Appesi alla Luna alla Mongolfiera in Val di Mello di Alessandro Leoni e Simone Pedeferri
Sono ancora qua appeso ad una sosta lontano da terra circondato dal vuoto e, già, ancora qua penso nel mio cervello.
Sono ormai passati trent'anni dalla mia prima Big Wall in libera, era il 1996 quando ho liberato il Picco Darwin, eppure questo gioco non mi ha mai stancato. Pensavo che prima o poi qualcosa mi avrebbe scoraggiato, stufato, ma nulla, mi diverto come allora e mi esalto nel trovare tutte le sequenze per poter passare in libera. Mi entusiasma quella sfida: si potrà passare o no? Quella lotta per la libera, fisica e mentale, per i tiri non sempre protetti bene. Questo tipologia di via - i big wall - si differenzia dalle altre, infatti è sempre stata la connessione di tutti gli stili di scalata: boulder, sportiva e trad, applicati su una grande parete, quello che per me è il massimo.
Questa volta il mio obbiettivo era ritornare, dieci anni dopo l'apertura e la libera di Pana, alla Mongolfiera, per tentare Vuoto senza ritorno di Norberto Riva Tarcisio e Ottavio Fazzini. Si tratta dell'ultima che manca di essere liberata di questo gruppo di fortissimi scalatori, ed é una delle poche che non ho ancora ripetuto. Dentro di me l'idea è ben strutturata: vado, la guardo, e... si potrà fare di sicuro. La pulisco. La provo. La libero.
Un pesante sacco pieno di materiale e corde mi trascina verso la parete con la musica diffusa dal cellulare. Quando avevo iniziato con la prima libera nel 96 avevo le cassette e un piccolo stereo a batterie. Incredibile. Effettuo due giornate su Vuoto per capire un po' la via, ma il piano ben progettato nella mia mente va in frantumi. In una zona del lungo diagonale tra gli strapiombi ci sono 5 metri che per me sono inscalabili. Appeso a due piccoli Alien ed un chiodo a lama, rimango su quel tratto per un sacco di tempo. Cerco una soluzione motoria per superarlo ma dopo un'infinità di tempo mi devo arrendere. Non trovo soluzioni, devo smontare tutto e rinunciare.
Quel secondo giorno mi accompagna il fido Giovanni Ongaro, un socio da anni, una sicurezza quando la parete non scherza. Risalendo una corda che avevo piazzato ha pensato bene di spostare un friend 0.5 in un posto più alto che riteneva più sicuro rispetto a quello dove l'avevo piazzato io.
Io, salendo da secondo con la tecnica da Big Wall per recuperare il materiale, mentre Grigri e una jumar erano sul lungo diagonale. Ho recuperato i pezzi messi fino a un chiodo dei primi salitori, da lì ho fatto una manovra per calarmi fra i due gradini diagonali, convinto che il chiodo mi sarebbe schizzato via da un momento all'altro e mi avrebbe fatto fare un mega pendolo terrificante... E invece incredibilmente ha tenuto. Appena arrivato al gradone diagonale sottostante, mi rimanevano circa una ventina di metri in diagonale tra me e la sosta, con Gio che mi aspettava e l'unica protezione il suo Friend, che improvvisamente ha deciso di saltare, non ho mai visto saltare fuori un Friend del Gio, ma c'è sempre una prima volta. "Cazzo! proprio ora" mi sono detto. Ho cercato di non far vincere la gravità puntando i piedi, ma poi ha vinto lei, e sono decollato nel vuoto siderale della pancia strapiombante della Mongolfiera, con la corda che sfregava sul bordo del diagonale.
Quando mi sono trovato a testa in giù nel vuoto ho urlato subito a Gio per sapere se la corda era messa male e su quanti trefoli fossi appeso e incredibilmente era intatta, quindi mi sono risistemato, ho messo una maniglia e ho incominciato lentamente a risalire con una gran botta di adrenalina che mi girava in corpo.
Mentre risalivo nel vuoto, ho visto questo diedro incredibile che non avevo preso in considerazione per una variante e, ripensandoci, credo che il friend di Gio sia stato qualcosa di fortunato. Al momento non lo avevo capito, l'errore si era trasformato in visione, legandosi al destino di questa salita.
Cambio di programma! Uso il diedro sotto gli ultimi tre tiri di Vuoto e poi rientro bypassando il punto liscio con una traversa, ma purtroppo questa si rivela troppo marcia e complicata. Ricambio di programma e decido di sistemare una placca verso destra che si ricollega a Pana.
Su quella placca mi ero già avvicinato quando stavo aprendo Pana, ma l'avevo scartata perché troppo sporca e molto liscia e, in effetti, così l'ho ritrovata. Ci sono voluti quasi due giorni per pulire quei maledetti 20 metri e ho anche dovuto rinforzare tre piccoli appigli. Era il massimo che potevo fare.
Avevo anche preso in considerazione di abbandonare il progetto, mi sono chiesto se era tropo forzato. Poi ho scalato un po' le altre lunghezze per capire il carattere di questa salita e ho capito che ne valeva la pena; la linea era veramente di qualità, la bellezza della via e della parete mi fanno pensare che la scelta sia stata giusta e pensata con anni di esperienza.
La libera è stata la conseguenza piacevole di tutte le giornate che ho investito per trovare e pulire la linea, è incredibile che tutti i ragazzi che mi hanno accompagnato sulla via siano tutti, tranne Ongaro, vicini all'età di mio figlio con davanti ancora tanti anni di scalata rispetto a me. Li invidio!
Soprattutto Alessandro, che con poca esperienza su una parete così strapiombante e complessa mi ha accompagnato per trovare la linea, sempre curioso di imparare. Mi ha fatto rivivere, nelle sue domande, le sensazioni delle mie prime avventure, dove tutto era nuovo e da conoscere.
Alla fine, la prima idea di liberare Vuoto senza ritorno è fallita, e la seconda idea si è modificata. L'arrampicata è anche questo: siamo noi che ci adattiamo alle pareti in base a come vogliamo salirle.
Appesi alla luna è il nome, visto che si trova sopra alla parete di Luna nascente, in ricordo dell'enorme pendolo che ho fatto appeso alla grande pancia e, più volte, uscendo tardi dalla via, la luna appariva proprio di fronte a me, accanto al Qualido!
La via è di nove tiri, unisce i primi tre tiri di Pana, con tre tiri di variante e gli ultimi tre tiri di Vuoto. Ha un carattere decisamente tradizionale, su nove tiri sette sono completamente da proteggere, uno misto e uno sportivo.
Non so se sarà l'ultima Big Wall, ora mi gusto questo ricordo. Poi, visto che non si sa mai, ho la corda piazzata su un'altra parete, non ho fretta di liberarla. Rispetto ad una volta, anche se dovessi impiegare più giorni del previsto, va benissimo, avrò più ricordi e questo è solo un bene per uno scalatore di pareti, come l'ultima avventura appena conclusa.
- Simone Pedeferri, San Martino, Val Masino








































