L’orso Juan Carrito è morto, speriamo non invano

Juan Carrito, l’orso marsicano più famoso d’Italia, è morto in conseguenza a un incidente stradale lo scorso 23 gennaio in Abruzzo. La sua scomparsa accende il dibattito sulla tutela della fauna e sul ruolo delle istituzioni.
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Juan Carrito, l’orso marsicano più famoso d’Italia, è morto in conseguenza a un incidente stradale il 23 gennaio 2023 Abruzzo.
PNALM

"Carrito è morto, speriamo non invano…" A scriverlo è il Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise sui suoi canali social. Juan Carrito era un giovane orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) di tre anni. È morto il 23 gennaio scorso, investito da un’automobile a Castel di Sangro (AQ). Era l’esemplare più famoso tra quelli marsicani, specie endemica dell'Italia centro-meridionale dove sopravvive una popolazione inferiore ai 100 orsi. Un patrimonio da tutelare e preservare.

Carrito era famoso per le sue scorribande, per la sua confidenza e per le visite nei paesi e le interazioni con gli animali domestici. Era il figlio di Amarena, forse qualcuno ricorda quando nel 2021 lei e i suoi quattro cuccioli (tra cui Carrito) hanno fatto razzia in due pollai per poi attraversare l’autostrada durante la fuga. Tale mamma, tale figlio verrebbe da dire con un po’ di ironia.

"Amarena, la mamma di Carrito, è viva e vegeta" ci tengono a precisare dal parco. "Un piccolo ma importante inciso per tutti coloro che in queste ore si sono affannati a spargere notizie false" spiegano alludendo alle dichiarazioni di Angelo Caruso, sindaco di Castel di Sangro e presidente della Provincia dell’Aquila che riguardo l’incidente aveva affermato: "l’incidente mortale è successo nello stesso tratto dove è morta la madre di Juan Carrito. È un tratto dove c’è molto traffico quindi, era un evento prevedibile". Gaffe a parte, Caruso evidenzia una questione importante: non è la prima volta che un orso marsicano viene investito lungo questa arteria stradale, quindi forse sì, "era un evento prevedibile".

Negli ultimi anni altri due orsi erano stati uccisi lungo questa strada, spiega il parco. "La SS 17, oltre a essere una barriera fisica per la fauna selvatica è diventata, negli anni, una specie di strada della morte per gli orsi. Per questo motivo il Parco ha avviato un progetto per migliorare le condizioni di sicurezza ed educare i guidatori a moderare la velocità, nonostante la statale sia fuori dai confini del Parco".

Nessuno degli orsi uccisi aveva il comportamento confidente di Carrito, evidenzia ancora il parco. "A dimostrazione che Carrito non è morto perché era Carrito, ma perché, come tutti gli altri orsi era libero di muoversi sul territorio". Una libertà che è sempre stata difesa con forza dall’ente che gestisce l’area protetta. "Carrito è morto da orso libero, quello per cui ci siamo battuti strenuamente fin da quando aveva iniziato a manifestare i suoi comportamenti sopra le righe nella Valle del Giovenco poco dopo essersi separato dal suo nucleo familiare con mamma Amarena e i suoi 3 fratelli".

Il ruolo delle istituzioni
Carrito oggi non c’è più, è morto dopo "45 minuti di agonia al bordo di una strada, che aveva attraversato decine di volte […] Purtroppo lo abbiamo perso, ma quello che invece non dobbiamo perdere è la lezione che ci deve venire da questa storia. Carrito è il testimone della nostra incapacità di riconoscere che non siamo i padroni della Terra e che per coesistere con le altre specie bisogna conoscere, perché dalla conoscenza viene la consapevolezza delle scelte e la responsabilità delle stesse, piccole e grandi. Ma tutto questo bisogna prima di tutto volerlo, rinunciando, se serve, al nostro egoismo. Bisogna avere il coraggio di fare scelte, spesso impopolari, ma che alla lunga premiano".

La continua richiesta di non alimentare gli orsi troppo confidenti, di gestire meglio i rifiuti, di non trasformare l’avvistamento di un orso in un "trofeo da social". Il parco ha fatto il possibile, facendosi carico anche degli indennizzi alle attività economiche. Ma la responsabilità di tragedie come queste è solo dell’area protetta o coinvolge le istituzioni tutte? Di certo non si può portare il rischio a zero, ma si può agire sulla percentuale, cercando di abbassarla il più possibile. Gli strumenti esistono: la creazione di corridoi ecologici, l’installazione di autovelox e dissuasori di velocità. Ma anche l’applicazione di buone norme, come evitare la costruzione di strade e infrastrutture che frammentano l’areale di vita di un animale come l’orso.

"In buona parte del nostro Appennino le strade attraversano aree naturali ricche di biodiversità" scrive in una nota l’associazione Salviamo l’orso. "Vivere in un territorio dove la natura è predominante dovrebbe obbligarci a investire nella sua salvaguardia. Troppo spesso invece mancano politiche (locali, regionali e nazionali) che prevedano azioni concrete per mitigare il nostro impatto sulla preziosa e unica biodiversità che ci circonda".

Ecco allora che sull’onda della tragedia il deputato abruzzese Giulio Cesare Sottanelli, di Azione-Italia Viva, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dei trasporti, Matteo Salvini, e al ministro dell’ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, con lo scopo di "mettere in luce problematiche sulla sicurezza degli animali a rischio di estinzione presenti all'interno dei parchi di tutta Italia". A partire dalla cattiva gestione dei rifiuti, che per gli orsi diventano un’opportunità per sfamarsi, ma che al contempo li espone al pericolo di incidenti.

La scomparsa di Carrito ha particolarmente colpito Sottanelli. "Deve farci riflettere bene sulla difficoltà di far coesistere traffico stradale e fauna protetta all’interno dei parchi nazionali" ha spiegato. In media ogni anno muoiono 2 orsi marsicani sulle strade italiane, "per cause umane, accidentali o illegali". Una statistica che rende difficile concretizzare l’impegno che ci si è presi con l’Unione Europea: raddoppiare il numero di esemplari entro il 2050.

di Gian Luca Gasca




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