'Cotechino e Pearà' alla Parete dei Lavoratori del Corno D'Aquilio in Val d'Adige

Il report di Walter Polidori sull'apertura di 'Cotechino e Pearà', una nuova via sulla Parete dei Lavoratori (toponimo proposto) del Corno D'Aquilio in Val d'Adige. La via è stata aperta insieme ad Alessandro Ceriani, Massimo Garavaglia e Said Taghipour.
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L'apertura di 'Cotechino e Pearà' alla Parete dei Lavoratori del Corno d’Aquilio: L2
archivio Walter Polidori

Voglio raccontare la storia, sempre uguale e sempre diversa, dell’apertura di una via. Si tratta di una salita breve, solo cinque lunghezze di corda, che per noi apritori ha avuto valore più di chissà quale ripetizione.

Quando la “particella della mutazione” ti entra nella testa, allora scatta una voglia irrefrenabile di esplorare nuove pareti, nuove rocce. Se ti contagia, non puoi fare a meno di pensare a vie nuove.

Negli ultimi tempi, con gli amici arrampicatori sono andato spesso in Val d’Adige a ripetere vie. La Val d’Adige è davvero bella, sempre verde, ricca di pareti che spuntano qua e là, alcune conosciute, altre senza un nome. A dispetto dell’autostrada sempre visibile, alcune zone sono davvero selvagge e difficili da raggiungere. Lo sanno bene Beppe Vidali e Sergio Coltri, grandi esploratori della valle, che con altri apritori hanno creato vere opere d’arte, alcune delle quali davvero selvagge.

Andando ad arrampicare in zona Brentino, spesso il mio sguardo è andato verso l’altro lato della valle, più selvaggio, meno conosciuto, per cercare il profilo della nostra via Oltre i Confini del Pensiero aperta alla Parete Bahador. Si sa che è veramente bello riguardare la parete che custodisce gli sforzi, le paure, la felicità che sono stati vissuti durante una apertura. Guardando in quella direzione, mi ha attirato una struttura alta e dominante sulla valle, una torre misteriosa per me, che cade dall’altopiano della Lessinia verso la Val d’Adige.

La curiosità è stata forte, tanto da spendere un giorno di ferie, con l’amico Max, per andare in ricognizione e vederla da vicino. Il sentiero iniziale lo conoscevo, si tratta della parte finale del ritorno dalla Parete Bahador, poi siamo andati “a vista”, puntando alla visibile torre. Abbandonato il sentiero, abbiamo cominciato a traversare per boschi, fino ad un pendio ripido e terroso, che ci ha portati verso la torre. Un altro canale ripido e infido ci ha fatto raggiungere la base della torre, impressionante. Purtroppo, la roccia gialla, le zone erbose, gli strapiombi enormi, ci hanno un po' abbassato le orecchie.

Abbiamo però continuato ad esplorare, seguendo una fascia rocciosa e arrivando, con nostro stupore, ad un comodo sentiero che avremmo potuto seguire dall’inizio, evitando tanti tratti scoscesi e infidi. Continuando a traversare, abbiamo trovato un pilastro molto estetico ed interessante, che abbiamo ipotizzato potesse avere uno sviluppo di un centinaio di metri, due o tre lunghezze di corda. Nonostante questo, visto il posto veramente bello, un balcone sulla Val d’Adige con alberi bellissimi, selvaggio nonostante il vicino sentiero, abbiamo deciso che saremmo tornati per provare una apertura.

Per arrivare al parcheggio, anziché prendere il sentiero basso, ormai individuato, abbiamo seguito il sentiero verso l’alto, arrivando sullo splendido altopiano sotto il Corno d’Aquilio, in Lessinia. È un posto bucolico, con rilievi ondulati, fattorie, mucche e, forse grazie alla ricognizione fatta in un giorno feriale, tanti camosci. Dopo una puntatina sulla facile vetta del Corno d’Aquilio, siamo scesi dalla via normale di questo, facendo così un bel giro ad anello.

Invece di andare alla macchina, siamo però risaliti brevemente, ripassando in prossimità di una indicazione che ci aveva incuriosito: “Caffè ale Coste”, un home restaurant molto piccolo e semplice, dove la simpatica padrona Nicoletta ci ha spiegato della propria cucina tradizionale veronese, tra cui cotechino e pearà, gnocchi, bollito, ed altro ancora. Così abbiamo deciso: saremmo venuti ad aprire la via e ci saremmo fermati da lei a mangiare, per festeggiare (forse).

