resistenza all’alta quota, al di fuori del normale.





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