Cresta Integrale di Peutérey, il modo più interessante per salire in cima al Monte Bianco. Di Jorg Verhoeven

Il climber olandese Jorg Verhoeven racconta la sua salita della Cresta Integrale di Peutérey sul Monte Bianco, effettuata insieme a Martin Schidlowski dal 13 al 15 luglio 2018.
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Cresta Integrale di Peutérey, Monte Bianco: Martin Schidlowski
Jorg Verhoeven archive

Cosa fai tra una tappa della Coppa del Mondo di arrampicata e l’altra? Di certo non sali in cima al Monte Bianco. E di certo non lo fai per la lunghissima Cresta Integrale di Peutérey. Invece è proprio quello che ha fatto Jorg Verhoeven, fortissimo climber olandese che nel 2008 aveva vinto la Coppa del Mondo Lead e che ogni tanto partecipa ancora a qualche gara, tra un boulder ed una via di multi-pitch come, ad esempio, The Nose su El Capitan in Yosemite oppure la Dihedral Wall sulla stessa parete. Verhoeven ha salito la lunghissima cresta dal 13 al 15 luglio insieme all’amico, aspirante guida alpina e climber da 9a; anche lui Martin Schidlowski. A dire il vero Verhoeven non è nuovo ad avventure di questo genere, ricordiamo che in una settimana nel 2013 aveva effettuato in solitaria la traversata della Zillertaler Hauptkamm, ma questa salita direttamente dalla parete di plastica alla parete di roccia e neve ci ha incuriosito.

Cresta Integrale di Peutérey di Jorg Verhoeven

Venendo a Chamonix dal 2003 per l’annuale Coppa del Mondo di arrampicata Lead, ricordo le innumerevoli volte in cui ho ammirato le guglie di granito ed i giganti di neve che si ergono sopra la valle. Alcuni anni non ho resistito, il che ha portato alle salite del Petit Dru (3733 m) e dell'Aiguille du Peigne (3192 m), e anche ad un viaggio con la funivia del Midi che porta ad una splendida quota circondata dai ghiacciai attorno al Monte Bianco (4810 m). La montagna più alta delle Alpi ha una forte attrazione anche per i non alpinisti, e ho sempre saputo che un giorno avrei voluto salirla in cima. Quando ho deciso di gareggiare a Chamonix quest'anno, sapevo che era giunto il momento e ho quindi programmato un soggiorno prolungato. Stavo cercando qualcosa di più avventuroso che salire il Monte Bianco da una delle vie normali (Via dei Trois Monts dal Midi oppure dal Refuge du Gouter), e quando mi sono imbattuto sulla Peuterey Integral che risaliva dal versante italiano, immediatamente ero… cotto.

Courmayeur, nella parte italiana del massiccio del Monte Bianco, è l’esatto opposto del versante francese: una città piccola e meno turistica con ancora più fascino della sua cugina francese. I pendii rocciosi ed i ghiacciai sospesi del Monte Bianco e delle Grandes Jorasses scendono ancora più ripidi e selvaggi verso valle, creando uno scenario simile alla Patagonia e senza pari nelle Alpi. Con quasi 4500 m di dislivello verticale, la famigerato Cresta Integrale di Peutérey è conosciuta una delle creste più lunghe delle Alpi e sale roccia, ghiaccio e misto attraversando diverse vette prima di salire sul Mont Blanc de Courmayeur.

Durante la Coppa del Mondo scopro che David Lama, un grande amico da quando mi sono trasferito a Innsbruck, aveva salito la via da poco con Roger Schaeli, e quando gli ho telefonato dopo il suo ritorno da Chamonix mi bombarda con una valanga di informazioni e consigli, ripetendo più volte "È una bella piccola avventura, niente di troppo selvaggio.” L’interpreto come un pizzico di sale, conoscendo fin troppo bene David e le sue eccellenti doti alpinistiche. Aspetto che arrivi il mio amico Martin Schidlowski da Innsbruck, mi godo l'ottima polenta ed una pizza, e quando ci addormentiamo in Val Veny è passata la mezzanotte.

Fase 1: Aiguille Noire de Peuterey (3773 m)
Partiamo alle 5:00, prendiamo il primo sentiero sbagliato possibile e finiamo lottando nel bosco prima di trovare il sentiero normale che ci porta al Rifugio Borelli. Tre ore più tardi ci troviamo alla base della cresta sud, alta 1100 m. Arrampicando in conserva passiamo davanti a diverse torri (che prendono il nome da alpinisti come Brendel, Welzenbach ecc.) con difficoltà che raramente raggiungono il quinto grado francese, su granito per lo più buono. La ricerca della via giusta si rivela complicata, con vecchi cordini e chiodi che inducono verso la via giusta ma anche quella sbagliata, quindi perdersi fa parte del gioco. Verso le 15:00 salutiamo la Madonna in cima, beviamo la nostra ultima acqua e iniziamo a scendere in doppie giù per la parete nord. Questi 350 metri di discesa ripida hanno rappresentato il punto chiave per molti in passato, ma David ci aveva già parlato delle nuovissime soste con due spit ogni 30 metri, che sono l’argomento di discussione durante le nostre calate. La nostra conclusione: probabilmente salvano delle vite ma sembrano fuori posto in questo ambiente selvaggio.

