Delirio Giallo, nuova via sul Sasso delle Dieci in Dolomiti

Walter Polidori racconta l'apertura di Delirio Giallo, una nuova via d'arrampicata sul Sasso delle Dieci (Gruppo delle Cunturines) in Dolomiti. Aperta in vari tentativi con diversi compagni, la via è la prima salita assoluta della parete NO della Torre Cestün, dedicata a Richard Prosser.
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Torre Prosser, Sasso delle Dieci, Gruppo delle Cunturines, Dolomiti
Walter Polidori, Tommaso Lamantia

Una via importante, per non dimenticare un sorriso contagioso, il sorriso di un ragazzo che ti faceva sentire bene, ma che nascondeva una inquietudine che io non avevo riconosciuto.

Ho arrampicato solo una volta con Richard Prosser, l’ho conosciuto poco, ma ho apprezzato il suo modo di fare scanzonato e giocoso. Così, quando Richard ci ha lasciato, ho pensato di dedicare a lui il nome di quella temibile e bellissima torre che volevo tentare di salire.

L’ho vista così tante volte, e altrettante volte ho ripiegato su obiettivi che temevo meno. Ma quel mare di onde pietrificate sopra cui sporge enorme e strapiombante una prua di pietra, beh nei miei pensieri è sempre stato presente.

Si tratta di una torre ben visibile dai sentieri, anche molto battuti, ma la vicinanza del prestigioso Sasso della Croce probabilmente ha fatto si di renderla poco interessante… misteri degli alpinisti. E poi la parte più difficile è palesemente gialla, con tutte le incognite legate alla qualità della roccia.

Così nel 2014 con due amici (Mattia Guzzetti e Filippo Forti) vado convinto ma spaventato verso quel monumento della natura, così insignificante visto da lontano, perso nella grande parete del Sasso delle Dieci, ma così prepotentemente bello e sempre più repulsivo man mano che ci si avvicina.

La prima parte della via si svolge su buona roccia grigia, ricca di appigli, una sorta di zoccolo che sorregge la parte superiore strapiombante. Segue poi una lunghezza su roccia friabile (il Camino arancione) e si arriva ai "gialli". La direttiva della via sta nella parte laterale sinistra degli strapiombi. Una logica e temibile spaccatura incide tutta la volta strapiombante e porta ad una parte superiore meno aggettante. I gialli iniziano con un bellissimo diedro con una fessurina da friend e tettini da aggirare, nella più genuina tradizione dolomitica. Si arriva così alla porzione di parete decisamente più strapiombante, enorme.

In un primo tentativo abbiamo traversato tutta una fessura orizzontale per arrivare alla grande spaccatura, ma questa fessura è veramente molto friabile. In seguito il percorso seguito è stato più diretto per una paretina gialla. La spaccatura che segue, una via di mezzo tra un camino ed un grande fessura, da seguire a "esse", è molto impegnativa. Qualche chiodo iniziale e poi si prosegue con friend di tutte le misure, fino al mitico 6. L’arrampicata è un misto tra la libera difficile e l’artificiale su friends, a volte precari. Non sembra possibile passare di lì, eppure siamo passati. Mattia è stato un grande qui.

Incredibile il contrasto tra il mondo solare degli alpeggi perfetti che sta alle spalle, e l’ambiente affascinante ma opprimente di questa parete. Un contrasto che riflette anche il mio essere, sempre in lotta tra l’avventura e la vita facile, ma prevale sempre l’avventura.

Il successivo tiro non è meno difficile, tanto che alla prima visita della parete non lo abbiamo salito, ci siamo accontentati del risultato raggiunto e abbiamo attrezzato una serie di calate dirette che portano nel canale che affianca la torre. La prima doppia è tanto bella quanto impressionante: quasi 60m nel vuoto, per toccare roccia solo al suo termine.

Così più avanti torniamo in due (io e Mattia) a fare visita alla parete; i tiri conosciuti non risultano molto più facili. Tocca a me forzare il nuovo tiro alla base del quale ci eravamo fermati. Si tratta di una fessura strapiombante che va in obliquo verso sinistra. La roccia non è delle migliori, ma con qualche chiodo precario riesco a procedere con le staffe e poi con un po’ meno di difficoltà ad avanzare fino ad arrivare a delle belle placche nere.

