Legge n. 363/2003, norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo

Legge 24 dicembre 2003 n. 363/2003. Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo, di Cecilia Carreri - Giudice del Tribunale di Vicenza
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Sci fuoripista ad Alagna
Damiano Levati

Il preoccupante aumento di incidenti anche mortali in pista, dovuto alla crescita consistente degli utenti e degli impianti in funzione sul territorio alpino, ha costretto il legislatore italiano a porre fine ad una sostanziale e pericolosa mancanza di regole di prevenzione e sicurezza.

Con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale N. 3 del 5 Gennaio 2004, della Legge n. 363/2003, è infatti entrata in vigore la prima legge italiana destinata a regolare gli sport sulla neve all’interno di aree sciabili attrezzate. Si tratta di un intervento normativo finalizzato ad introdurre regole e prescrizioni di sicurezza obbligatorie per i gestori degli impianti e per i loro utenti. Per questo la norma è divisa in due parti fondamentali: quella riservata ai gestori delle piste attrezzate (capitolo II) e quella riservata ai singoli sciatori (capitolo III).


 A quali attività si applica la Legge 363/03

La legge n. 363/03 detta le norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci su pista.
Questa legge, infatti, riguarda sostanzialmente l’attività dello sci in pista non agonistico, salvo brevissimi cenni allo sci da fondo, allo snowboard, allo sci alpinismo e al fuori pista.

Non sono invece state introdotte norme o divieti nei confronti di attività tradizionalmente libere come lo sci alpinismo o il fuori pista.
Questo dato, in un certo senso, può tranquillizzare rispetto al timore di una compressione di queste importanti forme di escursionismo sportivo e d’avventura. Non esiste ancora una legge che codifichi norme di sicurezza specifiche per lo sci alpinista o per la guida alpina (tranne qualche cenno sulla legge professionale del 2 gennaio 1989 n. 6, art. 11).

Lo sci alpinismo o il fuori pista, in caso di incidente o lesioni, ricadono infatti, come ogni forma di attività alpinistica in genere, sotto le norme del codice civile e penale.
Ciò sia che vengano svolte come attività individuali sia qualora vengano svolte nell’ambito di un rapporto professionale (guide alpine) o ad esso parificabile (corsi CAI). Nel caso di attività individuale, invece, ciascuno risponde dei rischi che assume in proprio e quindi vi é soltanto un problema di responsabilità verso terzi; nel caso di rapporto professionale può ricorrere una responsabilità (contrattuale) della guida o dell’ istruttore verso l’allievo/cliente o una responsabilità verso terzi esterni a tale rapporto.


 Zone sciabili attrezzate e aree differenziate

La Legge n. 363/03 riconosce un ampio potere delle Regioni nella individuazione delle zone sciabili attrezzate, con possibilità di creare aree differenziate per lo sci agonistico, lo snowboard, lo slittino (art. 2).
E’ opportuno dividere discipline così diverse come lo sci da pista e lo snowboard, la cui presenza contemporanea si è rivelata fonte di incidenti, ma c’é da chiedersi se queste aree differenziate, oltre a dividere forzatamente le attività sportive, non rischino di estendere eccessivamente i comprensori sciistici, con gravissimi danni per l’ambiente, come il disboscamento o l’alterazione del fondo naturale.


 Messa in sicurezza delle piste da sci

In base agli artt. 3 e 4 i gestori sono obbligati a mettere in sicurezza le piste, ne devono curare la manutenzione ordinaria e straordinaria, devono collocare la prescritta segnaletica di pericolo, adottata dal Ministero delle infrastrutture e trasporti (art. 6).
Quanto si estende, territorialmente, questa responsabilità? Le piste non sono mai precisamente delimitate, spesso vi sono pericoli oggettivi in zone limitrofe o anche lontane dagli impianti ma ricadenti in ogni caso sulla pista, come il pendio che pur lontano può scaricare una valanga sugli sciatori. La responsabilità va quindi estesa fino a ricomprendere tutta quell’ area nella quale gli accadimenti naturali possano agire sugli utenti che sono presenti nella pista attrezzata e quindi un’area maggiore e non coincidente con la pista soltanto.