Verificando un po' di foto del mio archivio, dove è visibile tutta la bastionata rocciosa sotto il Corno d’Aquilio, sono riuscito ad individuare il pilastro e realizzare che non è così breve, tanto che arriva fin quasi i boschi sommitali. Con foto intriganti e il mio solito entusiasmo, ho poi convinto, senza molto sforzo, Alessandro e Said a partecipare all’avventura, Max era già della partita. Dopo poco tempo, il 1 maggio 2025 ci siamo trovati tutti e quattro in Lessinia, per cercare di concretizzare il nostro progetto. Il nome della via era già coniato, sarebbe stato Cotechino e Pearà, per celebrare la tradizione veronese. Il nome del pilastro, invece, sarebbe stato ancora da decidere.

Il sentiero ci ha portato facilmente vicino al pilastro. Ora iniziava il bello, cioè valutare dove salire, per combinare estetica, difficoltà tecnica, proteggibilità. Il profilo del pilastro che si vede arrivando è molto bello, ma è chiaro che le difficoltà sono alte, su roccia compatta. Poco oltre, il pilastro si apre e mostra una invitante serie di muri fessurati. Saremmo saliti lì! Abbiamo ipotizzato una via di quattro – cinque lunghezze, così ho proposto che ognuno di noi aprisse almeno un tiro, sarebbe stato bello. Alessandro ha piazzato un chiodo con cordone alla base, la nostra firma.

Tutti abbiamo sperato di poter aprire in stile tradizionale, con friend e chiodi, utilizzando fix solo per le soste, e così sarebbe stato. Sono partito io ad aprire, come al solito mi piace rompere il ghiaccio. I primi metri sono un po' erbosi e delicati, così ho piantato un chiodo, poi sono arrivato ad una bella fessura-spaccatura che permette di guadagnare una cengia erbosa, che purtroppo spezza la difficoltà, arrivando alla base del salto successivo. Come da accordi, ho preparato la sosta con due fix.

Davanti a me avevo un muro molto bello, con fessure invitanti. Alessandro è partito carico, aprendo quella che sarebbe stata la lunghezza più bella. Dopo un primo tratto su lame e fessure, è arrivato alla base di una bellissima fessura larga, i cui primi metri sono molto impegnativi. Solo Said, di noi quattro, è riuscito a salire in libera questo tratto, da secondo, proponendo una difficoltà di VIII (6c).

Poi è toccato il turno di Said per aprire, sempre su muri molto belli e fessurati, così ci ha preso gusto ed è andato avanti su L3 e L4, arrivando alla base di un ultimo breve muro dall’aspetto ostico. Qui è entrato in azione Max, al suo primo tiro in apertura da capocordata. Proprio a lui è toccata la lunghezza non più difficile, ma più ostica, proteggibile a friend con molta perizia. Dopo il muretto, si sale un pendio dolce nel bosco, con sosta a prova di bomba su un grande albero.

Abbiamo aperto la via divertendoci, solo con friend, un chiodo e qualche cordone su albero, sasso incastrato o clessidra, a parte le soste a fix. Ne è uscita una bella via di stampo tradizionale, breve ma intensa, alpinistica e decisamente consigliabile, per gli amanti dell’arrampicata un po' “ruvida”.

Abbiamo piazzato il libro di via in un barattolo sotto un ometto, pronto per i ripetitori, nella speranza che questa salita possa piacere e dare soddisfazioni. Prima però abbiamo coniato il nome del pilastro: sarebbe stato Parete dei lavoratori, dato che l’apertura è stata fatta il I° maggio, giornata della Festa dei Lavoratori, abbiamo pensato di dedicare a loro la via.

Terminata la via, come al solito un grande rilassamento mi ha disteso, i sorrisi di ognuno di noi hanno fatto il resto. Abbiamo passato una grande giornata a fare qualcosa di inutile, ma tanto importante per noi. La discesa si è rivelata facile, con un traverso nel bosco fino a reperire il sentiero, che ci ha riportati al parcheggio a brindare. E poi? Naturalmente abbiamo festeggiato al ristorante di Nicoletta, godendo degli ottimi gnocchi fatti in casa e del vino veronese. La prossima volta ci toccherà provare cotechino e pearà!

"Quando arrivi in cima continua a salire…"

- Walter Polidori, Rescaldina

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