Sono in pace con me stesso, qui la roccia è poco chiodabile ma posso piantare a mano un paio di fix per organizzare la sosta e il bivacco, visto che l’oscurità precoce di ottobre sta arrivando. Invece mi prende di colpo il panico, non trovo il perforatore manuale e capisco di averlo perso nella lotta che ho sostenuto nella fessura. Il mondo mi cade addosso. Senza perforatore di emergenza non ce la sentiamo di procedere su questa via, sarebbe imprudente. L’andamento obliquo non permette di tornare in doppia e eventuali doppie di emergenza da attrezzare potrebbero richiedere l’uso di fix.

Così, imprecando contro la mia scarsa attenzione, cerco di attrezzare una sosta a chiodi. Passano quasi trenta minuti, cercando si sfruttare lo sfruttabile, e alla fine pianto malamente tre chiodi e li unisco per una doppia, che risulterà molto impegnativa, tanto è strapiombante e obliqua. E’ buio, e questo mi aiuta a non vedere il vuoto sotto di me. Un valligiano su una forestale chiama per sapere se va tutto bene… ha visto pendolare la luce della mia frontale e chissà cosa ha pensato. "Tutto bene!", ma la via è saltata, ormai bisognerà aspettare il prossimo anno. Certo che un progetto del genere non ti lascia pace. E’ entrato prepotentemente a far parte dei miei desideri più forti, ma anche delle mie paure più profonde e nascoste.

Il 2015 mi vede tentare di proseguire l’opera, prima con Tommy (Tommaso Lamantia) e poi con Tommy e il Camuno (Ivan Moscardi) ma mi rendo conto che non sono abbastanza forte, o forse incosciente, per ripassare alcuni tiri con assenza di protezioni. Così piantiamo qualche fix, giusto per non farci troppo male in caso di caduta nella zona dei gialli. Anche l’ultimo tiro affrontato l’anno prima ci vede aggiungere dei fix, dopo una mia caduta per due chiodi usciti. Insomma, ancora una volta orecchie basse. Poi la stanchezza, il freddo e la paura prendono il sopravvento e di nuovo scendiamo. Una grande scuola di vita la montagna.

E’ così che passa un altro anno. Ripeto tante vie, ne apro due in Valle di Gressoney, ma i miei pensieri cadono sempre sulla Torre Prosser. Siamo di nuovo in tre, il numero perfetto per aprire una via: io, Mattia e Tommy. E’ luglio, abbiamo un sacco di ore di luce e siamo motivati. Bivacchiamo nei prati sotto la parete, un paradiso tutto per noi, non ci sono escursionisti a vista d’occhio. Così alle prime luci del mattino stiamo già arrampicando, forti della conoscenza dei tiri, ma consci delle difficoltà che ci attendono.

Arriviamo alla solita sosta dove ci siamo calati più volte. Il tiro della fessura obliqua è mio; sono anche l’unico che lo ha già fatto, arrivando alla sosta superiore. Con i fix nei primi metri salgo più sereno, vista la difficoltà di mettere chiodi decenti. Il tiro parte subito molto strapiombante, ma pian piano procedo, salendo spesso in artificiale su friend, di cui un buon numero precari.

Arrivo di nuovo al muro nero, so che qui la roccia è molto salda e procedo per diversi metri senza possibilità di proteggermi, ma mi sento tranquillo. Una grande pace mi pervade. Sistemo subito la sosta, rendendola più sicura. Questo si dimostrerà il tiro chiave della via. Ora è la volta di Mattia, che va in esplorazione sul tiro successivo. Terreno ignoto ora, non è più strapiombante ma si rivela comunque d’impegno, soprattutto per la parte iniziale gialla con roccia delicata. Già, questa roccia…partendo da secondo con Tommy un sasso mi cade proprio sulla bocca, rompendomi dei denti. Proprio ora che ero alle stelle. Una forte tristezza e soprattutto una grande rabbia mi abbattono, ma bisogna continuare.

