Hansjörg Auer: l’intervista dopo la salita del Lupghar Sar West in solitaria

Intervista all’alpinista austriaco Hansjörg Auer dopo la salita in solitaria del Lupghar Sar West, montagna di 7181 metri nel Karakorum (Pakistan).
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Hansjörg Auer durante la salita solitaria del Lupghar Sar, salita in solitaria il 07/07/2018 lungo la inviolata parete ovest
Hansjörg Auer

Il 7 luglio 2018 Hansjörg Auer ha completato la prima salita della finora inviolata parete ovest del Lupghar Sar West, montagna di 7181 metri nel Karakorum Pakistano, salita per la prima volta nel 1979 da una spedizione tedesca guidata da Hans Gloggner. Arrampicando in solitaria, il 34enne alpinista è partito il 6 luglio e in 7 ore e mezzo è salito dal campo base a 4500 metri fino a 6200 metri dove ha bivaccato. La mattina successiva è partito alle 5 e, seguendo una linea sulla parte sinistra della parete, ha raggiunto la ripida cresta NO che ha seguito fino alla cima che ha raggiunto alle 11:30 della mattinata del 7 luglio. La discesa, complicata e stancante, è filata comunque liscia e alle 8 di sera è rientrato al campo base.

Hansjörg, la tua spedizione è terminata quasi terminata prima che iniziasse, quando hai perso del materiale durante il difficile avvicinamento
In tutti i miei anni di spedizione ho sempre pensato che, prima o poi, questo sarebbe successo. Il momento peggiore in cui poteva accadere è probabilmente in una spedizione solitaria, perché ovviamente hai meno opzioni quando manca del materiale. Fortunatamente non era il bidone con l'attrezzatura più importante e, cosa ancora più importante, fortunatamente è stato soltanto un bidone a cadere nel crepaccio e non il portatore!

Sapevi poco di quella montagna prima di andarci. Cos’hai pensato quando l’hai vista per la prima volta?
Quando siamo arrivati ​​al campo base il tempo era brutto, quindi non ho potuto vedere il Lupghar Sar. Alla sera però il cielo si è un po’ rasserenato; inizialmente ho visto l'incredibile Ultar Sar sul lato opposto della valle dell’Hunza, sono stato sopraffatto dalla bellezza di questa montagna. Mentre guardavo a bocca aperta, uno dei miei amici pakistani mi ha dato una gomitata e ha detto: "Aspetta a vedere quello che sta per arrivare dall'altra parte". Un paio di minuti dopo ho visto il Lupghar Sar. Altrettanto bello!

Hai subito iniziato il tuo acclimatamento. In passato l’hai fatto più e più volte. Presumibilmente questa volta è stato diverso...
Acclimatarsi durante una spedizione in solitaria è super noioso. Inoltre, il tempo non era dei migliori. Fortunatamente ho trovato delle belle salite, il che è stato positivo per la mia motivazione mentre mi adattavo all'aria più sottile. E devo dire che mi sono sentito più forte rispetto alle precedenti spedizioni, il che è stato piuttosto interessante.

Poi hai individuato il modo per raggiungere la parete. Qual è stato il tuo "feeling" con la montagna?
Non è stato facile trovare l’avvicinamento giusto, quindi ho deciso di investire del tempo a cercare il modo migliore per raggiungere la base della montagna. Il ghiacciaio superiore del Baltbar è piuttosto selvaggio, cadere in un crepaccio è l'ultima cosa che vorresti. Alla fine però si è rivelato meno complicato di quanto avessi inizialmente pensato. Ma non sapevo bene quale linea salire; avevo due opzioni e ho lasciato passare del tempo mentre aspettavo la mia voce interiore. Per rispondere concretamente alla domanda, fin dall'inizio ho avuto un buon feeling con la montagna.

Quando hai individuato l'accesso alla parete, sei partito quasi subito. Ci aspettavamo una lunga attesa al campo base per la finestra di bel tempo…
Anche io a dire il vero. Ma poi mi è stata data una prima possibilità. C'erano ancora venti forti in quota ma volevo sfruttare questa possibilità, perché non si sa mai se è necessario un secondo tentativo. Ricordo la mattina quando sono partito dal campo base, nevicava ancora un po'. Ma il mio obiettivo era molto forte, così ho iniziato a salire. Alla fine questa finestra di bel tempo si è rivelata molto più lunga dei tre giorni previsti inizialmente.

Cosa ci puoi dire della salita. Cosa ti passava per la mente?
Il primo giorno è andato davvero bene. Javed, la mia guida, mi ha accompagnato per un po', mi aveva chiesto se poteva seguirmi per le prime due ore per raggiungere l'inizio del ghiacciaio. Non è stato facile per lui vedermi partire da solo, lo capivo molto bene. La sera al bivacco ho avuto dei dubbi inaspettati, mi sono chiesto cosa stavo facendo lassù. Ero già a 6200 metri e non ero sicuro di poter affrontare quello che avevo in testa. Non ero preoccupato per le difficoltà tecniche, i dubbi piuttosto erano legati all'essere da soli. Poi ho cominciato a pensare alle Dolomiti, alle Alpi e mi sono detto che avevo già scalato così tanto in solitaria. Questo mi ha aiutato.

