Monte Robon e Never, la nuova via di Emiliano Zorzi nelle Alpe Giulie

Il racconto di Emiliano Zorzi che, tra l’agosto e il settembre del 2019, ha aperto Never surrender + Never again (360m 7b/A0; obbl. 6b) alla parete ovest del Monte Robon nelle Alpi Giulie. Tranne per due tiri, la via a spit è stata aperta in solitaria.
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La parete ovest del Monte Robon nel gruppo del Canin nelle Alpe Giulie con il tracciato di Never surrender + Never again (Emiliano Zorzi 08-09/2019)
Emiliano Zorzi

Pur avendo per anni, studiato, immaginato e un po’ accarezzato l’idea di poter realizzare una linea di scalata accessibile, per difficoltà e impegno “di testa”, su quella sorta di santuario degli dei (dell’arrampicata intendo…) che è la parete del Robon, alla fine pensavo che mai (“never”– da qui la presenza di questo avverbio nel nome di questa via divisa in due atti, con intervallo nel mezzo) avrei potuto realizzarla. Alle volte pensando che le difficoltà sarebbero state non consone al personaggio e che in qualche modo ne sarebbe uscito un percorso non consono a quell’Olimpo calcato solo da degli dei “intoccabili” (vari dei quali ho la fortuna di conoscere personalmente: persone tutt’alto “intoccabili” o intrattabili, ben inteso. Fisicamente “intoccabili” per il sottoscritto sono le prese delle loro vie!).

Quello che mi aveva sempre stuzzicato, nel corso della stesura della guida sulle Giulie, dei sopralluoghi fotografici sul Robon e della raccolta delle informazioni su questi percorsi “top”, era il fatto che per quanto compatto ed impressionante sia questo muro di calcare giulio, le vie presenti si snodano nei settori evidentemente più splendidi e repulsivi e terminano nel punto in cui le difficoltà “mollano” pur se la parete continua ancora. Vie frutto di prestazioni tecniche e di “testa” fuori dal comune. Vie su cui è richiesta la prestazione top ed una buona dose di coraggio anche al ripetitore.

Proprio per questo motivo, una tortuosa ma logica linea immaginaria si dipana, senza essere stata considerata, proprio in mezzo ai due settori (“basso” e “alto” o Pilastro Marisa) e con la possibilità di scalare le rocce del Robon dalla base alla cima. Tutto questo, comunque, era rimasto per anni nel cassetto delle intenzioni, finché, a ferragosto, durante una giornata di “pascolo” arrampicatorio senza pretese, il nostro accademico preferito ha ri-vangato (non so se per qualche motivo telepatico) l’idea di poter tracciare sul Robon una via “abbordabile” e dalla spittatura sicura e rassicurante anche per i cuori pavidi. Presto nasce l’accordo per andare dopo pochi giorni a vedere…

Come spesso succede, un simpatico “pacco” di uno dei due contraenti l’accordo, fa sì che il giorno stabilito rimanga sprovvisto del compagno di merende. Per non gettare una giornata di bel tempo decido di andare a fare un giretto da solo, in compagnia del trapano… non si sa mai.

A fine giornata, un tiro e mezzo nascono. Da anni non scalavo da solo e mai mi sarei pensato di ingegnarmi ad aprire da solo… men che meno su una parete “importante” come questa. Ma complice il bel tempo, la ri-scoperta del fascino di essere da solo appeso alle rocce ed una combinazione di fattori vari che ti rendono godibile il trascorrere il tempo concentrato su e con te stesso e per di più in un luogo “rocciosamente“incredibile” come il Robon, sulla strada del ritorno decido che in fondo andare avanti da solo è quello che voglio, anche se sicuramente prima o dopo dovrò gettare la spugna (di qui il surrender del nome della via), dato che non sono propriamente imparentato (scalatoriamente parlando) con gli altri dei dell’Olimpo che qui hanno lasciato i loro segni. Ma in fondo le pretese, i progetti, i sistemi sono ben diversi da quelli che hanno fatto nascere La bellezza, L’amore, Il mio cuore e Liberi di scegliere (nomi dolci ed evocativi per delle “epiche” legnate). Il resto si vedrà strada facendo.

E così si prosegue, a tratti “alla bersagliera”, in altri in artificiali poco ortodossi o in altri un po’ “aghiaccianti” (anche considerando le “perplessità” che sempre mi attanagliano quando veramente vedo concreta la possibilità di affidarmi a delle auto-sicure che devono auto-tenerti…) o a volte su “classici” chiodi & friends .

Per il quarto tiro, che prevedo con un lungo traverso (non difficile peraltro) che porta in centro alla parete, comunque mi dà un appoggio Gianluca, data la mia non intenzione di finire poco gloriosamente come Hinterstoisser e la sua traversata. Va bene “Never surrender” ma intitolare la via alla memoria “No way back”….

Dopo 9 tiri finalmente sono all’amena e sorprendente terrazza bucolica con larice, erba e grotta gocciolante sotto la parte alta, la parete del Pilastro Marisa, da dove inizia finalmente un nuovo capitolo: Never again.

Trovata la strada sullo zoccolo che porta all’inizio di Rigoletto e Il mio cuore, finalmente posso ri-cominciare da li. Gian mi dà di nuovo una mano sul tiro sopra la grotta, che si può salire in stile classico (con classica sicura fatta da un compagno) ed attrezziamo una veloce pista di corde doppie per il rientro.

Poi avanti again fino sotto il tetto finale e l’ultima breve fessura sulla quale è evidente l’impossibilità di un qualche tipo di scalata non artificiale… ma in fondo se c’è la “bolt ladder” alla fine di vie mitiche come Il Nose… non saranno 5 metri sulle staffe a impedire di arrivare dalla base alla cima delle rocce.

Tutto questo il lato “raccontabile” di Never…

L’esperienza umana di 10 giornate trascorse da solo sulle rocce non si può vedere, dato che bisognerebbe solo viverla. Le parole pronunciate quando una scarpetta ti vola direttamente dal penultimo tiro fino al sentiero senza toccare niente in 300 metri, quando per ore lotti per liberare dall’erba qualche ostica fessura o quando ti si brucia la punta del trapano e quella di ricambio ce l’hai 50 metri più sotto non si possono dire in quanto la lettura di questo scritto può avvenire in fascia protetta.

SCHEDA: Never surrender + Never again, Monte Robon

Info: rampegoni.wordpress.com e quartogrado.com




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