Lungo la frastagliata costa della penisola Antartica

Scialpinismo seguendo l'andamento della frastagliata costa ovest della penisola Antartica: il terzo report di Manuel Lugli dalla spedizione sci-alpinistica in Antartide.
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Scialpinismo lungo la frastagliata costa della penisola Antartica
archive Manuel Lugli

L'attività scialpinistica prosegue quotidiana quaggiù' nei mari antartici. Ci stiamo progressivamente spostando verso sud-ovest, seguendo l'andamento della frastagliata costa ovest della penisola antartica. È un vero viaggio all'antica, lento, senza lunghissime percorrenze. L'elemento dominante è la luce costante, che appena cala per una manciata di ore e poi torna ad essere giorno pieno. Questo è un grande vantaggio per le salite: si può partire a qualsiasi orario, con le certezza che il buio non ti sorprenderà mai, qualunque ritardo o inghippo si possa avere.

Ieri, ad esempio, abbiamo fatto una gita pomeridiana, partendo alle 14 con tutta calma e arrivando in cima allo Jabet Peak, un'interessante montagna di 552 metri che si affaccia sulla baia di Port Lockroy, unico luogo abitato (si fa per dire) per centinai di chilometri. Il tempo era quello tipico antartico, grigio e con una leggere nevicata; fatta la nostra salita con finale lungo un divertente couloir da salire con piccozza e ramponi, ci siamo goduti una discesa su neve fantastica, arrivando "in spiaggia" per essere recuperati dal gommone del Pelagic alle dieci di sera, circondati da pinguini guizzanti nell'acqua incuriositi dai nostri movimenti. Una meraviglia.

Port Lockroy è un posto unico. Vecchia base militare inglese installata segretamente durante la seconda guerra mondiale, è divenuto nel tempo un bel museo storico, interessante e ben tenuto, gestito su base volontaria per i soli mesi estivi. Incredibilmente riceve parecchie visite, più che altro dai passeggeri delle grosse rompighiaccio turistiche che fanno l'Antartide mordi e fuggi, dieci giorni di lusso e comfort per mettere un nome "avventuroso" nel proprio carnet. Ne abbiamo incrociate alcune anche noi di quest navi. L'effetto è straniante e non poco fastidioso; non per pretesa di avere una qualche esclusività, ma per le "dimensioni" dell'approccio che ci è parso poco rispettoso di questo ambiente grandioso e intatto. Il discorso sarebbe molto lungo ed esula da questo spazio, ma è cosa su cui rifletteremo a lungo.

Ora navighiamo lentamente verso Booth Island, nostro prossimo ancoraggio. Da qui sono accessibili il Mount Scott e, più lontano e impegnativo coi suoi 1450 metri partendo dal mare, il Mount Shackelton. Nomi che fanno sognare, nomi degni di questi luoghi estremi.

di Manuel Lugli

Aggiornamento della spedizione live: public.wicis.com

Link: Ortovox




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