Alla Cima Busazza (Presanella) Emanuele Andreozzi e Stefano Falezza aprono Natural Logic
Mentre la scorsa stagione invernale la Parete Nord della Cima Busazza si presentava in ottime condizioni, regalando linee rigonfie di Alpin Ice, attualmente risulta completamente secca. Sul piccolo avancorpo a destra della parete principale, però già l’anno scorso avevo adocchiato tre diedri paralleli molto interessanti, che ben si adattano ad essere saliti anche in queste condizioni. La peculiarità di tutti e tre i diedri è data dal presentarsi sempre del tutto privi di ghiaccio, anche nelle annate più favorevoli, visto che le condizioni non saranno mai migliori delle attuali, perché non andarci? Stefano Falezza era d’accordo con il mio ragionamento e accettò subito la mia proposta. Il diedro a destra lo avevamo già salito la scorsa primavera con Fabio Tamanini, quando il 14 aprile aprimmo Maledetta Primavera (200 metri, M6), così adesso con Stefano volevamo vedere cosa aveva da “donare” il diedro di sinistra, il più grande dei tre.
Dopo qualche disavventura durante l’avvicinamento, causata delle pelli che ad un certo punto non volevano più saperne di restare incollate alle solette dei miei sci, arrivammo con un netto ritardo all’attacco. Solo a mezzogiorno in punto un paziente ed infreddolito Stefano si apprestava ad attaccare il primo tiro, che a sorpresa regalò persino una discreta quantità di Alpin Ice. Una successiva lunghezza su neve ci condusse in vista del grande diedro, obbiettivo delle giornata, che ora si manifestava in tutto il suo fascino. Per raggiungerlo però, fu necessario superare un ultimo ostacolo e toccò a Stefano affrontarlo. Si trattava di un piccolo diedrino, la cui partenza era però totalmente liscia, non solo per piazzare ramponi e picche, ma mancava anche una parvenza di fessura dove proteggersi. La cosa migliore che Stefano riuscì a fare, fu martellare con la picca un aleatorio pecker, fare un bel respiro e poi lanciarsi in un runout di M7 su ganci e piedi praticamente nulli. Per fortuna dopo qualche metro al cardiopalma, le cose migliorano nettamente, sia in fatto di proteggibilità che di agganci per le piccozze. Quando lo raggiunsi in sosta, non potei fare a meno di complimentarmi con il mio compagno per questo tiro.
L’avancorpo a destra della parete principale non è molto alto, offre vie di 4 o massimo 5 tiri, così a questo punto mancava solo l’ultimo tiro, ma era proprio il grande diedro, l’obbiettivo della giornata. I primi metri non furono difficili, poi man mano che salivo, le difficoltà aumentarono ed i passi atletici e strapiombanti si alternarono ad altri più tecnici e aleatori su piccoli gancetti. La continuità non diede respiro, le lame torte nelle fessure del granito stridevano acutamente, ma alla fine a risentirne maggiormente furono i polpacci, che iniziarono a bruciare più delle braccia. Dopo 30 metri senza un attimo di respiro giunsi fuori dal diedro e con ulteriori 30 metri più facili arrivai in cresta, dove attrezzai la sosta per recuperare Stefano. Per concludere la giornata non ci rimase altro che calarci sull’adiacente Via Teti e infine sciare sulla poca neve fin ora caduta fino al Passo del Tonale.
Questa via - Natural Logic - quasi del tutto priva di ghiaccio, per morfologia e stile ci ha ricordato l’arrampicata mista scozzese, con le dovute differenze climatiche ovviamente. Anche per questo motivo ci siamo ispirati ad essa in quasi ogni aspetto, lasciando la via priva di materiale, soste comprese. Una delle piccole differenza è data dall’aver usato due chiodi classici sul tiro chiave, entrambi rimasti in parete, solo la fretta ci ha impedito di recuperarli. In Scozia non se ne farebbe uso, mentre noi abbiamo deciso di includerli nel nostro bagaglio di protezioni trad insieme a nuts, friends e pecker, in quanto i chiodi fanno parte della nostra tradizione alpinistica ultracentenaria sulle Alpi. Ai ripetitori chiediamo di rispettare il nostro stile di apertura, salendo la via senza aggiungere ulteriore materiale fisso, anzi ben venga chi volesse estrarre i due chiodi, in modo da lasciare la via totalmente priva di traccie permanenti. Insomma, questa e le altre vie che ho aperto sull’avancorpo, sono rivolte a chi ha il piacere di praticare questo stile di scalata, così poco diffuso da noi sulle Alpi, dove ormai sembra e sia tutta una corsa all’attrezzare e riempire di ferraglia le nostre montagne.
- Emanuele Andreozzi, Trento
Info: emanuele-andreozzi-alpinista.com








































