La spettacolare Une jolie fleur dans une peau de vache nel Verdon. La storia di una ripetizione di Claudio Martoglio

Il racconto di Claudio Martoglio che qualche settimana fa insieme a Federico Floris, ha ripetuto 'Une jolie fleur dans une peau de vache' nelle Gole del Verdon. Situata sulla parete del Duc, si tratta di una linea spettacolare, a torto poco conosciuta e raramente ripetuta.
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'Une jolie fleur dans une peau de vache' nel Verdon
archivio Claudio Martoglio

Se mi fermo a riflettere sulla tipologia di scalatore che credo di essere, penso che mi definirei come propositivo. Nella stragrande maggioranza dei casi sono io quello che inizia a sognare un progetto, si sbatte per cercare il socio giusto, che propone l'idea e la porta avanti. Non questa volta.

Non è passata neanche una settimana dall'ultima avventura in Verdon quando Federico, ormai socio fisso di avventure in parete, mi tira fuori la sua proposta. Dopo l'ultima scorribanda sugli splendidi muri compatti di Mingus, caratterizzati da piccole prese e piccoli appoggi, mi chiede di seguirlo su una linea che più diversa non potrebbe essere. La via in questione passa al centro della Paroi du Duc. Nessuna delle mie amate placche e nessun piede in spalmo. Al contrario grandi strapiombi, tante canne e probabilmente molte ginocchia da incastrare, la sua specialità.

L'articolo che mi manda mi lascia fin da subito elettrizzato. Il posto sembra incredibile e dalle foto appare lampante la qualità superiore della roccia. Rimango poi divertito e incuriosito dal nome della via. "Une jolie fleur dans une peau de vache". Mi viene subito da pensare che chiunque abbia scelto come nome per una via "Un bel fiore dentro la pelle di una vacca", probabilmente ha un approccio alla scalata divertente e che non si prende troppo sul serio, proprio come me e il mio amico.

L'unica perplessità riguarda le difficoltà. I tiri duri, sopra l'ottavo grado, a questo giro sono tre e non solo uno o due. Né io né Fede abbiamo mai provato una via tanto difficile, ma in ogni caso ormai siamo entrambi fregati. Ci siamo innamorati del progetto e aspettiamo solo una buona finestra di bel tempo per andare a dare un’occhiata.

L'occasione si presenta con il ponte del 2 giugno. Abbiamo 3 giorni liberi, l'idea di provare un po' seriamente il tiro più duro e sbirciare più di fretta gli altri. Le condizioni sono terribili. Fa caldo, non gira un filo d'aria e l'umidità si fa sentire, ma poco male. Non abbiamo nessun grande obiettivo se non quello di prendere le misure. Al termine di questo weekend lungo abbiamo le idee chiare. Ci servono temperature più fresche, un po' di energie in più negli avambracci e un pizzico di fortuna, ma la via è fattibile. Il tiro più duro sulla carta è abbastanza morbido e quello al centro della via si può fare. L'ultimo tiro difficile in cima invece è una grossa incognita. È lungo, duro sulle dita nella prima parte e molto fisico e di resistenza nella seconda. Senza ombra di dubbio è lo scoglio più grande da superare per una libera integrale.

L'estate passa e con lei anche le temperature folli. Appena l'autunno bussa alla porta noi ci facciamo trovare pronti. Non abbiamo molto tempo a disposizione ma siamo motivati come dei puma. La logistica prevede di partire da Torino il venerdì sera una volta staccato da lavoro, arrivare nella notte al Parking Samson, dormire poche ore e il più presto possibile essere sotto l'attacco della via. Contiamo di liberare più lunghezze possibile il primo giorno, dormire su una comoda cengia circa a metà via, concludere l'opera il giorno seguente ed essere a casa per la notte. Sorrido pensando al mio primo viaggio in Verdon e alla perplessità che avevo nell'affrontare un lungo viaggio e una grossa spesa per quattro miseri giorni. Mi ritrovo qualche anno dopo a spendere gli stessi soldi e fare le stesse ore di macchina per un weekend rosicchiato e la cosa non mi sembra per nulla strana. Oltre al livello fisico e all'esperienza sicuramente negli anni è cresciuta la mia motivazione.

La tabella di marcia procede alla grande e siamo sotto il primo tiro duro in orario con le previsioni. Dopo un giro a testa per montarlo e ripassare i movimenti siamo ai blocchi di partenza. Sta per iniziare la nostra avventura. Io sono fiducioso. Durante l'estate, in viaggio per la Spagna, sono passato da queste parti e sono riuscito a liberare questa lunghezza come monotiro. Psicologicamente sapere con certezza di essere in grado di scalarlo è un bel bonus.

Mi sento molto bene e scalo in maniera fluida. Non faccio errori e in breve, dopo numerosi incastri con entrambe le ginocchia, mi ritrovo a moschettonare la catena. Sono stanco, certo, ma benzina ce n'è ancora. La corsa può avere inizio.

