Etna - 2018: con il Diabete, gli sci e le ciaspe alle Porte degli Inferi

Con sci e pelli di foca o con le ciaspe in vetta all'Etna d'inverno. L'emozionante avventura e esperienza del DAM (gruppo Diabete e Alta Montagna). La presentazione del Prof. Aldo Maldonato (diabetologo) e di Giovanni Galatà (vulcanologo) e le impressioni di alcuni partecipanti.
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Ambiente irreale sul versante sud dell'Etna
Maurizio Oviglia

Il gruppo Diabete e Alta Montagna (DAM), attivo dal 2012, è composto da uomini e donne con diabete tipo-1 appassionati dell’andar per monti in tutte le sue declinazioni e in tutte le stagioni. Il gruppo, informale, si è costituito su iniziativa del Comitato per l’Educazione Terapeutica (ComET) e ne fanno parte anche medici diabetologi e alcuni amici e familiari delle persone con diabete, alcuni dei quali affetti da altre malattie croniche. L’obiettivo iniziale è stato di raggiungere tutti insieme la vetta del Monte Bianco (4812 m), con il triplice intento di diffondere un messaggio di speranza, in particolare ai familiari dei giovani affetti da diabete insulino-dipendente, dimostrando ancora una volta che con il diabete ben controllato si può tutto, e che il buon controllo è raggiungibile sempre, anche in circostanze di forte impegno adattativo.

Chi ha il diabete tipo-1, infatti, deve somministrarsi tutti i giorni l’insulina, o mediante iniezioni sottocutanee, ovvero mediante un’infusione sottocutanea continua realizzata da una piccola pompa dalle dimensioni poco superiori a un carta di credito. Il problema è che la quantità di insulina circolante nel sangue deve cambiare continuamente nell’arco della giornata in relazione a numerose variabili: deve aumentare, anche di molto, durante la digestione dei pasti, come pure in caso di stress o di malattia febbrile; deve diminuire, anche di molto, nel digiuno ma soprattutto durante e dopo un’attività fisica prolungata. A oggi, la regolazione della quantità di insulina circolante non può essere fatta in modo automatico, come avviene in chi non ha il diabete, ma deve essere realizzata manualmente dal paziente stesso (o da chi per lui), regolando la quantità di insulina iniettata nel tessuto sottocutaneo, sia mediante 4 o 5 iniezioni al dì di insulina ad assorbimento pronto o ritardato, sia in continuo mediante il microinfusore. Se la quantità di insulina circolante non è esatta in relazione al fabbisogno del momento, si va incontro a conseguenze che di solito sono facilmente gestibili, ma in casi estremi possono anche essere molto gravi: se l’insulina è poca, la concentrazione del glucosio nel sangue aumenta oltre il normale (iperglicemia) e ciò non dà disturbi (entro certi limiti) se non lievi, ma nel medio-lungo termine deve essere corretto per evitare complicazioni nel corso degli anni; se l’insulina è troppa, la concentrazione del glucosio nel sangue scende al di sotto del normale (ipoglicemia) e ciò dà conseguenze immediate, anche se transitorie, che possono essere lievi ma anche gravi o gravissime, a seconda delle circostanze in cui il disturbo si verifica (una grave ipoglicemia non corretta prontamente può determinare una perdita di conoscenza, ed eventualmente una caduta o un incidente).

Per aiutare il paziente a valutare le esigenze del suo corpo, è necessario misurare la glicemia nei vari momenti della giornata: oggi sono disponibili sistemi di misurazione continua che mostrano l’andamento della glicemia durante le 24 ore, e spesso sono dotati di allarmi per segnalare pericolose deviazioni dalla norma. Presto saranno disponibili sistemi automatici di erogazione dell’insulina basati sulle misurazioni continue della glicemia, ma oggi, con questi cosiddetti “pancreas artificiali” ancora in sperimentazione, la realizzazione del buon controllo dipende ancora dall’impegno e dall’esperienza del paziente.

