Runout per colazione: arrampicare a Labské Údolí, nella Repubblica Ceca

Maria Almudena Claassen e Piero Ronzani presentono Labské Údolí, anche conosciuta come Labák, nella Repubblica Ceca. Un gioiello di arrampicata sulle pareti di arenaria nascosto lungo il fiume Elba dove 'tradizione e modernità convivono in armonia'.
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Labské Údoli (Labák), Repubblica Ceca: un arrampicatore locale impegnato su 'Žaludeční likér' settore Monolit
Maria Almudena Claassen, Piero Ronzani

Uno degli aspetti positivi della nostra vita da ricercatori e appassionati arrampicatori è che ad ogni trasferimento lavorativo é come se venissimo catapultati. Ci troviamo immersi in nuovi paesaggi, nuovi tipi di roccia sotto le dita, costretti ad abbandonare le poche certezze acquisite e ad affrontare terreni a noi alieni. Questa dinamica ci ha portati, nel tempo, a riflettere sul fatto che le zone d’arrampicata diventano spesso schiave dei loro stereotipi, che li semplificano e non sempre ne catturano a pieno la ricchezza. La Scozia, famosa per la sua epica arrampicata trad, nasconde ottime falesie sportive e una comunità che non le disdegna. Similmente, le zone di arenaria della Sassonia e della Boemia, pur rimanendo sinonimo di arrampicata trad audace e senza compromessi, nascondono dell’altro. In Repubblica Ceca, appena oltre il confine con la Germania, la zona di Labské Údolí (o Labák) sfida silenziosamente le aspettative.

Arrivando a Labák, sulla sponda del fiume Elba (Labe in ceco), non sapevamo bene a cosa andavamo incontro e abbiamo scoperto qualcosa che ha messo in discussione i nostri preconcetti. Questo gioiello nascosto lungo il fiume è un luogo in cui tradizione e modernità convivono in armonia. Qui, pilastri di arenaria si innalzano su entrambe le rive del fiume, collegati da una piccola chiatta che fa la spola, e custodiscono una storia stratificata quanto la roccia stessa. Gli arrampicatori cechi hanno ereditato dalla Sassonia un’etica d’arrampicata rigida, che tra le altre cose, vietava l’uso di magnesite, protezioni metalliche e la chiodatura dall’alto. Le vie potevano essere protette con fettucce e cordini annodati e con anelli metallici piantati a mano e distanziati almeno cinque metri tra loro. Eppure, a metà degli anni ’90, l’arrampicata sportiva si è gradualmente diffusa, affiancandosi ai vecchi capisaldi della scuola classica. Una regola che sopravvive tenacemente ancora oggi è la chiodatura dal basso, una tradizione che, a nostro avviso, preserva il carattere delle vie, regalando sensazioni solitamente più facili da provare in vie alpine di più tiri che in monotiri sportivi.

L'arrampicata a Labák si sviluppa con due anime distinte, separate dal fiume. Sulla riva destra (lato Belvedere) prevale la tradizione: vie lunghe e avventurose fino a 70-80 metri, protezioni scarse e divieto di magnesite per preservare l'aspetto della roccia. Qui, i lunghi runout richiedono massima concentrazione, e l'arrampicata sembra un tuffo in un'altra epoca. Sulla riva sinistra, invece, si trovano spesso vie a carattere quasi sportivo, con una chiodatura leggermente più generosa che in generale non richiede l'uso di protezioni aggiuntive.

Il canyon disegna una forma a T, con pareti frastagliate, torri eleganti, altopiani, terrazze e fasce rocciose che danno vita a sagome surreali. La qualità dell'arenaria è una rivelazione: solida, con una texture più abrasiva rispetto a Fontainebleau, disegna spigoli svasi, tacche taglienti e stondature che richiedono piena fiducia nei piedi. Le vie spaziano da placche tecniche a strapiombi di resistenza, ma premiano sempre la tecnica sulla forza. L’aderenza è eccezionale.

Un dettaglio curioso riguarda i gradi di difficoltà. Nel dopoguerra, per diversi anni la comunità arrampicatoria tedesca e quella ceca si sono evolute in parallelo, rimanendo isolate l’una dall’altra. Mentre la Germania in quegli anni decise di estendere con nuovi gradi la scala per rispecchiare le nuove difficolta’ raggiunte, la Repubblica Ceca mantenne il limite massimo a VII (pressapoco 7 UIAA), lasciando così vie sempre più impegnative sotto la stessa classificazione, il che deve aver creato qualche grattacapo ai visitatori d’oltre confine.

La guida aggiornata, in uscita nel corso del 2025 in due volumi, uno per ogni sponda del fiume, armonizza questi gradi, include traduzioni parziali in inglese e fornisce utili indicazioni sulla pericolosità e qualità delle vie. Secondo la nostra esperienza, è più facile trovare vie relativamente sicure nelle difficoltà medio-alte, dal 7b in su, dove gli anelli o i resinati sono spesso più frequenti per proteggere i passaggi duri. La scelta di king line negli ottavi è impressionante.

Arrampicata a parte, Labák esercita un fascino tutto suo. Non è la maestosità delle Alpi, ma qualcosa di più intimo – un canyon avvolto dal muschio, dove i ruscelli freddi invitano a immergersi dopo la fatica, e la nebbia si posa sul grande fiume all'alba. Nei weekend, lungo la riva nei pressi del paesino di Dolní Žleb, si allineano i furgoni, mentre le serate si animano all'U Kosti – bar e ritrovo d’arrampicatori, raggiungibile da una strada ciottolata – dove la birra è economica e la cucina è generosa. Arrivando da Berlino, una città con oltre 15 palestre d’arrampicata dove gli appassionati sbiadiscono nell'anonimato, qui la comunità arrampicatoria ci è sembrata viva e pulsante. La vicina cittadina di Děčín conserva un’eleganza decadente d’epoca asburgica, con i suoi pastelli scrostati che raccontano di un tempo che scorre lento. Qui tradizione e trasformazione non si scontrano, si stratificano come l’arenaria.

Chi amerà questo posto? Gli amanti dell’obbligatorio é d’obbligo, chi non disdegna studiare una guida come una mappa del tesoro, e chi apprezza un luogo dove ogni tiro può trasformarsi in una piccola avventura. Da outsider incappati per caso nella magia di Labák, sentiamo il dovere di condividerla con il mondo dell’arrampicata. La sua fama per vie trad audaci non è sbagliata – i locali la abbracciano con fierezza – ma è incompleta. Abbiamo scoperto vie di stampo moderno sorprendenti, nascoste in piena vista.

Quindi, se decidete di visitare Labák, fatelo con il massimo rispetto per l'ambiente e la comunità locale. Studiate ogni itinerario da terra, valutate la protezione prima di lanciarvi, e lasciatevi catturare dal ritmo silenzioso del canyon. E se trascorrerete del tempo qui, potreste ritrovarvi anche voi a fare runout per colazione, calmando il respiro, il mondo ridotto all'essenziale, mentre la foresta sussurra il suo concerto sommesso intorno a voi.

- Maria Almudena Claassen & Piero Ronzani, Berlino




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