Quella cresta finale sembra spaventosa...
A dire il vero da sotto la cresta sembrava OK. Avevo scelto una linea sul lato sinistro della montagna e ho raggiunto la cresta nord occidentale a circa 6900 m, fino a lì avevo salito prevalentemente del ghiaccio tra i 50-55°. Raggiunta la cresta ho depositato tutto la mia attrezzatura e ho proseguito verso la cima. Il problema era che la qualità della roccia era davvero pessima. A metà della cresta ero convinto di aver commesso un grosso errore lasciando la corda in basso. La difficoltà era circa di M3, una sezione di M4. Non più difficile, ma comunque sufficiente per me in solitaria a circa 7000m. Ma a quel punto ero rientrato nella mia mentalità “da solitario”. Riuscivo a vedere la cornice sommitale e arrampicavo in maniera molto fluida. Dopo la sezione rocciosa ho dovuto affrontare due ripidi pendii di neve, profondi fino all’anca. Quelli erano ancora più spaventosi.

Parlaci della cima
Appena sotto la cornice sommitale ho trovato una vecchia corda. Immagino che fosse dei primi salitori, sembrava davvero molto vecchia. Poi sono arrivato al punto più alto e ho cercato di godermi il momento il più possibile. Le nuvole stavano crescendo velocemente. Ho trascorso mezz'ora in cima, come promesso ho chiamato la mia ragazza tramite il telefono satellitare, e ho pensato a tutti i miei amici. In particolare a Gerhard Fiegl che avrebbe dovuto essere lassù con me, a vivere questa atmosfera unica.

La discesa, se non sbagliamo, è stata molto vicino al limite
Non al limite assoluto, ma mi sentivo molto stanco. Mentre scendevo arrampicavo molto lentamente e mi sono riposato spesso. Sulla terminale sono caduto per 15 metri, quando il ponte di neve è crollato, ma poi ho raggiunto il mio campo base avanzato e ho deciso di continuare fino al campo base. Mi ci sono volute altre cinque ore per raggiungere la morena, dove Javed mi era venuto incontro, non sapendo che ero stato in cima. Era molto sollevato nel vedermi.

Quindi quanto è stata difficile la salita fisicamente? E psicologicamente?
Devo dire che quest'anno mi sono sentito molto bene. I momenti in cui arrampichi in solitaria in alta montagna sono molto rari, quindi devi usare tutte le opportunità che ti vengono date. Quando si arrampica da soli, tutto sembra più focalizzato sulla salita che sulle emozioni. Arrampicando da solo in alta quota provavo molte meno emozioni di quanto non fossi abituato. È interessante notare che questo ha reso molto più facile mettere da parte i dubbi. Forse perché il mio desiderio di raggiungere la vetta era ancora più forte. E se arrampichi da solo, hai bisogno di una spinta interiore davvero forte, perché nessuno è lì per aiutarti in quei momenti quando manca la motivazione o quando ti assillano i dubbi.

Se fossi stato con qualcun altro, come sarebbero andate le cose?
Difficile da dire. È semplicemente un'esperienza diversa essere in solitaria. Non puoi confrontarle.

Allora giriamo la domanda. Quanti contatti hai avuto con il mondo esterno?
In realtà durante la spedizione ho avuto un contatto solo, con la mia ragazza. Volevo rimanere super concentrato. Prima della partenza nessuno mi aveva detto che sarebbe stata una cattiva idea scalare in solitaria, nemmeno la mia ragazza, Alex Blümel o i miei fratelli, a cui sono molto grato. E la telefonata che ho ricevuto da Simon Anthamatten poco prima di partire è stata molto motivante e mi ha dato una spinta psicologica importante per il mio progetto. Siccome è lui che mi ha fatto conoscere l'alpinismo d'alta quota nel 2013, lo tengo in grande considerazione. È un grande.

Come valuti questa salita?
Quello che ho fatto non è niente di nuovo. Ci sono state salite in solitaria molto più difficili sulle alte montagne in passato. Lo vedo più come un passo indietro verso uno stile più puro dell'alpinismo. Ma se parliamo di tentare le vette in uno stile puro, i risultati degli alpinisti degli anni '70 e '80 sono ancora l'asticella contro il quale misurarsi!

Uno dei motivi principali per cui volevi fare questa spedizione è che volevi sapere come ci si sente ad essere in quota da soli. Allora, come ci si sente?
Molto molto bene. Sono felice di averlo sperimentato ed è sicuramente molto diverso dall'essere in un team. In particolare, il processo decisionale non è facile, non puoi discutere di cosa fare e non puoi chiedere consiglio a nessuno. Anche se non puoi scalare vie tecnicamente molto difficili, l’essere da soli aggiunge un po’ di pepe a tutto.

Quanto meglio conosci Hansjörg Auer adesso?
Prima di partire ho confessato alla mia ragazza che non so perché ho così tanto bisogno di fare queste cose. Dopo questa spedizione, purtroppo non c'è ancora risposta. E forse non ce ne sarà mai.




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