La cosa si fa particolarmente complicata durante le ascensioni in montagna, specie se lunghe, impegnative e in alta quota, poiché il normale ritmo di vita viene stravolto e gli adattamenti richiesti alla cura insulinica e all’alimentazione possono essere molto rilevanti. Dal punto di vista dell’autogestione del diabete, si tratta dunque di esperienze-limite durante le quali, nelle apposite riunioni serali, avvengono scambi utilissimi fra i partecipanti riguardo alle difficoltà riscontrate da ciascuno e alle soluzioni trovate. Il valore di questi incontri è accresciuto dalla presenza nel gruppo di persone molto esperte, come per esempio Marco Peruffo, che ha il diabete tipo-1 dall’età di 9 anni e ha sempre praticato la montagna ad alto livello, raggiungendo fra l’altro – secondo diabetico al mondo – la vetta di un 8000, il Cho Oyu, in autonomia, senza ossigeno e senza portatori d’alta quota.

Dopo il successo del 2013, con 14 partecipanti (di cui 7 con diabete), dei quali 11 (6 con diabete) hanno raggiunto la vetta del M. Bianco, il desiderio di ripetere esperienze analoghe è stato così grande nel gruppo, da “costringerci” a continuare [www.cometonlus.org/servizi/alta_montagna.html]. Così nel corso degli anni siamo saliti insieme sul Dom di Mischabel (4550 m) nel 2014, sul Bishorn e altre cime del Vallese nel 2015, sul Cevedale e 8 delle 13 cime che lo contornano nel 2016, e sul M. Elbrus (5642 m) nel 2017. E’ stato sull’Elbrus, raggiunto da 16 dei 18 partecipanti (10 su 11 con diabete), che uno dei partecipanti, il geologo Giovanni Galatà, originario della Sicilia ma trapiantato a Trento da molti anni, dove è istruttore di scialpinismo, anch’egli con diabete tipo-1 dall’età di 30 anni, ha avuto l’idea di un’ascensione invernale sull’Etna, utilizzando sci e pelli di foca o – in alternativa per i non sciatori – le ciaspe (o ciaspole), versione moderna e tecnologica delle antiche racchette da neve. Hanno aderito 22 partecipanti, di cui 10 persone con diabete tipo-1, una con SM e 11 accompagnatori, dei quali 3 medici diabetologi. Gli scialpinisti erano 14 (dei quali 6 con diabete) mentre i “camminatori” erano 8 (dei quali 4 con diabete e una con SM). (Prof. Aldo Maldonato)

A Giovanni Galatà il racconto dell’organizzazione e delle ascensioni:

Organizzare delle salite di scialpinismo per un gruppo eterogeno di cui non si conosce buona parte dei partecipanti è una sfida avvincente ma allo stesso tempo un compito delicato e impegnativo. La montagna Etna mi sembrava la più indicata per la prima scialpinistica DAM: basso pericolo di valanghe nella stragrande maggioranza delle situazioni e modeste difficoltà alpinistiche; ma allo stesso tempo condizioni climatiche spesso sfavorevoli a causa di frequenti venti tempestosi e ed eventi perturbati; una montagna insomma da non prendere sotto gamba ma allo stesso tempo non richiedente una specifica preparazione. E poi una montagna prestigiosa, trattandosi del vulcano attivo più alto d’Europa con i suoi 3340 metri di altezza. Una montagna peraltro che si presta molto bene a lunghe escursioni dai notevoli dislivelli e a traversate. Ovviamente non conoscendo personalmente molti partecipanti ho programmato degli itinerari di medio dislivello e difficoltà.

