Lo studio della neve del progetto OPTICE, l'intervista al nivologo Claudio Artoni

OPTICE (Optical Properties of Snow and Ice) è un progetto italiano di ricerca ambientale multidisciplinare che prevede sia attività in laboratorio, presso l’Università di Milano Bicocca, che attività svolte direttamente sul campo in ambiente alpino. Il progetto è basato sull’analisi di carote di neve e ghiaccio estratte da siti sulle Alpi o nelle isole Svalbard, e si focalizza principalmente sullo studio dei campioni, con l’obiettivo di comprendere le proprietà di neve e ghiaccio in relazione alla loro possibile instabilità, ma anche come conseguenza dei cambiamenti climatici.
OPTICE si occupa, inoltre, anche di informare e sensibilizzare sui temi del rispetto per l’ambiente alpino e dell’impatto negativo che può avere il cambiamento climatico su di esso. Ecco cosa ci ha raccontato Claudio Artoni, uno degli scienziati che si occupano del progetto.
Claudio, domanda a bruciapelo: la neve è cambiata rispetto al passato? Se sì, come?
Sì, la neve è cambiata molto rispetto a qualche anno fa: se prima le valanghe di neve umida o di fondo si vedevano solo in primavera, ora non è raro trovarle in dicembre e gennaio. Manti nevosi più sottili, ma con un gradiente termico maggiore, abbondanti nevicate dopo prolungati periodi di siccità, terreno non gelato che rimane caldo anche durante l’inverno inoltrato: sono tutti fattori che influenzano la neve e che sono legati alla trasformazione delle nostre montagne.
Ci racconti allora qualcosa di OPTICE? Quali sono i principali obiettivi del progetto?
È un progetto multidisciplinare che vuole studiare il manto nevoso ed i ghiacciai per meglio comprendere come i cambiamenti climatici li stanno modificando. In particolare, si concentra sullo studio delle particelle (minerali e non) contenute all’interno della neve e del ghiaccio. Un altro obiettivo è comunicare l'importanza degli studi multidisciplinari per la comprensione dei sistemi climatici e delle loro interazioni con le attività umane, soprattutto in montagna e nelle regioni polari.
Per studiare il manto nevoso dovete fare dei campionamenti della neve. Quali sono le diverse fasi?
Tutto parte dall’Università Milano – Bicocca più precisamente nell’EuroCold Lab. Qui vengono definiti i punti di campionamento sulle Alpi, vengono preparate le spedizioni che annualmente ci portano in Artico e si monitora la stagione invernale in tempo reale. Una volta raggiunto il punto stabilito per il campionamento si scava un profilo stratigrafico completo con l’analisi degli strati secondo il modello 3 di AINEVA.
Poi vengono presi i campioni inserendo delle provette sterili dal tappo arancione lungo tutto il profilo alla distanza di 5 o 10 cm oppure utilizzando un carotiere: un cilindro di alluminio di 50 cm di lunghezza e 6 di larghezza che viene calato all’interno della neve fino a raggiungere il terreno.
Una volta terminato il campionamento bisogna correre verso Milano: è fondamentale che i campioni arrivino ancora congelati in laboratorio e che la catena del freddo venga sempre rispettata. Arrivati in EuroCold Lab un team di ricercatori con background che vanno dalle scienze ambientali alla fisica analizzerà i campioni con la strumentazione più all’avanguardia per lo studio delle particelle.
Che informazioni si possono ottenere dall’analisi di campioni di neve? Ci sono dei risultati particolarmente interessanti?
La neve è un po’ una spugna che intrappola al suo interno tante informazioni. Possiamo trovare minerali e microfossili provenienti dalla sabbia del deserto del Sahara che ci raccontano i movimenti dell’atmosfera e dei venti. Oppure possiamo trovare l’impatto dell’uomo in regioni lontanissime come le Isole Svalbard dove abbiamo isolato tracce di microplastiche e black carbon.
La neve ci racconta anche quello che è avvenuto durante la stagione invernale: analizzando i vari strati possiamo risalire alla storia delle nevicate e delle sue trasformazioni provocate da temperatura, vento e umidità. È un mondo estremamente affascinante e che è sempre pronto a stupire.
Che impatto ha il cambiamento climatico sulla composizione della neve?
La neve è molto sensibile ai cambiamenti che avvengono: un innalzamento di temperatura provoca una fusione accelerata, la percolazione di acqua all’interno del manto nevoso o episodi di pioggia sulla neve (ROS). Una nevicata molto abbondante in pochi giorni può sollecitare il manto nevoso già presente e provocare diverse valanghe. Inoltre, l’innalzamento della temperatura media provoca un innalzamento della quota neve e con un manto nevoso sempre più assente al di sotto dei 2000m.
Le proprietà ottiche del particolato atmosferico influenzano il ghiaccio e la neve? Come?
I grani minerali possono trasformare la criosfera in due modi: quando sono in superficie di neve e ghiaccio diminuiscono l’albedo, ossia la capacità di riflettere la radiazione solare e provocano una fusione accelerata. Quando invece vengono inglobati in successive nevicate e trasportati all’interno del manto nevoso, conservano la loro caratteristica di “riscaldatori” e provocano la trasformazione dei grani di neve attraverso un gradiente termico.
In particolare, lo strato arancione-brunastro spesso diventa una crosta da fusione e rigelo al di sopra o al di sotto della quale si genera un metamorfismo costruttivo chiamato così in quanto il gradiente termico ed il vapore acqueo provocano la formazione di cristalli sfaccettati angolosi. Il mix di superficie dura e cristalli che assomigliano al sale grosso da cucina è uno dei livelli deboli per eccellenza ed è uno dei punti più probabili dai quali si originerà una valanga.
Domanda forse impossibile: quanto tempo abbiamo ancora per agire, prima che la neve e il ghiaccio sulle Alpi spariscano?
Poco: le stime ci dicono che, continuando con le emissioni odierne, entro il 2100 non avremo più ghiacciai sul versante italiano delle Alpi se non una piccolissima calotta arroccata sul Monte Bianco. La neve continuerà a cadere, ma lo farà a quote sempre più alte: la quota delle nevicate si è alzata in media di 300 metri negli ultimi anni, dove prima c’erano skilift con bambini intenti a governare per le prime volte gli sci, ora ci sono solo sparse macchie bianche sul terreno marrone.
Avremo nevicate sempre più “estreme” e lungi periodi di siccità e probabilmente l’inizio della stagione sciistica potrebbe slittare anche di parecchie settimane. Avremo neve diversa, valanghe diverse e forse anche sciatori diversi, in un susseguirsi di cambiamenti che ci chiedono di adattarci e di essere sempre curiosi per rimanere aggiornati.
Oltre alla ricerca, fate anche campagne di sensibilizzazione. Ci sono degli accorgimenti che noi potremmo adottare per diminuire l’impatto climatico sulla neve? Quali sono?
Sicuramente limitare gli spostamenti per andare a sciare e riscoprire le montagne vicino casa potrebbero essere buone idee. Inoltre, diventa sempre più importante adottare un mindset di responsabilità ambientale: non lasciare traccia del nostro passaggio e rispettare la flora e la fauna.
Inoltre, come la neve sta cambiando, anche noi dovremmo adattarci a questo cambiamento: scegliere l’itinerario in base all’effettivo innevamento, avere più consapevolezza dei meccanismi e delle trasformazioni che avvengono nel manto nevoso e scoprire che una passeggiata a bassa quota certe volte può dare più soddisfazione di una sciata ad alta quota con neve instabile.
Per maggiori informazioni: www.optice.org
AKU è partner di OPTICE