Quattro vie nuove sulla Torre del 50° in Val d’Ossola, in onore della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Guido della Torre
Cinquanta anni di vita, un traguardo notevole per la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Guido della Torre. Si tratta di una Scuola intersezionale, che fa capo alle sezioni di Busto Arsizio, Castellanza, Legnano (sezione capofila), Parabiago e Saronno.
Tra le varie iniziative per celebrare questa importante ricorrenza, da parte mia ho proposto l’apertura di una nuova via da dedicare alla Scuola. La mia idea era quella di aprire in Dolomiti, dove ho qualche progetto da diverso tempo. La vita riserva però, spesso, delle sorprese.
Un po' di tempo fa, mentre si chiacchierava con amici fantasticando sull’aperura di nuove vie, uno di loro, Francesco, ha mostrato alcune foto di una bella torre che non avevo mai visto. Mi sono fatto mandare le foto e le ho ingrandite sul PC. Certo, si tratta di una struttura non molto alta, ma dalle linee accattivanti. Diedri, lame, placche, concentrate in quel piccolo campionario di roccia simile al granito. Si trova in Val d’Ossola, sopra San Domenico, in zona Alpe Ciamporino.
Ho un archivio di foto di montagne e pareti in una cartella che ho denominato “Nuove vie”, che consulto molto frequentemente. Mi piace tantissimo ipotizzare itinerari di salita e trovare informazioni sul web e cartine per capire come arrivare alle pareti. Le foto di Francesco sono finite in quell’archivio, le ho viste e riviste più volte, con la voglia di andare a toccare con mano quella roccia.
Ho condiviso l’obiettivo all’interno del nostro gruppo New Rocks, un gruppo attivo e in crescita (*) e finalmente, il 21 giugno 2025, è arrivato il momento di organizzare la “spedizione esplorativa”. Francesco, Max ed io abbiamo deciso di dedicare due giorni a questa nuova zona. Il sabato, con meteo più incerto, siamo saliti dal paese, con gli zaini pesanti di chiodi, fix e cordoni, fino ad arrivare alla parete, così da lasciarli nascosti per utilizzarli il giorno dopo.
Il cammino è semplice, ma ci vogliono comunque quasi due ore, su pendenza continua, per arrivare. Man mano che ci avvicinavamo alla parete, le immagini che avevo in testa si stavano materializzando. La torre è veramente bella, isolata da altre pareti e montagne, un piccolo gioiellino che da lontano si perde nella grande valle, ma diventa sempre più importante man mano che ci si avvicina. Dopo aver pensato a dove salire il giorno dopo, come scendere dalla parete, aver esplorato altre pareti che probabilmente ci vedranno tornare alla loro base appena possibile, siamo tornati al paese, evitando la pioggia che inevitabilmente era prevista.
Il giorno dopo siamo risaliti alla nostra torre. La prima cosa che ho fatto è stata piantare un chiodo all’attacco della via disegnata nella testa. È esaltante farlo, è come mettere una firma, scrivere in qualche modo che questo percorso sarebbe stato nostro. Max ha iniziato le danze, facendo un tiro su roccette ed erba che permette di raggiungere la parete vera e propria. Con me, alla base, Francesco. Lo conosco da qualche anno, un ragazzo molto umile e tranquillo, che sta coltivando la passione per la montagna. Non è sempre facile interpretare i suoi pensieri, ma in questa situazione dal suo sguardo traspariva orgoglio per la sua parte nell’avventura e la voglia di imparare ed essere elemento attivo in questa nuova attività. Fra poco entrerà nella Scuola di Alpinismo Guido della Torre, mi fa molto piacere.