L’idea per il primo giorno (venerdì 2 marzo) era quella di raggiungere il cratere di nordest da Piano Provenzana (1830 s.l.m.) avvalendosi degli impianti di risalita che consentono di accorciare il dislivello a soli 1000 metri. Purtroppo però i forti venti di libeccio, che hanno la caratteristica di far permanere le nuvole sulla sommità del vulcano per tutta la giornata, non ci hanno consentito di rispettare il programma. Dal momento che le nuvole interessavano soltanto la parte sommitale, lasciando liberi i bellissimi canaloni che solcano il vulcano tra i 2000 e i 2600 metri di quota, abbiamo intrapreso l’escursione da Piano Provenzana in direzione della zona dell’ “anfiteatro” non lontano dalle piste da sci. Raggiunto il margine delle nuvole sempre accompagnati da fortissimi ma ancora sopportabili venti dai quadranti occidentali, siamo ridiscesi per il primo canalone posto a ridosso dell’ “anfiteatro”. Raggiunta quota 2000 metri circa, parte del gruppo ha continuato la discesa fino a Piano Provenzana, mentre il gruppo dei più allenati ha risalito un bellissimo canalone, il Canalone del Quarantore, già adocchiato dal primo mattino. Raggiunta quota 2700 metri circa, siamo ridiscesi per il medesimo canalone con sciata eccezionale. I ciaspolatori, con guida vulcanologica, hanno fatto un’escursione alla Grotta dei Lamponi, antico relitto di uno dei tanti tunnel scavati dalla lava nel suo percorso verso valle, superando il Monte Nero. Un’escursione di tutto rispetto, della durata di sette ore.

Il giorno dopo, abbandonata in partenza l’idea di raggiungere Punta Lucia sempre dal versante di Piano Provenzana per previsti venti inaccessibili, su suggerimento dei “local” ci siamo avviati verso la Montagnola e la Valle del Bove, nella zona sudorientale del vulcano. Questa volta a respingerci, dopo soli 300 metri di dislivello, non sono state solamente le nebbie ma soprattutto un evento di pioggia torrenziale. I ciaspolatori ne hanno avuto la meglio, compiendo un’interessante escursione a bassa quota, da Ballo (località di Zafferana Etnea) al Monte Fontane e ritorno in circa quattro ore.

Nel terzo e ultimo giorno, finalmente il programma è stato rispettato con grande soddisfazione di tutti; scialpinisti e ciaspolatori hanno raggiunto in un tempo compreso fra le 2 ore e mezza e le 4 ore il cratere centrale dal versante sud (dalla stazione di monte della cabinovia Etna sud) con condizioni meteo finalmente divenute gradevoli. (Giovanni Galatà)

Salita sull’Etna con il gruppo Diabete e Alta Montagna: cosa ho portato a casa (Le impressioni dei partecipanti)

È arrivato il momento della partenza e come spesso succede vorrei arrivare nelle migliori condizioni ma, problemi famigliari, e non ultimo un dolore lombare e all’anca che non mi permette di allenarmi e tanto meno di correre mi lasciano molte incertezze sulla possibilità di realizzare la salita dell'Etna. Osteopata il giorno prima di partire, antidolorifici, cerotti medicati e una grande determinazione a dispetto di tutto fanno il resto. Siamo due gruppi indipendenti ciaspolatori e scialpinisti e del mio conosco solamente Luigi e Sara, ma si crea veramente una squadra molto compatta e affiatata: è come fossimo da sempre andati insieme in montagna. Ma questa è una meta speciale: il cratere fumante, i paesaggi lunari, l’odore di zolfo che ti toglie il respiro, la nebbia sulla cima ci avvolgono in una atmosfera surreale. Storie diverse che si uniscono nell’attimo del raggiungimento della vetta. Un pocket coffee nel vento sferzante della cima festeggia le nuove amicizie.
Cecilia Marchi

