Simone Pedeferri trova Adventure time alla Meridiana del Torrone in Val Masino - Val Torrone

Dialogo tra Simone Pedeferri e Richard Felderer dopo la prima libera, nell’agosto del 2015, di Adventure Time, una via d’arrampicata big wall di 550 metri alla Meridiana del Torrone in Val Masino – Val Torrone con difficoltà fino a diff 8b/c.
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Simone Pedeferri scala la lunga fessura che solca il gigantesco tetto sulla via Adventure time alla Meridiana del Torrone, Val Torrone, Val Masino
Riky Felderer
"È la via che cercavo da anni, la big wall perfetta, la parete che conclude un percorso. Non so se troverò un’altra sfida così totalizzante nella mia vita da arrampicatore." È questa la sintesi di Adventure Time, la via aperta da Simone Pedeferri e diversi compagni che supera il gigantesco tetto che caratterizza il grande tetto alla splendida Meridiana del Torrone in Val di Mello. 16 tiri complessivi, di cui 7 di vie preesistenti in artificiale (i tiri non sono stati modificati) e 9 nuovi tiri, con difficoltà fino a 8b/c che hanno richiesto a Pedeferri & Co trenta giorni in quattro anni. Un progetto importante ovviamente, completato poi l’agosto scorso con la libera di ogni singolo tiro. E anche se manca la rotpunkt di fila, come Pedeferri spiega in questo atto di creatività "sono più importanti le idee e le visioni piuttosto dei numeri e dei risultati." Ad accompagnare Pedeferri nel suo libero viaggio c’era anche Richard Felderer, che ripropone qui una loro lunga chiacchierata.


Simone, per fare le tue bigwall quanti bivacchi hai ristrutturato?

Eh, negli anni tanti, ne ho ricostruiti almeno cinque per bene, più altri che ho un po’ sistemato ma che andrebbero ripresi!

Quali?
I più belli sono in Val Cameraccio, l’Hotel Qualido, quello in Vval Torrone, dove in realtà ce ne sono due, uno al Precipizio degli Asteroidi e poi gli altri… sono un po’ più spartani

Quanto è importante andare a giocare come i bambini? Perché ti diverti a fare come in spiaggia con la sabbia!
Mi diverto a farlo, perché alla fine diventano la tua casa. Vedi, in montagna devi spostare tutto, portare tutto in spalla, anche una piccola cosa prende un significato diverso, come la musica, un cucchiaio, una birra. Te lo sei portato con le tue gambe, hai faticato, l’hai scelto, e poi ha un gusto diverso. Come anche spostare un sasso per creare una seduta, un muretto, un posto per il fuoco. Un riparo per dormire che la mattina ti alzi e non sei rovinato… È tutto un creare in un ambiente naturale dove tu te la devi proprio sfacchinare. Questa cosa fa prendere un gusto unico alle cose che crei, ed è bellissimo. Io lo cerco in montagna. È come quando dopo ore che provi a risolvere un passaggio di una bigwall che sembra non venire e poi lo trovi! È incredibile. È diverso dalla falesia o su pareti piccole!

Spiega meglio…
Sulle grandi pareti metti in gioco tutto, allenamento, esperienza e ci vogliono anni! Li il problema di base è organizzare il tempo, non fare errori ed essere rapidi!

Quindi arriviamo ad "Adventure time".
Beh, la Meridiana… è da vent’anni che passo sotto quella parete li. Una decina di anni fa col Gio (Ongaro, n.d.r.) abbiamo fatto un tentativo di passare a destra del tettone, mezzo in libera, mezzo in artif. Avevamo pochissimi spit e siamo arrivati fino a quella che sembrava una linea in fessure, che invece non c’era... e non siamo passati, la via è ancora lì da finire. Questo per dire che la parete la conoscevo già. Poi nel 2011 stavamo andando con Davide Spini al Picco Luigi Amedeo, siamo passati sotto la parete illuminata di rosso ed era stupenda! Lo sapevamo che mancava una libera su quella parete…