Che cosa significa "mettere in sicurezza" una pista da sci?
La legge descrive alcune prescrizioni necessarie per rendere sicure le piste, oltre a quelle che potranno stabilire le Regioni:
1. gli utenti devono essere protetti da ostacoli presenti lungo le piste con adeguate protezioni e segnalazioni di pericolo;
2. devono essere predisposti lungo le piste luoghi accessibili per il pronto soccorso;
3. devono essere segnalate le cattive condizioni del fondo, devono esserne rimossi i pericoli oggettivi o altri pericoli atipici;
4. la pista deve essere chiusa obbligatoriamente in caso di pericolo o di non agibilità.
Appare evidente quanto questi criteri soffrano di genericità e di indeterminatezza. Sarà un vero problema per i gestori di impianti comprendere, concretizzare e rispettare queste prescrizioni.
Le condizioni del manto nevoso, i pericoli oggettivi come la minaccia di valanghe o di scariche di sassi, le condizioni meteorologiche, i problemi o guasti strutturali degli impianti, la possibilità di frane o cedimenti del fondo sono tutti aspetti di difficile valutazione. Spesso, in definitiva, si tratta di valutazioni soggettive, tecnicamente opinabili, non univoche, variabili da zona a zona. In particolare appare ben difficile stabilire, in via generale e preventiva, quale sia in concreto la situazione di pericolo che imponga la chiusura degli impianti ed é intuibile la difficoltà di assumere una decisione del genere, soprattutto per i grandi impianti affollati che comportano rilevanti introiti economici per i gestori.
Alle prescrizioni introdotte dalla legge si aggiungono in ogni caso le normali regole di prudenza, diligenza e perizia imposte dal codice civile e penale per la prevenzione degli incidenti colposi.


 Responsabilità civile del gestore

L’art. 4 prevede la responsabilità civile del gestore nei confronti degli utenti per la regolarità e sicurezza dell’esercizio delle piste.
Tale precisazione appare superflua e incompleta. Essa, intanto, non fa riferimento alla contemporanea responsabilità penale, in caso di incidente. E’ evidente, infatti, che il gestore dell’impianto nel momento che apre al pubblico la pista risponde sul piano, non solo civile ma anche penale, per le lesioni riportate dagli utenti e da terzi.
L’utente é colui che ha acquistato il biglietto per usufruire dell’impianto e quindi la responsabilità del gestore, nei suoi confronti, deriva da questa particolare forma di contratto. Ma essa é configurabile anche nei confronti di coloro che in ogni caso si trovano ad impegnare l’area sciistica attrezzata, intesa come zona suscettibile di determinare situazioni di pericolo nei confronti di chiunque (responsabilità extracontrattuale). In ogni caso, va precisato, esulano dalla responsabilità del gestore quelle condotte dello sciatore che siano del tutto autonome e indipendente dall’impianto, che derivino cioè da iniziative imprudenti esclusive dello sciatore.


 Regole di comportamento e sicurezza dello sciatore

Sul punto interviene la seconda parte della legge n. 363/03 (capitolo III), la quale introduce regole di comportamento e sicurezza per il singolo utente dell’area sciistica attrezzata: velocità, precedenza, sorpasso, incrocio, stazionamento, omissione di soccorso, transito e salita (artt. da 9 a 15).
L’obbligo di dare precedenza viene imposto allo sciatore a monte. In particolare, va proibito allo sciatore che sopraggiunge da dietro di sfilare lateralmente lo sciatore che lo precede. Ma, molto spesso, é lo sciatore a valle che del tutto inopinatamente, senza guardare dietro di sé, taglia pericolosamente la strada allo sciatore da sopraggiunge da dietro, cioè dal pendio.
Sarebbe, quindi, importante introdurre anche l’obbligo per lo sciatore di guardare dietro di sé, verso il pendio a monte, ogni qual volta intende spostarsi lateralmente.
Nulla si dice inoltre sugli scontri laterali, quando due sciatori, effettuando delle curve parallele, omettono di guardare lateralmente.
Pericoloso, inoltre, stazionare sotto un dosso, fuori dalla visibilità di chi sopraggiunge dall’ alto.
Può essere molto pericoloso o difficile prestare soccorso cioè "l’assistenza occorrente" prescritta dall’art. 14, dato che molto spesso é sconsigliato o addirittura proibito intervenire su un ferito senza avere la preparazione medica necessaria (si pensi al trauma cranico o cervicale); è più agevole, in questo caso, comunicare immediatamente al gestore l’avvenuto incidente.