Sicula-mente. Il dialogo che avviene durante le escursioni e dopo, tra le singole persone, gli amici, che condividono un pezzo di vita, l’amore per la montagna, e le esperienze vissute con - o senza diabete, i diversi modi di fare, comunicare in modo franco e sincero, anche della malattia, questo è “il più” che amo profondamente e che mi ispira, tanto che non vorrei perdere neanche uno dei “nostri” incontri. Vedo ancora oggi davanti ai miei occhi, le siringhe, che mia madre sterilizzava in cucina con acqua bollente, io bambina di quattro anni. “Zio Silvio” amico e collega di mio padre, diabetico. Mi vengono ancora oggi i brividi! Ogni tanto, raramente, penso a lui, è andato troppo presto! Una malattia complicata! Ringrazio, per poter vivere l’esperienza della montagna! Il gruppo diabete mi dà una libertà più grande; motivazione, modo di migliorare nel confronto della malattia, know how. Essere parte di questo gruppo è una fonte di conforto, di serenità e di gioia! Vedere tutte queste persone speciali, la grande intensità con cui vivono, il modo in cui pensano e risolvono i loro problemi, diabetici e non diabetici, fa coraggio! I loro ragionamenti non sono sottili. Hanno un cuore comprensivo, che consente di accedere più profondo. Questa mentalità apre la porta, permettendo di vivere anche la montagna profondamente. Siculamente l’esperienza dell’Etna è indimenticabile, un’esperienza che sovrasta il quotidiano!
Irène

Gioia, emozione, fatica, conoscenza. Gioia, per la cima raggiunta, il vulcano più alto d’Europa, un “3000” sul mare, maestoso, affascinante e vivo: le colonne di ceneri, la lava fumante che scende a lavarsi fin quasi giù al mare e l’odore di zolfo sono lì a ricordartelo ad ogni passo, pardon, curva. Emozione, perché i canali che scendono a nord dell’Etna sono bellissimi da sciare, con una neve trasformata morbida e…con il mare davanti: semplicemente unico. Fatica, d’altronde non ci siamo fermati all’agriturismo sulle pendici dell’Etna o alla pescheria in centro a Catania, ma siamo usciti in tutti e tre i giorni che avevamo disponibili: siamo saliti (abbiamo anche “ripellato” come dicono gli scialpinisti) e siamo scesi, con bello e brutto tempo, scaldandoci al sole e fuggendo a valle con la bufera. Conoscenza, perché non era un gruppo casuale, ma ognuno portava la sua esperienza di alpinista, di diabetico, di accompagnatore, di medico. Su questo punto vorrei dire due parole in più: l’esperienza è il valore aggiunto di questo gruppo. Per divertirsi, certo, bastano anche solo degli amici, ma per noi che il diabete lo viviamo ogni giorno, il confronto con altri alpinisti nelle nostre stesse condizioni, che non si fermano davanti a quella che potrebbe essere vista come una condizione limitante, è impagabile. Il confronto, la prova sul campo, le discussioni e le idee diverse ti portano a metterti in gioco e a conoscerti meglio.  Alla fine ognuno di noi ha il suo limite, noi oggi lo abbiamo spostato un po’ più in là.
Pietro Vincenzi

Carissimi amici, vi volevo ringraziare  per il meraviglioso viaggio in terra Siciliana. In particolar modo il mio amico Gianni perché ha dovuto sudare un po' per convincermi a mollare la mia vigna per scendere giù in Sicilia. È stato un viaggio entusiasmante ed eclettico perché ha toccato diversi aspetti; alpinismo, gastronomia, arte e... ironia. La stessa compagnia, molto colorata, includeva da himalayisti e arrampicatori di riconosciuta fama, a uomini di medicina che si votano alla ricerca di un miglior benessere per chi la salute ha la sfortuna di non avere, fino a ...azzoni tipo me che c’entravo come il 2 di picche, ma col privilegio di poter dire “io c'ero”. E poi, tutti insieme, da tutta Italia, dall'alto nord al profondo sud, che nonostante l'educazione asburgica che ho ricevuto mi avete fatto sentire fortemente italiano.