Perché, nessuna via era mai stata fata in libera sulla Meridiana?
E no! Ci sono due vie di artif, poi una più a sinistra di Vitali che però non prende la parete centrale, e nessuna è mai stata tentata in libera, anche perché è la parete forse più compatta e strapiombante del Masino. E comunque presenta tre tetti. Uno non molto grande, uno che già non è male e poi questo terzo, che è veramente enorme. Al di la del grado, anche logisticamente è una via molto impegnativa da provare! E li torniamo al discorso di prima: puoi pensare di mettere insieme un progetto del genere solo se hai un bagaglio di esperienza e di cultura alle tue spalle. Devi avere un grosso background, devi conoscere i sistemi, aver scalato tanto, anche facendo sbagli! E imparare i risolvere i problemi. Magari una volta lo risolvi male, poi ci ripensi e non fai più gli errori! E quindi devi aver affrontato un certo discorso di crescita! Devi aver scalato tanto in ambiente.
Che poca gente oggi è disposta ad affrontare. Siamo rimasti noi vecchi… È un tipo di lavoro che di solito affronti dopo i trenta, ma ormai siamo rimasti solo noi che ne abbiamo più di quaranta o magari cinquanta a continuare a spingere questo discorso "creativo". Sono pochissimi i giovani che cercano qualcosa di creativo. Poi dietro c’è una gran massa che ripete. E ripete meglio, sono tecnicamente più bravi e forti. Però quella è una questione di ripetere e basta. Tecnica e allenamento.

E ti lascia molti segni quest’attività?
Beh si, tutti quelli che siamo ad aprire e fare un po’ di cose… siamo tutti acciaccati, abbiamo problemi vari. Qualcuno ha anche dovuto smettere per problemi fisici…

Per farla veloce… tu ci hai messo 4 anni!
Allora, per una parete così devi per prima cosa trovare i soci! Perché mica tutti ti seguono su una via del genere! Quindi, dopo aver trovato la linea, che già ci ho messo un bel po’ a trovare tutti gli appigli che la collegavano, a pulirli, a provarli, a disgaggiare, quando è venuto tutto pronto per tentare la libera…
Mi sono rotto il menisco. Questo è anche il fascino di questi progetti: un anno se ne va che neanche te ne accorgi! Poi il tiro più duro è spesso bagnato, e quindi devi portare pazienza e andare quando le condizioni lo permettono e sei in forma. Il tiro alla fine l’ho scalato che comunque non era tutto asciutto! E poi ci sono un 8a e un 7b che rimangono spesso bagnati! Fa parte del gioco… Vale anche per alcune vie in falesia, figurati su una big wall! Ma ripeto, è il suo fascino!

Ma alla fine quanti soci hai dovuto tirare in ballo per fare questa via?
Mah, credo sette o otto…

E quante volte sei andato su da solo?
Da solo… penso cinque o sei giorni. Tranne che per il tetto, che devi avere un compagno. Uso questo sistema di autosicura col microtraction, che l’ho appreso leggendo un articolo di Tommy Caldwell, di come lo usava a Yosemite. Ma è un sistema che funziona solo fino a certe inclinazioni. Qui hai un tetto orizzontale di 30 metri devi avere qualcuno che ti fa sicura!

Ma parliamo di quel tetto. Quanti tentativi riesci a fare al giorno?
Mah, se tieni conto che devi risalire 300 mt di statiche, montare il portaledge per il socio (la sosta è appesa e scomodissima n.d.r.), se va bene ne fai tre… uno per provare i movimenti e pulire, uno "buono" e se te ne avanza ancora un terzo, ma che lo fai solo per l’orgoglio, non serve a niente. Comunque alla fine non l’ho provato troppe volte…

È vero che hai fatto allenamento specifico per questo tiro?
Ebbene si, ho dovuto cedere e fare lavoro specifico di incastro! La Dulfer era veramente impossibile, mi sono piegato alla volontà di Sommaruga (un amico "fessurista", n.d.r.) e ho fatto incastri… Alla fine per fortuna c’era anche qualche tacca… (ride)

Ma hai mai pensato di andare a provarla "ground up"?
Mi sarebbe piaciuto, e quest’anno stavo anche bene… ma il tetto, dopo che ho fatto la RP si è subito ribagnato. E quindi avrei dovuto avere molta fortuna e mantenere il livello. E avevo paura che sarebbe diventato un mega cantiere. Già ci ho messo tanto, ma se diventa una specie di "accanimento terapeutico" non mi diverto più… A un certo punto, a livello istintivo, ho capito che l’esperienza mi era bastata. Ero contento, non ho mentito o detto mezze verità, la libera di tutti i tiri l’ho fatta e la ground up no. Non l’ho fatta. Logico che la perfezione sarebbe quella! Ma è altrettanto importante che uno dichiari come sono andate le cose e io l’ho sempre fatto!

