Silvo Karo / Intervista al leggendario alpinista sloveno

Intervista al leggendario alpinista sloveno Silvo Karo che questo fine settimana a Briançon in Francia riceverà il Piolet d'Or Carrière per il suo alpinismo che abbraccia gli ultimi quattro decenni e comprende più di 300 prime salite dalle Alpi alla Patagonia. A cura della giornalista bulgara Tanya Ivanova,
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Silvo Karo a Paklenica nel 1978
Silvo Karo archive

Ho sentito parlare per la prima volta dell'alpinismo sloveno quando mi sono interessata della Cresta Ovest dell'Everest. Nel 1984, alcuni alpinisti bulgari hanno effettuato la prima traversata completa, divenuta poi nota come la traversata bulgara, salendo da ovest e scendendo da sud. È stato un momento storico per il nostro paese e tutti noi sapevamo chi erano stati i primi su questa splendida cresta ovest: gli sloveni. Quando ho saputo che il Piolets d'Or alla carriera di quest'anno sarebbe stato assegnato a Silvo Karo, il secondo sloveno dopo Andrej Štremfelj, ho letto di più sui suoi successi e ho subito voluto contattarlo per chiedergli questa intervista. Tanja Ivanova

Silvo, con quali sentimenti accetti questo premio?
Sono decisamente orgoglioso di ricevere questo premio perché è un riconoscimento ufficiale per la mia lunga carriera di alpinista. Ma in realtà sono ancora più felice del feedback che ricevo dagli alpinisti di tutto il mondo - sui social media, tutti i messaggi che ricevo, e anche quando presento il mio libro in giro per il mondo. In tanti mi dicono che il mio modo di andare in montagna è stato una grande ispirazione per loro, e in verità sono parole come queste che mi rendono ancor più felice.

Le parole comunemente usate per descrivere te e la tua generazione di alpinisti sloveni sono "leggenda", "età dell'oro", "nuovo livello di arrampicata". Ma di cosa sei più orgoglioso?
Soprattutto, sono orgoglioso che noi, assieme alla generazione precedente - la generazione degli anni Settanta - abbiamo seguito la stessa direzione degli scalatori occidentali. Abbiamo imparato da lì. E guardavamo spesso verso la Gran Bretagna, la culla dell'arrampicata tradizionale.
Siamo stati una generazione fortunata, nessuno prima di noi e nessuno dopo di noi sperimenterà uno sviluppo così rivoluzionario dell'attrezzatura da alpinismo come abbiamo fatto noi. Ciò ha sicuramente contribuito al progresso a cui abbiamo assistito nell’alpinismo. E ovviamente siamo stati molto fortunati ad avere Franček Knez come capo della nostra generazione degli anni '80, abbiamo imparato molto da lui.

Cosa vi ha reso così sicuri delle vostre capacità? Cosa rende gli alpinisti sloveni così forti?
Mi allaccio un po’ a quello che ho già spiegato - che nei primi anni '80 eravamo ben collegati con i migliori alpinisti al mondo. La nostra generazione non è andata solo in Himalaya, come quelle che ci hanno preceduto. Nel 1973 i primi sloveni hanno visitato lo Yosemite, e noi siamo stato il primo o il secondo gruppo dall'Europa a salire vie così difficili tecnicamente.

Come avete finanziato le vostre spedizioni?
Sognavamo di ricevere soldi dallo stato: sai com'era in questi paesi, prima della caduta del muro di Berlino. Eravamo sempre alla ricerca di modi per ricevere qualcosa dal governo, perché a quel tempo l'alpinismo non era uno sport "codificato", un'attività ufficialmente riconosciuta. Abbiamo poi scoperto un modo: il governo ci ha detto di andare a creare una qualche forma di classificazione. Ci hanno detto: "se fate questo, sarà la base per una graduatoria degli alpinisti, e attraverso questo otterrete i soldi necessari per scalare". Durante i primi anni '80 abbiamo ricevuto quindi qualche aiuto economico dal governo, mentre per il resto dovevamo trovarlo dalle aziende. Inoltre, abbiamo fatto molti lavori in quota, sugli edifici alti, per guadagnare soldi.

Mentre adesso, con tutti questi sponsor, le aspettative...?
L'alpinismo è un'avventura e la commercializzazione la sta sminuendo.

La tua autobiografia si chiama "Rock'n'Roll on the Wall", come mai? E questa cultura e musica, come hanno influenzato il tuo stile di vita e le tue scalate? Si trattava di musica, proveniente dall'Occidente.
Il rock and roll è musica con un ritmo forte e veloce, e noi abbiamo portato questo ritmo ed energia in parete. Inoltre, se fai una traduzione diretta delle parole, nelle nostre arrampicate spesso abbiamo avuto a che fare con vere pietre che rotolavano giù mentre noi saliamo le grandi pareti. Questi sono stati forse i motivi per cui ho scelto questo titolo per il mio libro.

