Uragano Dorato al Bus del Quai, D15 in DTS per Matteo Rivadossi

L’8 marzo Matteo Rivadossi è riuscito a ripetere in DTS (Dry Tooling Style) Uragano Dorato, la via da lui stesso tracciata al Bus del Quai e liberata nel 2019 da Filip Babicz. Con uno sviluppo in strapiombo di quasi 50 metri, è una delle vie di total dry tooling più difficili non solo d’Italia.
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Matteo Rivadossi sullo sparone di L2 di Uragano Dorato al Bus del Quai
Simone Monecchi

Quando a dicembre 2018 ultimai la chiodatura di Uragano Dorato ero sfinito. Intere giornate anche in auto-sicura a trapanare sdraiato sotto quei soffitti, un’opera omnia anche di bricolage, viste le molte prese scavate cercando dei movimenti perfetti.
La sensazione vivida era di aver creato un mostro orrendo: dall’imbocco della grotta erano quasi 50 metri di vuoto fino sul punto più alto della prua, ben 32 rinvii fissi che avrebbero obbligato un supereroe di Marvel ad un paio di cambi corda per metterne insieme i suoi cento movimenti!

Un viaggio delirante attraverso tre vie di caratteristiche diverse, già difficili se prese singolarmente, figuriamoci d’un fiato! Una prova di ultra resistenza costellata di movimenti lunghi, piedi sfuggenti, compressioni e lanci aleatori. Una linea pazzesca, infinita solo da guardare: forse avevo davvero esagerato… Ma a parte la schiena spezzata, ero entusiasta di poter lasciare un regalo ai giovani, rasserenato dal fatto che io non ci avrei mai avuto a che fare…

A domare quella bestia a gennaio 2019 arrivò l’alieno Filip Babicz, fuoriclasse italo-polacco dalla Val d’Aosta in missione al grottone di Iseo. Dopo un paio di giorni di collaudo sistemando in maniera maniacale alcune prese fino a notte alla luce dei suoi fari, lo fermò solo una pesante influenza. Tanto che la prima libera fu rimandata al mese successivo.

Un giro impressionante come la sua forza. O la sua memoria, che aveva pianificato ogni movimento fin dal primo giorno! L’amico Filip, pur di bassa statura, aveva scalato con piccozze Cassin standard, veloce come un furetto: in 28 minuti di lanci e sospensioni arrivò lassù lasciandoci senza parole.

La seconda ripetizione seguì qualche mese più tardi, a maggio 2019, per mano di un altro grande atleta: Gabriele Lele Bagnoli al suo terzo giro sulla via: un vero ginnasta per quasi un’ora di spietato esercizio su Krukonogi da gara! Inesorabile e potente. Per noi locals ed amatori invece le tre parti di Uragano Dorato nella stagione 2019-20 sono state allenamento puro, un ottimo banco di prova per testare lame ed impugnature speciali per le nostre X-Dream propiziandoci qualche progresso: se lo sparone della terza parte (D10) è presto addomesticato, la boulderosa L1 ( D13/+), ma soprattutto la seconda molto tecnica (attorno al D14-), restano delle chimere. Soprattutto per le mie sfighe, spalle ed gomito da cortisone, schiena da ozono…

In questa ultima bizzarra stagione 2020-21, caratterizzata da limitazioni e conseguente scoramento, il Quai è più che mai scelta obbligata. E le velleità, per chi le ha assieme alla birra, guarda caso sono tutte per Uragano. Il più allenato fra noi è quel toro di Marco Verzeletti che con vigore chiude più volte le singole parti già nella prima parte di stagione. Poi senza fretta il 2 marzo concatena il tutto per la terza solida ripetizione.

Nel frattempo il sottoscritto, beneficiando di 3 mesi di esercizi posturali per schiena e spalle, risolto un bello strappetto al pettorale, scopre di essere anch’esso sorprendentemente molto vicino. Tanto da chiudere la via l’8 marzo, solo 6 giorni più tardi.
Per me un sogno inaspettato, visto che solo un mese prima non avevo ancora chiuso nemmeno le prime due parti distinte, pur padroneggiandole abbastanza bene.

Poi tra i primi di febbraio e di marzo la svolta: in sole 4 settimane ho chiuso bene la 2° parte, poi la 1°, poi 2° e 3°, infine 1° e quasi la 2°. Eppure senza nessun allenamento a secco e nemmeno più le sedute con il fisioterapista. Che siano stati i tre chili persi, 81 kg al posto dei soliti 84, pur avendo la Leffe rossa alla spina in casa? Boh, misteri del metabolismo e dell’esaurimento. Ma finalmente ho la prova di averla a tiro. Ed il giro buono è addirittura il primo fatto partendo con due corde! Lunedì 8 marzo, un pomeriggio qualunque: mi assicura il solito Simone Monecchi. Parto rilassato senza pubblico, come fosse un tiro d’allenamento qualsiasi.

La prima parte mi riesce velocissima, cacciandoci due riposi tattici; sulla seconda con più calma mi trovo a gestire un’ansia da prestazione che sale piano, temendo per un attimo sull’ultimo sparone centrato solo al secondo tentativo. Sbaglio pure mano sul rovescio psyco d’uscita ma ce l’ho! Poi finalmente mi ritrovo al riposo fuori dalle difficoltà, dove incastro la caviglia destra fino a perdere la sensibilità. A tal punto che, quando parto per la terza aerea parte, devo addirittura sghisare la gamba! Ma in quei 3-4 minuti sono tornato quasi nuovo e nel vuoto della prua non sbaglio nessun movimento, nemmeno sull’ostica e subdola uscita che risolvo con il giusto margine addirittura in maniera diversa dal solito!

È fatta, è fatta davvero, mi ripeto in catena, quasi incredulo dopo solo 25 infiniti minuti! Un urlo mio, un bestemmione di Simone laggiù e ormai anche Uragano Dorato è nei ricordi. Probabilmente entrato in essi prima che diventasse un cantiere e al tempo stesso un’ossessione. Sapevo di esserci vicino ma ci potevano pur stare alcuni giri a vuoto tra sfighe varie o qualche acciacco. Invece no, anche la clessidrina di 1 cm a metà di L2 ha tenuto!

Ora posso raccontare di aver chiuso un D15 solo perché l’avevo sotto casa, perché avevo le piche da gara, di aver vinto una scommessa con me stesso. Ma non c’è spazio per esultare tra i casini di tutti i giorni. A 51 anni mi sono semplicemente regalato la via più difficile che ho chiodato inventando il Quai: ora guardando il lago da quelle quinte non posso e non voglio chiedere altro.

di Matteo Rivadossi

Matteo ringrazia: Camp - Cassin, Montura, Kayland, Elbec, Dr. Kelios Bonetti




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