Quindi ti è un po’ passata…?
Ma guarda, esistono diverse tappe nell’andare su una parete. Prima magari c’è la salita esplorativa in stile misto, poi, se sembra possibile, c’è il tentativo di libera, che già è un passo avanti. E non da poco, devi pulire, controllare, sistemare, ingaggiarti… Successivamente magari riesci a fare tutti i movimenti! E quello è un altro passo gigantesco! Vuol dire che la linea esiste! Capisci? È scalabile! E in un certo senso il processo di creazione è finito. È arrivare fin qui la cosa più difficile. Il difficile è creare! Poi ripeterla è una questione di tecnica e allenamento. Ma sai che è possibile. Per quanto possa essere duro, sai che si può fare. Liberi tutti i tiri e poi magari la fai ground up. Poi magari la tenterò anch’io, non lo so.

Ma c’è qualcuno che ti piacerebbe venisse a ripetere questa via?
Mah, in generale non ho in mente nessuno. Però come criterio generale vorrei che venisse qualcuno con grande rispetto. Quando vado a ripetere vie in giro per il mondo, ho grande rispetto per gli apritori e vado sempre oltre il grado, cerco di capire se ha fatto una bella linea, una bella via. Cerco di capire che cosa ha visto prima di aprire, che etica ha usato, mi spiego? Ti faccio l’esempio di Mauro Bole, di Bubu. Ha ricevuto un sacco di critiche per i gradi, ma quello che i suoi detrattori non capivano è che lui aveva delle idee. Andava in montagna per cercare di fare delle cose nuove, con un’etica e della creatività. Certo è più facile criticare.

Quindi vedi una seria divisione tra chi crea e chi ripete?
Ma si, andando in giro per il mondo ho conosciuto gente sconosciuta che apriva e che spingeva di brutto (originariamente "pestavano come dei muli", n.d.r.). Come questo Paco Medina che abbiamo conosciuto adesso in Messico che ha aperto delle vie a spit ancora irripetute con protezioni veramente distanti su roccia molto liscia. Ma in questa fase storica la parte atletica sta prendendo il sopravvento e questo è molto sterile. Se si critica solo il grado poi non si va da nessuna parte.
Quello che vorrei è che uno va a ripetere Adventure time e torna giù dicendo che ha capito la visione, l’idea e l’etica che c’è dietro questo progetto.

La differenza tra vedere una possibile strada e poi passarci quando è asfaltata…
Esatto, la differenza è totale! Se vai a ripetere, sai che l’ha fatta il Pedeferri, che il grado grosso modo sarà quello li, che in quel punto c’è un runout, che in quell’altro devi stare attento e che poi metti uno 0,5… ma magari io per mettere quello 0,5 mi sono dovuto ingaggiare, scalare alla cieca, appendere a un ciuffo d’erba cagandomi sotto, e togliere la terra dalla fessura sperando che ci fosse il posto per un friend! Adesso sai che è 7b o 8a, è pulito, magari c’è un chiodino, basta che ti alleni e passi… ecco, devi cercare di capire queste cose dell’apritore e averne rispetto, tutto qua.

Per concludere, hai qualche bel ricordo di questo viaggio di quattro anni?
A decine! Per esempio una volta ero rimasto da solo dopo aver fatto due giorni con Mirko (Masé n.d.r.), ero sull’ottavo tiro e cercavo di levare ‘sti ciuffi enormi che interrompevano le placche. Ero un po’ sulle uova, li il vuoto lo senti, sei da solo… Ne tiro giù uno enorme e ho proprio sentito il vuoto d’aria che risucchiava… mi sono veramente cagato sotto! Oppure quando siamo andati in cima per provare la parte alta calandoci… la cima vera e propria non c’è, è una sorta di cresta. Sono sceso per mughi e cenge e a puro istinto ho trovato una sosta perfetta per calarci… non so ancora come abbia fatto. Ma mi sentivo come un camoscio.
E l’ultima cosa bella è stata quando ho risolto un boulder alla fine. In pratica arrivi sotto un diedro tetto verso la cima e non trovi più nulla… non passi né a destra né a sinistra. Due metri di vuoto. E sembrava che la linea no fosse possibile solo per questi due metri! Incredibile. Alla fine ne è venuto fuori un tiro corto e boulderoso. MA è un tiro speciale perché ho veramente temuto che la linea finisse li e andasse a monte un progetto incredibile!


Note:
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FB Richard Felderer
ragnilecco.com



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