 Sci alpinismo e fuori pista

Dello sci alpinismo o fuori pista si occupano gli artt 15 e 17:
1. é vietato risalire le piste salvo autorizzazione del gestore o in caso di urgente necessità;
2. i percorsi fuori pista serviti dagli impianti non comportano alcuna responsabilità per i gestori.

Nulla si dice per il caso in cui gli impianti siano chiusi. Il caso é frequente e molto interessante, ad esempio quando si é fuori stagione (neve primaverile ancora buona ma impianti già chiusi) o alla sera, oltre l’orario di apertura degli impianti. Il caso può essere regolato di volta in volta in modo diverso con appositi cartelli o ordinanze del Sindaco.
Ma più in generale bisogna osservare che le ragioni del divieto per lo sci alpinismo derivano dalla presenza sulla pista di sciatori. L’assenza di sciatori a causa della chiusura degli impianti dovrebbe quindi liberalizzare l’uso della pista da parte degli sci alpinisti, venendo a mancare qualsiasi possibilità di interferenza tra loro.
Nel caso in cui la pista sia impegnata da mezzi meccanici di manutenzione (gatti delle nevi) appare, invece, quanto mai opportuno il divieto di accesso per gli sci alpinisti.
Al riguardo va detto che la legge proibisce il transito di tali mezzi durante l’orario di apertura degli impianti (art. 16 comma 2) ma purtroppo si assiste molto spesso alla presenza di tali mezzi proprio mentre transitano gli sciatori, in pieno orario di apertura degli impianti. La legge consente deroghe in caso di necessità e urgenza ma non sembra che durante il normale esercizio degli impianti sia necessario utilizzare questi mezzi, atteso che la manutenzione della pista può essere agevolmente realizzata alla sera o alla mattina presto, mentre singoli interventi urgenti e localizzati (chiusura di una buca, copertura di ghiaccio) possono essere demandati a singoli operatori dell’impianto.
Giustamente si afferma che il territorio esterno alle aree sciabili attrezzate ricade esclusivamente nella responsabilità del singolo che, del tutto autonomamente, decide di uscire dalla pista protetta, anche se é stato l’impianto a consentire il raggiungimento di quell’area. Bisogna tuttavia distinguere quelle aree di cui si é parlato prima che, pur esterne alla pista ricadono nel controllo del gestore in quanto possono interferire con la sicurezza della pista. Su tali zone permane la responsabilità del gestore, al punto che ne può impedire l’accesso in quanto pericolose per gli utenti dell’impianto, (si pensi al caso dello sci alpinista o snowboardista che attraversando una zona vicina agli impianti provochi il distacco di una valanga che finisce sulla pista).


 Obbligo dell’Arva

Da ultimo la legge ha finalmente introdotto l’obbligatorietà dell’Arva per lo sci alpinismo in caso di rischio valanghe.
Prescrizione che, tuttavia, non prevede alcuna sanzione in caso di inosservanza e che sarebbe stato opportuno introdurre in ogni caso, indipendentemente dal rischio valanghe, troppo difficile da determinare in via generale e quindi di valutazione troppo opinabile e soggettiva.
Va comunque fatto notare come l’ inosservanza di tale obbligo può influire in caso di giudizio di responsabilità come forma di negligenza grave, ad esempio della guida alpina nei confronti del cliente o allievo che ne risulti sprovvisto.

di 
Cecilia Carreri
Giudice del Tribunale di Vicenza


Legge 363/2003




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