Dicono che il Fitz Roy, la parete sud del Cerro Torre e il Bhagirathi III siano le vere pietre miliari della tua carriera alpinistica. Ma per te, adesso, quali sono le spedizioni più preziose?
Penso che potrei mettere Bhaghirati III al 1° posto, e poi la parete sud del Cerro Torre. Abbiamo anche salito nuove vie sul Fitz Roy, sulla Torre Egger e sulla parete est del Cerro Torre. Ma anche negli anni '90 abbiamo completato alcune salite piuttosto buone, portando questo stile di arrampicata veloce e leggero dallo Yosemite alla Patagonia. Nel 1999 sono andato in Patagonia due volte - arrampicando in questo stile leggero con Rolando Garibotti, due volte sul Fitz Roy. Poi abbiamo continuato con questo stile: veloce e leggero. Per essere leggeri e veloci bisogna avere molta esperienza, e poi passo dopo passo arrampichi sempre più velocemente. È come guidare una macchina: se non hai abbastanza esperienza, non puoi guidare veloce o fare pazzie.

Avevi assoluta fiducia nei tuoi compagni di cordata. Cosa significa il miglior compagno di cordata? Quali qualità, come persona e come alpinista, devono possedere?
Vedo subito con chi posso arrampicare bene in montagna e con chi no. Janez Jeglič, Franček Knez ed io siamo stati fortunati ad avere l'un l'altro, provenivamo tutti e tre da famiglie contadine e della classe operaia, e questo ci ha legati gli uni agli altri. Pur soffrendo durante le nostre difficili salite, ci siamo motivati con battute e umorismo, che hanno funzionato come carburante per un motore. Ci capivamo molto bene e ci conoscevamo ancora meglio.
Per essere un alpinista solido, devi essere ugualmente forte sia mentalmente che fisicamente, e il modo più semplice per raggiungere questo obiettivo è arrampicare il più possibile in montagna, la vera dimora dell'alpinismo. Concentrarsi solo sull'allenamento e diventare sempre più forti è come sciare sull'erba.

Janez Jeglič e Franček Knez sono morti a 20 anni esatti di distanza - Janez nell'ottobre 1997 e Franček nell'ottobre 2017. La loro morte ha cambiato il tuo atteggiamento nei confronti dell'alpinismo e dei tuoi rapporti con l'arrampicata?
Sì... è vero... 20 anni tra Janez e Franček... Nel 1997 ero al Banff Mountain Film Festival. E poi nel 2017 - Franček. È stata dura, soprattutto con Franček perché in quel periodo ero in Macedonia e quando sono tornato a casa sono andato subito al suo funerale. È stato difficile dirgli addio, perché se sei stato con qualcuno così spesso in situazioni difficili, è difficile. Abbiamo avuto una vita difficile insieme - è come quando i soldati combattono in una guerra, sono più amichevoli l'uno con l'altro in quel momento, rispetto a quando sono per strada o in un bar. Se vivi questi momenti forti insieme per così tanto tempo, diventa molto difficile dire addio... E allo stesso tempo mi sorprendo spesso a pensare: "Perché sono ancora vivo e i miei amici sono dovuti andare?" Ma la vita è così, e non sai mai quando arriverà il tuo momento.

Cosa ti ha aiutato a sopravvivere negli anni?
Non lo so. Forse le decisioni giuste. L'arrampicata e l'alpinismo sono così: se non spingi abbastanza, non combini nulla, ma se spingi troppo, potresti perdere la vita. L'arte dell'alpinismo è trovare questo equilibrio.

Allora come fai a capire che sei sull'orlo, che c'è un confine che stai attraversando e se fai un altro passo, potresti morire? Come fai a capire dove si trova questo bordo?
Forse questo aiuta: avere una lunga carriera alpinistica, e trovarsi spesso in situazioni difficili. È come, per esempio, quando devi risolvere un boulder. Guarda Janja Garnbret per esempio: perché capisce e legge un boulder così velocemente? È perché ha così tanti chilometri di arrampicata alle spalle, risolvendo blocchi ogni giorno, per anni e anni. Lo stesso vale per l'alpinismo. Lo stesso era con Franček e Janez. Hanno avuto lunghe, lunghe carriere alpinistiche. Non lo so. Ovviamente anche la fortuna gioca un ruolo.

Arrampichi ancora Silvo?
Sì, perché casa mia ora è a Osp, la più grande zona di arrampicata sportiva slovena. Ho delle falesie a 2 minuti da casa mia e vado spesso ad arrampicare. Riesco ancora a fare vie sportive di 7a. Inoltre, in montagna mi diverto ancora ad aprire vie nuove. Lo faccio quasi ogni anno. Non tanto quest'estate a dire il vero, ma negli anni precedenti ho salito diverse nuove vie, cercando roccia buona nelle mie Alpi Giulie. Questa è una cosa che mi piace molto.