Continuo a pensare allo stupendo viaggio siciliano e, pensa e che ti ripensa, mi è venuta in mente una piccola idea che vorrei condividere con voi. Sto completando un impianto all'interno della mia azienda e mi piacerebbe riservare un piccolo angolo di questo appezzamento dedicato al viaggio e a tutti i partecipanti. Vorrebbe essere anche un abbraccio ideale tra nord e sud, ricordando che l'Italia è unica e indivisibile nonostante le sue diversità. L'idea è quella di piantare dello Syrah che è un'uva molto diffusa in Sicilia, allevata ad alberello che è la forma di allevamento più antica e diffusa in Sicilia . Quando creiamo un nuovo impianto è nostra abitudine battezzarlo con un nome, ci si trova tra famigliari e si decide che nome dare, come se fosse nato un bambino. Qui in casa hanno accettato con entusiasmo l'idea e uno dei nomi papabili potrebbe essere “il giardino di D.A.M”. Vorrei però coinvolgere tutto il gruppo, vorrei che questo nome fosse condiviso da tutti quindi se qualcuno avesse altri nomi da proporre ben vengano.
Stefano Pisoni

Insieme si raggiungono mete che da solo non potresti raggiungere... non con quella soddisfazione!!! Questa è la mia riflessione anche sull'esperienza dell'ETNA... ogni volta che vivo un'esperienza di vita con bambini-ragazzi-adulti affetti da diabete, porto a casa un bagaglio di esperienze prezioso... superiore di gran lunga alla lettura di mille articoli, e preziosamente complementare allo studio di lavori pubblicati!
Valeria De Donno (diabetologa pediatra)

Ogni viaggio col DAM è un arricchimento, uno scambio di idee e di sensazioni, utile e proficuo. Ho imparato molte cose da questi incontri, ma allo stesso tempo ho la consapevolezza che più che ricevere posso dare. E dare è come amare, è più bello amare che essere amati!
Gianni

Salire fino a 3.323 mt con un gruppo di diabetici ha rafforzato la convinzione che ogni sfida può essere per ognuno di noi un’opportunità. E con il tempo ho deciso che per me il diabete è un’opportunità. Così è entrato il DAM a fine inverno, con la proposta di Luigi di unirmi al gruppo per andare sull’Etna e per altre scalate. Aldo ha consentito che all’ultimo minuto mi unissi al gruppo, causa defezione di un partecipante. Non partecipavo ad un “campo” di soli diabetici da circa una trentina di anni, quando avevo imparato a gestirmi in modo abbastanza indipendente il diabete, a farmi insulina e controlli. Temevo di trovarmi in un “ghetto” di diabetici che parlavano ogni minuto di glicemia, insulina, dieta… Ho scoperto che il gruppo era molto eterogeneo e che… ero io che volevo parlare di diabete, condividere esperienze, chiedere informazioni agli altri e ai medici (grazie mille a Valeria, che ho avuto la fortuna di avere in stanza!) in modo da avere una gestione sempre più oculata del diabete. Ho apprezzato ogni attimo, dal primo pranzo alla Pescheria di Catania alla ciaspolata tra il bianco della neve e l’azzurro del mare a Piano Provenzana, dalla pianificazione delle attività sciistiche/escursionistiche del giorno dopo al confronto la sera dopo cena su come avevano gestito le glicemie/insulina da fare, dalle risate durante i tragitti in macchina ai piccoli pezzi di storia che ognuno ha avuto modo di portare sull’Etna. La salita sul cratere centrale è stato il culmine di questi tre giorni: il gruppo degli escursionisti meno numeroso degli sci alpinisti ci ha permesso di conoscerci meglio, in situazioni non sempre “facili”, come l’ultimo tratto della salita. Ma che soddisfazione da su e che soddisfazione arrivarci tutti assieme, orgogliosi, fieri non solo della salita (quello più o meno tutte le persone allenate ci riescono) ma di essere saliti mantenendo una glicemia ottimale! Da questa salita ho portato a casa la voglia di continuare “a salire” e la convinzione che ogni ostacolo che ci viene posto è soltanto una opportunità per andare avanti e salire sempre più in alto, con consapevolezza e tenacia.
Roberta Micillo