È il turno di Fede che purtroppo, una volta raggiunto il suo high-point rispetto ai tentativi di qualche mese prima, si appende alla corda. Non abbiamo fretta quindi il tempo per almeno un altro tentativo ci sarebbe, ma capisco immediatamente che lui non è della stessa idea. Si sente stanco, non vuole rallentarmi e un po' a malincuore lo raggiungo. Siamo d'accordo che nel caso in cui riuscisse a liberare il resto della via torneremmo l'indomani sera a provare solo questa lunghezza.

Il tiro successivo non è particolarmente ostico, in compenso è di una bellezza rara. Una canna perfetta che man mano che sale si trasforma in numerose canne più piccole. Io mi rendo conto di scalarlo malissimo. Sono teso all'idea di cadere, rallentare il nostro ritmo e perdere energie preziose. Per fortuna entrambi ce lo togliamo velocemente.

Siamo sotto l'ultimo problema della giornata. Una volta superato il quarto tiro ci aspettano la cena e un po' di meritato riposo. Anche in questo caso dopo un primo giro di ricognizione è ora di tirare fuori gli artigli. Mi godo questa lunghezza a pieno. È favoloso! Una monocanna mai difficile ma mai banale con un passo duro, da stanco, in cima. Urlo dalla gioia quando riesco senza troppe difficoltà ad arrivare in sosta. Il mio socio dopo un'ottima partenza cade. Non è particolarmente stanco ma ha avuto qualche problema con una moschettonata. Questa volta riesco a convincerlo a fare un altro tentativo, ma purtroppo anche questo non va a buon fine e decidiamo di andare oltre. 

Arriviamo finalmente alla comoda cengia che per una notte chiameremo casa. Dopo aver riordinato il materiale e appeso un tendalino nel modo meno precario possibile, ci concediamo la nostra sfiziosissima cena. L'ultima volta ci eravamo portati la pizza in parete e ci sembrava giusto non essere da meno, quindi abbiamo portato due kebab. Nonostante il nostro giaciglio sia davvero comodo, praticamente non chiudiamo occhio per tutta la notte. C'è un vento pazzesco e il nostro tendalino ci copre dal freddo ma sbatte incessante per l'intera nottata. Ogni tanto Fede mi chiama per sapere se sono sveglio oppure no. La risposta è sempre la stessa:" Certo che sono sveglio".

Al mattino ci alziamo e facciamo un'abbondante colazione. Ci servono tutte le energie possibili per l'ultimo tiro impegnativo e già la notte non è stata delle migliori. Dopo aver montato e guardato ogni singolo dettaglio della lunghezza sono pronto. Le ginocchiere sono strette, il berretto è rimboccato sopra le orecchie e la maglia termica é ordinata dentro i pantaloni. Si parte! 

La prima metà è quella più difficile. Prese piccole da tirare forte. Con non poco stupore la supero e arrivo al riposo centrale. Mi separano dalla catena venti metri di canne in cui serve solo trascinarsi. Mi faccio largo tra un incastro e l'altro con le braccia sempre più stanche. Fede si accorge che sono esausto quando, indeciso sul prossimo movimento, sbaglio presa e per risparmiare qualche energia salto un rinvio. Grazie al suo tifo incessante e ai suoi consigli che risvegliano la mia mente annebbiata dalla ghisa, in qualche modo raggiungo la catena. Urliamo entrambi a squarciagola. L'ultimo tiro della via è facile. L'Odissea è finita.

Ho sognato questa via per mesi. Dal giorno in cui l'abbiamo provata la prima volta ho scalato più possibile su questo stile, in Verdon e in Spagna, per essere pronto quando il momento sarebbe arrivato. Ma non solo pienamente entusiasta. È la prima volta che a questa cordata insieme a Federico capita che soltanto uno dei due riesca a liberare interamente la via. Ormai ne abbiamo fatte tante, e in un modo o nell'altro siamo sempre riusciti a portare a casa il risultato entrambi. Questa volta è diverso. Vivo la soddisfazione con un po' di amaro in bocca. Eravamo entrambi consapevoli che prima o poi sarebbe successo ma speravo di poter rimandare ancora un po' il momento. Spesso ci abbiamo scherzato su, immaginando quando, a chi e su quale via. Oggi abbiamo l'amara risposta. 

Grazie Fede per avermi accompagnato fino in cima nonostante il dispiacere. Grazie per avermi regalato un'altra avventura insieme, grazie per avermi proposto questo gioiello di via e grazie più di tutto per le grasse risate e la marea di idiozie che riusciamo a sparare ogni volta insieme.

Une jolie fleur dans une peau de vache
Paroi du Duc, Verdon
300m: 6b, 8b, 7b, 8a, 5, 8a, 6b

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