Selvaggio Blu e la bellezza

Selvaggio Blu il libro di Mario Verin - Giulia Castelli (Edizioni Enrico Spanu) che attraversa i colori, la natura e l'immensa e selvaggia bellezza del territorio tra Pedra Longa a Cala Sisine nel Supramonte (Sardegna). La recensione di Francesca Colesanti
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La copertina di "Selvaggio Blu - il libro" di Mario Verin e Giulia Castelli
archivio Mario Verin e Giulia Castelli
Un difetto c’è: manca l’indice. Per il resto è un tripudio di colori, emozioni, natura, gioia, semplicità. Selvaggio Blu è un libro così inebriante che soddisfa da solo il desiderio di immergersi in quel mare di acqua, roccia, ginepri e odori. Una tattica perversa o un anelito inconscio degli autori, che per salvare quel tratto di costa tentano di appagare il pubblico con la sola lettura? Potrebbe essere, poiché la genuinità e la rudezza (taluni la chiamano wilderness) di quei luoghi è tale da imporre, a tutti, un passo indietro.

Selvaggio Blu narra la “vera storia” della scoperta di un percorso (definirlo sentiero sarebbe un’eresia) che da Pedra Longa arriva fino a Cala Sisine, sulla costa orientale sarda; un’avventura raccontata da uno dei protagonisti, Mario Verin, che lo ha ideato e aperto tra l’87 e l’88 assieme a Peppino Calò.

Il viaggio si suddivide in quattro tappe che vengono via via svelate nel morbido racconto di Giulia Castelli, interrotto da altrettante “zoomate” sui pastori del Supramonte, sull’architettura degli ovili, sulle corti di Baunei, sulla geologia del sentiero. Un libro fotografico e una guida insieme, amalgamati in una veste grafica eccellente, che ha un pregio fondamentale, direi unico: dopo l’ubriacatura delle fotografie di Mario Verin - fotografo talmente noto soprattutto al pubblico alpinista e naturalista da costituire di per sé una garanzia - al fruitore accade un fatto insolito: viene voglia di leggere i testi, che sono una calibrata e sorniona via di mezzo tra semplici didascalie e lunghi articoli.

E così, dopo l’impulso di tuffarsi nell’acqua cristallina di un fiordo, si apprende che quel luogo si chiama Portu Pedrusu, “porto di pietra” ma anche Porru ‘e campu, per la presenza di piante di porro selvatico nella zona. Oppure, dopo essere passati sotto gli occhi gialli e inquietanti di una capra, si scoprono le caratteristiche dei barraccu, gli ovili dei pastori, sapientemente costruiti con pietre e ginepri. E ancora, dopo il brivido dell’affaccio dalla falesia di Su Irove e’ sisiera, si annusa il profumo delle bacche di mirto, poi si assapora il pistoccu, il pane locale, o il caglio di latte di capra.

Alla fine, dopo aver ammirato una romantica peonia selvatica al fianco di uno squadrone di maschi ciclamini, essere incappati in due amorevoli porceddu infangati, aver inciampato nelle intricate radici di un enorme leccio, aver estratto la gamba dalle fauci di una pedra nascenda , aver scorto fra i cespugli un biacco e alzato gli occhi verso il battito d’ali di un falco della regina, si entra nella Grotta del Fico e si china il capo sotto l’arco monumentale che collega Bacu S’Orruargiu a Bacu Addas.

Per chi non è già sfinito o non ancora appagato dalla sola visione di questo paradiso dalle mille sfaccettature, ecco la Scheda tecnica e la Mappa del percorso, raccomandato solo a persone “con una consolidata esperienza alpinistica o per escursionisti accompagnati da una guida alpina o da una guida locale”.

Con sincera gratitudine, una domanda agli autori: “Ma Giulia possiede solo quel foulard arancione?”

Recensione di Francesca Colesanti

La prima presentazione di Selvaggio Blu con gli autori sarà Sabato 8 giugno alle ore 18.30 presso il Centro di Documentazione in via Orientale Sarda a Baunei (NU, Sardegna)
info: http://www.marioverin.it



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Il Libro di Selvaggio Blu
La storia del percorso Selvaggio Blu raccontata da uno dei protagonisti, l'alpinista e fotografo Mario Verin, che lo ha ideato e aperto tra il 1987 e il 1988 insieme all'amico Peppino Cicalò.
Ediz. italiana, inglese
di Mario Verin - Giulia Castelli



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