La prima cosa che mi viene in mente e che mi ha reso molto felice, è di aver condiviso per la prima volta un'esperienza DAM con mia moglie. Devo dire che nonostante la facilità escursionistica delle nostre uscite per me l'impresa è stata molto soddisfacente dal punto di vista sociale. Ho avuto molto tempo da dedicare alle nuove amicizie, e dimostrare che con il diabete o qualsiasi altra patologia è possibile conciliare e fare le cose che ci piacciono e che al momento ci sembrano quasi impossibile, tra questi andare in montagna. Penso di essermi reso utile al gruppo, riuscendo a salire sull'Etna tutti insieme: sì, eravamo un bel gruppetto pronti a faticare per raggiungere la vetta. Abbiamo dimostrato che con tanta volontà e voglia di raggiungere l'obbiettivo le cose che all'inizio sembrano impossibili si possono realizzare. Ho visto persone molto diverse tra loro formare un gruppo molto omogeneo, una vera e propria squadra dove ognuno si impegnava per l'interesse del gruppo, e questo devo riconoscerlo caro Aldo e dipeso solo da te… Vedo che anno dopo anno le cazziate diminuiscono e aumentano i tuoi silenzi compiaciuti: sì, siamo una bella squadra! Ho anche visto persone non diabetiche affascinate a guardarci mentre gestivamo i nostri piccoli problemi legati alla malattia, per come mangiavamo, come gestivamo le glicemie in escursione, e perché no, come bevevamo... Stefano ha dedicato il nome DAM a un suo vitigno… ha ha: passeremo sicuramente a trovarlo per assaggiare il suo vino: sarà la nostra escursione più tosta. Quindi ho portato a casa dall'Etna tanta voglia di trasmettere ad altri le mie esperienze sul diabete, tanta voglia di continuare con voi questo cammino, e perché no, mi sono rigenerato sia fisicamente che mentalmente stando in ottima compagnia in questi quattro giorni. Arrivederci sull’Ortles!
Luigi Montanaro

Ero già stato sull'Etna con gli amici dello scialpinismo e ne ho un bel ricordo... Questa volta però è stato ancora più speciale: ho portato un mio paziente che seguo da tanti anni (ora è diventato anche un amico) con Valeria, con la quale organizzo i campi scuola e la transizione dei ragazzi all'ambulatorio dell'adulto, anche Lei con un suo ragazzo tipo 1. E poi quante altre persone speciali ho conosciuto... Ecco, mi porto a casa un’esperienza che mi ha fatto crescere, condividendo la fatica con persone speciali che, nonostante un problema di salute, sono forti e insegnano a me come affrontare le difficoltà della vita. Questa esperienza, come tutti i campi scuola che ho organizzato con Emanuele, Valeria, Donatella, Camilla, mi ha confermato la convinzione che, conoscendo le persone nella vita reale, nello sport, affrontando insieme, la fatica, la gioia di raggiungere la vetta, riusciamo  meglio a trasmettere loro la nostra conoscenza e loro... ci aiutano a migliorarci come medici e come persone. Insomma, l'Etna è un luogo davvero speciale che ho condiviso con persone speciali.
Giampaolo Magro (medico diabetologo)

24/04/2018: L'Etna con il DAM - Gruppo Diabete e Alta Montagna

Il Comitato per l’Educazione Terapeutica realizza progetti e servizi per persone con diabete e per le loro famiglie, utilizzando i fondi ricevuti da donazioni liberali e dal 5 per 1000. Per destinare il 5 per 1000 al Com.E.T. firmare sotto il riquadro “Sostegno del volontariato…” e indicare il codice fiscale: 9716 4840 585.
Per effettuare una donazione deducibile dalle imposte, eseguire un bonifico al Com.E.T. con il codice Iban: IT86 S 02008 05024 000 400 358234




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