Riapre la Capanna Sciora in Val Bondasca. Tutto scorre, tutto è in movimento.

Dal punto di vista meteorologico, è una giornata irrequieta. Quando parto dai Crotti di Bondo, le cime sono coperte di nuvole, in alto si vede la neve fresca caduta il giorno prima, ogni tanto spunta un raggio di sole, poi il vento da nord porta con sé qualche goccia di pioggia: un gioco che si ripeterà per le prossime ore. Tutto è in movimento, penso, nel cielo, nella natura. E io mi muovo per la prima volta dopo un decennio verso la Capanna di Sciora: Otto anni dopo la devastante frana sul Pizzo Cengalo è stata riaperta a inizio luglio. Per farlo, ci è voluto un enorme dispendio di tempo, energie e denaro per costruire una grande parte nuova del sentiero che porta al rifugio in alto sul pendio, ben al di sopra della zona di pericolo. Questo tratto comprende quattro ponti sospesi; i lavori sono costati circa 1,3 milioni di franchi svizzeri. Alla fine, mi dirà più tardi Cinzia Fanconi, che ora gestisce il rifugio insieme al suo compagno Mauro Cortesi, non si trattava solo di riaprire il rifugio in sé, ma di riaprire questo versante della Val Bondasca, la valle che è l'anima e la patria degli abitanti di paesi della Bregaglia come Bondo, Promontogno e Spino.
Uscendo dal bosco, raggiungo la vecchia strada carrozzabile che sale verso Laret. La seguo e lungo il percorso vedo i lavori per la realizzazione di una presa d'acqua e di parcheggi, fino ad arrivare ai cartelli informativi che raccontano della frana e segnalano l'inizio del nuovo tratto di sentiero. La traccia sale ripida nel bosco. Sono completamente sola. Si sentono solo alcuni uccelli, a volte una ghiandaia, a volte un fringuello, una cincia. E naturalmente, in sottofondo, il rumore della Bondasca. Per me, camminare da sola è meditazione. O movimento meditativo. E visto che non sono più giovanissima, con il camminare arrivano i ricordi. Sono entrata nella Val Bondasca per la prima volta 37 anni fa: guidata da mio fratello, io avevo 21 anni e lui 26, ci siamo diretti alla classica Cassin sul Pizzo Badile. Dato che lui aveva fretta e doveva tornare nella Svizzera tedesca quella stessa notte per degli esami, è stata una giornata lunga, indimenticabile e indimenticabilmente lunga!
Poco prima del primo ponte sospeso, devio a destra verso un punto panoramico da cui si intravede l'intera valle e si può davvero comprendere l'entità della frana del 2017. Qui capisco improvvisamente: Tutto è in movimento, tutto scorre, la natura ha cercato e trovato da tempo un nuovo equilibrio. Non è più un quadro di devastazione, c'è malinconia, sì, per ciò che è stato sepolto, ma allo stesso tempo sono sorpresa per quanto le ferite siano già ricoperte da nuova vegetazione. Non si direbbe mai che lo spessore della frana qui nel fondovalle è di circa 80 metri. Cinzia mi dirà che invece le ferite interiori provocate dal crollo del Cengalo non sono rimarginate nella generazione più anziana degli abitanti del luogo, che erano così legati alla Val Bondasca. Posso immaginarlo. Anche lei trascorreva tutti i fine settimana estivi con la sua famiglia in Bondasca, prima che la loro baita scomparisse per sempre sotto i massi e le macerie. E penso anche alle persone sepolte dalla frana, alle quali le famiglie non hanno mai potuto dire addio veramente.
I ponti sospesi sono imponenti, uno dopo l'altro, tutti e quattro! Un'opera audace e una prova di resilienza umana tradotta in cemento e metallo. Poi il sentiero si immette nel vecchio tracciato e lo sguardo è catturato, come sempre nella Bondasca, dalla magnifica vista della Sciora, dei Gemelli, del Cengalo, del Badile. Ci sono pochi luoghi più belli nelle Alpi e anche oggi non riesco a saziarmi di questo spettacolo, anche se il cielo continua a mutare e non sempre lascia visibili tutte le cime. Altri ricordi: lo spigolo Nord del Badile per un reportage con la guida alpina locale Siffredo Negrini, che conosce ogni sasso di questa montagna. Con sicurezza da sonnambulo mi ha condotto di notte fino all'inizio dell’arrampicata, poi rapidamente su per lo spigolone, giù per la via normale sul versante sud e ritorno veloce per i passi Porcellizzo e Trubinasca. Alle tre del pomeriggio eravamo già tornati alla Sasc Furä, il punto di partenza per le vie sul versante nord del Badile. Riesco a distinguere il piccolo rifugio di fronte al sentiero della Capanna di Sciora, un po' nascosto nel bosco. Oppure, altro ricordo, la via Cuore di Ferro sul Ferro da Stiro, solo cinque mesi prima della prima frana sul Cengalo nel dicembre 2011. Una volta tornata a casa, guarderò le foto di allora e così mi renderò conto meglio dei cambiamenti subiti dalla valle a causa delle due frane e del ritiro dei ghiacciai...