Perché hai deciso di organizzare un festival dell'arrampicata in Slovenia e di dedicare parte del tuo tempo a questo?
Perché ero piuttosto giovane, nel lontano 1984, quando ho visitato per la prima volta il Trento Film Festival, il più antico festival di cinema di montagna al mondo. Un nostro film è stato selezionato lì nel 1996, dopo di che un film con Janez Jeglič sulla parete sud del Cerro Torre ha vinto un premio. Successivamente sono stato invitato a far parte della giuria di Trento, e per tutto quel tempo ho continuato a domandarmi "perché non organizzare un festival simile in Slovenia?”. Avevamo una ricca tradizione alpinistica, eppure nessuno l'aveva celebrata con un festival. Così abbiamo iniziato nel 2002 in una bella località - Bled. A quel tempo però ero ancora piuttosto preso con l’arrampicata e ho lasciato il festival perché non potevo dedicargli il tempo necessario, poi nel 2007 ho ricominciato e ora sto preparando la 17a edizione!

E ora sta preparando nuove spedizioni o hai finito con le montagne extraeuropee?
No no, non ho più intenzione di fare grandi scalate o spedizioni. Ma sto pensando di recarmi in Patagonia per fare alcune salite più facili e per godermi alcune cime più basse.

Hai ancora un grande sogno?
Non ho piani che mi spingano, cose che devo necessariamente fare, no. Ora aspetto e vedo come si sviluppano le cose. Principalmente però cerco un obiettivo che mi diverta: alcune vie più facili, belle montagne, linee piacevoli, qualcosa del genere.

Ed è questo che ti rende felice adesso...
Sì, questo mi rende felice. E anche avere la possibilità di arrampicare con alpinisti più giovani, per poter condividere con loro alcune delle mie conoscenze. Sono in quel momento della vita in cui posso aiutare i giovani alpinisti a fare esperienza più velocemente, come quando ero giovane io. È una sorta di trasferimento naturale di esperienza dalla generazione più anziana a quella più giovane. Questo è quello che mi piace fare adesso. 

SILVO KARO
Karo ha salito oltre 2000 vie ed effettuato più di 300 prime salite. Una selezione dei suoi contributi più significativi al di fuori della Slovenia include:
1983: Fitz Roy, parete est, nuova via, Devil’s Dihedral (6a A2 90°). Aguja Val Bois, parete est, nuova via. D.E. (5 100°)
1985: Yalung Kang, parete nord, nuova via, raggiunto quota 8,100m. Grandes Jorasses, parete nord, terza salita di Rolling Stones (6b A3 80°)
1986: Cerro Torre, parete est, nuova via, Hell’s Direct (7a A4 M6 95°). Broad Peak via normale, Torre Egger, parete sudest, nuova via, Psycho Vertical (6c A3 90°). El Mocho, parete nord, nuova via, Grey Yellow Arrow (7a A0)
1987: Lhotse Shar, Cresta sudest, raggiunto quota 7,300m 1987-88. Cerro Torre, parete sud, nuova via (6b A4 75°)
1990: Bhagirathi III, parete ovest, nuova via (6b A4 85°). Everest, cresta ovest fino a quota 7,500m
1993: El Capitan, Wyoming Sheep Ranch (5.10 A5)
1996: Nalumasortoq, nuova via, Mussel Power (7a A3). El Capitan, Salathé Wall in 10 ore 25min. Half Dome, Direct Northwest Face, 11 ore 20 minti (speed record all’epoca)
1997: El Capitan, West Face (5.11c) in otto ore macchina andata e ritorno
1999: Fitz Roy, parete ovest, Ensueno, seconda salita e prima libera (6b+ obl 45°). Fitz Roy, Slovak Route, stile alpino con nuova variante da Glaciar Torre (6c 40°)
2000: La Esfinge, nuova via, Cruz del Sur (7b)
2002: Grand Pilier d’Angle, Divine Providence fino in cima al Monte Bianco
2003: Cerro Murallon, prima salita della cima principale
2005: Cerro Torre, creste sudest, nuova via, Slovenian Sit Start (single push 28 ore; 7a A2 70°). Aguja Poincenot, Sperone degli Italiani, seconda salita (e prima di questa via fino in cima, 6c A3).
2006: Trango Tower, Eternal Flame, prima salita in giornata (7a A2 M5)
2009: Tofana de Rozes, parete sud, Goodbye 1999 (7b on sight, ripetizione). Aiguille Noire de Peuterey, Punta Brendal parete sudest, Nero su Bianco (7b a-vista, ripetizione). Meru Central, tentativo sull'allora inviolata Shark’s Fin in stile alpino.

Nella sua carriera ha realizzato molte nuove vie, effettuato numerose prime libere e veloci ripetizioni nelle sue Alpi Giulie e Alpi di Kamnik, comprese lunghe vie in montagna che all'epoca erano considerate le più difficili del paese, come Zaumak Nerva (7c). Al suo apice riusciva in falesia a salire l’8a. Nel 2007 ha fondato in Slovenia il Mountain Film Festival, che mira ad aumentare la produzione di film di montagna sloveni e diffondere la cultura di montagna.

Nel 2010 l'allora presidente della Slovenia, Danilo Turk, ha conferito a Karo e Knez una delle più alte onorificenze del paese, l'Ordine al Merito, per "i loro successi nella scalata nelle montagne slovene e per il loro contributo che ha aumentato la reputazione, la conoscenza e la notorietà dell'alpinismo sloveno e ha reso grande la Slovenia nel mondo."

Info: silvokaro.com




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