Segue un altro tiro impegnativo che però ci fa evitare gli strapiombi e siamo fuori dalle difficoltà! Ora c’è una facile crestina che ci porta sulla cima, piatta e enorme, un grande balcone sulla Val Badia. Sopra di noi, molto più in alto, la cima del Sasso delle Dieci. Troviamo un ometto sulla cima, probabilmente di qualcuno salito dal canale laterale o dalla via presente sulla spalla; quello che importa è che la via diretta alla Torre l’abbiamo inventata noi, su una parete vergine.

E’ presto, tutto il materiale da bivacco alla fine non è servito; meglio così. Ci prendiamo tutto il tempo per gustare questo posto da favola, che poche persone hanno calcato. Nonostante il problema ai denti non posso non gustarmi questa vittoria e condividerla con i miei compagni di cordata.

Siamo stati grandi, un progetto del genere non è comune. Se ci penso non riesco nemmeno a capire come possa aver concepito di salire dove siamo passati. La passione che supera la ragione.
Ora bisogna inventarsi la discesa. Lasciamo perdere il canale detritico, che non conosciamo e potrebbe opporci dei problemi di orientamento. Così decidiamo di attrezzare una serie di calate lineari sulla spalla di destra, che ci portano alla base con 6 doppie.

Ci allontaniamo dalla torre, ma continuo a voltarmi a guardare questo miracolo pietrificato. Una torre che per noi ha il valore delle paure e delle emozioni vissute per scalarla. Una salita inutile, per questo così bella, lontani dalla folla, soli con la montagna. Una torre come tante altre, ma per noi la più bella. Grazie a tutti i soci con cui ho vissuto le esperienze sulla Torre Prosser; non so se riuscirò ad aprire qualcosa di più impegnativo ed estetico di Delirio Giallo. Ciao Richard. Quando arrivi in cima continua a salire…

di Walter Polidori

NB: la Torre Prosser è chiamata dai ladini "Cestün".

Un po’ di storia del Sasso delle Dieci (3026m)
In tutto il gruppo le vie più famose sono quelle sul Sasso della Croce, che costituisce il naturale prolungamento a sud delle due montagne prese in considerazione. Su questa montagna invece, le poche vie presenti sono sconosciute. La cronologia delle ascensioni è stata la seguente:
-Cresta SO, A. Posselt Czorich, F. Gerstacker con le guide A. Plonere e J. Miribung, 1887, è l’attuale via normale, con qualche passo di II grado, attrezzata anche con cavi;
-Cresta NE, H. Attenzamer con la guida J. Kastlunger, 1904, in discesa. E’ la cresta che prosegue verso il Sasso delle Nove e scende dall’intaglio con questo, verso sud;
-Parete SE, J. Fezzi, F. Zimmeter, 1909. Si tratta di una breve salita di IV grado sul versante Lavarella;
-Parete NO, J. Silbermann, Landsteiner, R. Schiettold con la guida I. Kostner, poco prima del 1913. Attacca molto a destra rispetto alla verticale della vetta, verso il Monte Cavallo, e sale cercando i punti deboli nella grande parete, a zig-zag per cenge e canali. Difficoltà II grado;
-Parete E e Spigolo N, guide F. Mazzetta e M. dall’Oglio, 1952, attacca circa 100m a destra della verticale della vetta, per fessure, pareti e caminetti, zone ghiaiose e infine per spigolone. Difficoltà massima IV grado. Questa è probabilmente la prima salita dove gli alpinisti sono passati nei pressi della cima della Torre Prosser;
-Pilastro di Spescia, parete NO, via Sogno Infinito, W. Polidori e S. Rossin, 2012, la mia prima via in apertura, su una bella struttura con una sua cima;
-Spalla di dx della Torre Prosser, via Per Franco, N. Tondini, P. Lovati, 2013, sale la parete di dx della Torre, parallelamente al percorso del 1952;
-Torre Prosser, parete NO, via Delirio Giallo, W. Polidori, M. Guzzetti, T. Lamantia (Filippo Forti e Ivan Moscardi in altri due tentativi), 2016. La prima salita diretta della torre, per la sua parete più bella.


SCHEDA: Delirio Giallo, Sasso delle Dieci, Dolomiti




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