Arrivo al rifugio. È stato ridimensionato durante i lavori di ristrutturazione e ora offre 30 posti letto: la proprietaria, la sezione del CAS Hoher Rohn, che ha investito enormemente nella Capanna di Sciora, voleva creare un gioiellino «piccolo ma raffinato». Ci è riuscita! L'ultima volta, nel marzo 2015, ho pernottato con una troupe televisiva nell'accogliente locale invernale prima della salita alla Cima della Bondasca, per me fino alla frana del 2017 la più bella scialpinistica delle Alpi. Oggi siamo una dozzina di ospiti, accolti con affetto da Cinzia e Mauro. Una poliziotta, un informatico e musicista, un'architetta, un insegnante di sport, una guida alpina e suo figlio con i loro clienti: è bello vedere come nello spazio protetto della capanna, un rifugio proprio, si crei un piccolo microcosmo di incontri e conversazioni.
Dalle parole di Cinzia percepisco il suo profondo legame con la Bondasca; la 35enne coordinatrice di uno studio medico dice: «È per la Sciora che sono qui, sono cresciuta con questa valle e queste montagne. Un altro rifugio non mi avrebbe interessato.» Ed è quindi grata al suo compagno Mauro (33), anche lui proveniente da un'altra professione e pure da un'altra valle meridionale dei Grigioni, la Val Poschiavo, per il suo sostegno e per condividere con lei il suo sogno. Meno male che durante la ristrutturazione si è anche pensato ai nuovi gestori, creando per loro uno spazio con camera, anticamera e bagno, che prima mancava.
Nel tardo pomeriggio salgo un po' verso il Passo Cacciabella e osservo le ferite della frana sul Cengalo che si distinguono con il loro colore grigio chiaro: Come cambia tutto! Tutto è in movimento, anche nella propria vita. Alcune salite che ho fatto qui in passato, sempre come seconda di cordata, non vorrei più farle. «Tutto ha un suo tempo», mi dirà la sera la guida alpina padre, che conosco ma non vedo da dieci anni, aggiungendo che «tutto è in movimento, nell'uomo, nella natura». Suo figlio, anche lui guida alpina, accetta con serenità e tranquillità i brutali cambiamenti nel suo ambiente di lavoro, le montagne: l'uomo deve adattarsi ed è capace di adattarsi, dicono entrambi. Nel frattempo, fuori il vento da nord sferza il rifugio, poi si placa, poi si riaccende e dalle nuvole riportate cade qualche fiocco di neve. Fa freddo.
La mattina dopo il mio compagno sale al rifugio. Dopo caffè e torta partiamo per il Passo Cacciabella. È rimasta ancora un po' di neve fresca, bisogna fare attenzione ad ogni passo sul terreno accidentato e movimentato fino a raggiungere il piede della piccola via ferrata, anch'essa nuova e attrezzata con staffe e catene. Conduce rapidamente e in sicurezza nella stretta breccia del passo. Questa mattina il Badile, il Cengalo e le Sciore si presentano letteralmente nella loro luce migliore. Un ultimo sguardo indietro prima di passare sul versante dell'Albigna e scendere. Due giorni meravigliosi, ricchi di impressioni e immagini che diventeranno nuovi ricordi. Tutto scorre, tutto è in movimento, dentro di noi, intorno a noi.
di Christine Kopp
Capanna di Sciora SAC, 2118 m: da Promontogno / Bondo (postale), T3, 1400 m di dislivello, 8,5 km, 4-5 ore. Cinzia Fanconi & Mauro Cortesi, tel. rifugio +41 81 822 11 38 , e-mail info@capannasciora.ch, www.capannasciora.ch
Passo Cacciabella Sud, 2896 m: dalla Capanna di Sciora alla diga dell'Albigna, T5, circa 800 m di dislivello in salita e in discesa, 6 km, 4-6 ore (alla Capanna da l'Albigna SAC 200 m in più); attrezzato con una piccola via ferrata, a seconda delle condizioni sono necessari piccozza e ramponi.