Fase 2: Les Dame Anglaises
Due signore inglesi nella forma di torri di roccia separano l'Aiguille Noire dall'Aiguille Blanche de Peuterey. Viste da Courmayeur come due piccole punte, in realtà sono due snelle donne cresciute decentemente, composte da roccia friabile che fanno da guardia al bivacco Craveri. Provenendo dalle Alpi orientali, ci piace un po’ di roccia friabile e saliamo felicemente in vetta alla Pointe Casati (la prima signora), prima che altre doppie ci conducano alla Pointe Isolée (la seconda signora). Siamo in ritardo, non vediamo l’ora di arrivare al bivacco, e prendiamo la via più rapida intorno all’Isolée, scendendo, attraversando e salendo dei canali. Il bivacco ci offre una buona ma breve notte, dopo una giornata di 15 ore.

Fase 3: Aiguille Blanche de Peuterey (4112 m)
Di nuovo le 5:00; altra roccia friabile, altra scalata e altro dislivello ci portano all'Aiguille Blanche, le cui cime sono divise da una cresta di neve a mezza luna. I ramponi prendono il posto delle scarpe da arrampicata; la nebbia prende il posto del sole dopo le scottature di ieri. Da vero non-alpinista ho preso i miei ramponi leggeri in alluminio con punte tonde ed una piccozza tecnica, non una piccozza classica. Martin, un’aspirante guida alpina, mi tiene legato così che se cado, almeno cadiamo entrambi ;-) Altre calate (questa volta non ci sono spit) finché non raggiungiamo il Col de Peuterey, la piattaforma superiore del ghiacciaio di Freney. Le viste sono sbalorditive, con la parete nord del Monte Bianco che mostra tutta la sua forza, così come le Jorasses, il Dente del Gigante, persino il Grand Capucin si rivela. Questo il motivo per cui sono venuto fino a qui!

Fase 4: Grand Pilier d'Angle (4243 m)
Mentre ci arrampichiamo sul lato facile del 'GPA' (cioè più roccia friabile e neve ripida), noto che comincio a sentire la quota, e anche Martin con un sacco di quattromila al suo attivo sta salendo un po’ più lentamente. Mentre arranchiamo sull'ultima ripida cresta di neve (che ora è ghiaccio a 50°) maledico i miei ramponi e devo fermarmi ogni 50 metri ansimando, ricordando le parole di David riguardanti "una bella piccola avventura". È appena passato mezzogiorno quando all'improvviso inizia a nevicare, ma non pensiamo che possa provocarci guai finché non raggiungo la cornice della vetta e il vento quasi mi spazza via.

Fase 5: Monte Bianco (4810 m)
Anche se le difficoltà della via sono terminate, ci troviamo in una bufera di neve con un vento che a malapena ci fa stare in piedi. Ehm, dov'era di nuovo il Monte Bianco? Le tracce (normalmente una piccola autostrada) sono completamente ricoperte di neve fresca e ci imbuchiamo su una che pensiamo sia quella giusta. Mentre penso ai miei polpastrelli congelati ci ripariamo in un crepaccio aperto per fare un piano d'azione. Dato che abbiamo portato con noi sacchi a pelo e l’attrezzatura da bivacco propongo di rimanere nel crepaccio, ma Martin mi convince che trovare il bivacco Vallot sia un'alternativa migliore. Tiriamo fuori la bussola e vediamo se il GPS del telefono cellulare funziona. Proseguiamo legati oltre la cima italiana versa la cima francese, e proprio quando mi arrabbio chiedendo dove diavolo si trova il punto più alto Martin mi spiega che l'abbiamo passato 15 minuti fa. "Non hai visto quelle tre persone accalcarsi insieme in cima?"
Sono un po‘ triste di essere stato in cima al Monte Bianco senza averlo notato, però molto felice quando finalmente troviamo il bivacco, dove alcuni alpinisti cechi ci salutano con timore nelle loro voci. "Conosciamo la via di discesa?" Ehm, sì, ma oggi no.

Fase 6: Discesa
Sveglia ancora una volta alle 5:00 (siamo stufi di svegliarci così presto), le guide alpine francesi accompagnate dai loro congelati clienti marciano verso il bivacco come un branco di elefanti, spiegandoci "il tempo est fantastiche!” Dato che ieri aveva finito il cibo e il gas, siamo felici di scendere. Mentre attraversiamo Chamonix a mangiare dolci francesi, arriva sulle montagne sopra di noi la tempesta, facendoci pensare a quei tre accalcati insieme sulla vetta, sperando che ce l'abbiano fatta a scendere come noi. Le montagne sono belle, ma possono essere così insidiose!

Link. FB Jorg Verhoeven, Instagram Jorg VerhoevenLa SportivaPetzl




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