Poco più sopra si sentivano le martellate squillanti di Max, che stava piantando un bel chiodo di passaggio, seguite poco dopo da altre martellate e dal rumore del trapano, per la preparazione della prima sosta. Arrivati in sosta, dopo aver salito quella sorta di zoccolo, abbiamo avuto modo di vedere da vicino l’inizio vero e proprio della parete, che ora si verticalizzava, con diedri molto belli. La linea di salita l’avevamo scelta guardando la parete molto più in basso: in prossimità del vago spigolo di sinistra si trovano una serie di diedri molto estetici che, in maniera quasi continua, arrivano alla sommità.
Salendo, abbiamo avuto modo di saggiare la bella roccia rugosa, infastidita qua e là da qualche ciuffo d’erba. Certo, ci sono alcune lame e scaglie che “suonano” male, occorre fare attenzione a quello che si tira, ma la progressione è bella, fisica, nel più puro stile granitico. Belle fessure permettono di assicurarsi quasi sempre, lasciando il posto a qualche passo un po' pepato.
In particolare, uno spigoletto da doppiare per uscire da un diedro ed entrare in un altro, presenta un passo difficile, dove Max è riuscito a passare dopo qualche tentativo. Poi sono partito io, salendo diedri e placche lavorate, fino ad un ultimo muro che porta sulla sommità, erbosa e con alberi. Abbiamo finito la via senza usare fix lungo i tiri, ma solo alle soste, sui tiri qualche raro chiodo e friend, per ottenere una via trad davvero bella.
Nessun alpinista in giro, solo pochi escursionisti, vista la funivia ancora chiusa. In cima abbiamo condiviso una grande soddisfazione, accentuata dalla presenza di Francesco, alla sua prima apertura. Ormai anche lui è entrato a far parte del nostro gruppo New Rocks.
Come al solito, con me avevo un barattolo e il quadernetto di via da lasciare con le nostre firme e i nostri commenti. La torre, senza nome, l’abbiamo denominata Torre del 50°, per celebrare il cinquantesimo anno dalla fondazione della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Guido della Torre. Rimaneva da dare il nome alla via aperta. Tra le varie idee, Penna Bianca ci è piaciuto particolarmente, in memoria di Vittorio Bedogni, uno dei fondatori storici della nostra Scuola, istruttore, direttore e presidente della stessa per moltissimi anni, nonché membro di spicco nel Centro Studi Materiali e Tecniche del CAI. Penna bianca era un suo soprannome, dovuto alla folta capigliatura bianca.
La Torre, anche se piccola, riserva diverse possibili linee di salita, all’apparenza tutte interessanti. Dopo l’apertura abbiamo quindi deciso di lasciare chiodi e fix alla sua base, in attesa di essere utilizzati per nuove aperture. Le Dolomiti avrebbero aspettato. E così sono nate altre vie.
A distanza di poco tempo, Francesco, Max ed io siamo tornati per aprire in una zona di placche fessurate che arriva sotto al muro finale, a sinistra della via precedente. Anche in questo caso la salita ci ha riservato alcune lunghezze davvero belle, con un ultimo tiro da antologia, su roccia rossastra simile ad un granito di alta qualità.
La salita è stata fatta usando solamente friend e qualche chiodo per proteggerci, con fix solo alle soste. Il nome della via lo avevamo già in tasca: sarebbe stato Elvio, in memoria di Elvio Boreatti, un altro personaggio di spicco nella Scuola, uno dei suoi fondatori e il direttore del suo primo corso ufficiale di alpinismo. A questo punto è stata chiara la volontà di dedicare non solo la Torre, ma anche tutte le vie che sarebbero state aperte su di essa, alla Scuola Guido della Torre e ai suoi istruttori.
Poco tempo dopo è nata così la via Max Marazza, dedicata alla memoria di Massimo Marazzini, un istruttore che ha dato tantissimo alla scuola e con una passione incredibile per la montagna. Questa volta la linea scelta ci ha visti salire sulla parete esposta a sud-est, meno compatta ed un po' più disturbata dalla vegetazione, ma sempre interessante. L’obiettivo è stato quello di raggiungere un bel diedro sotto la cima, visibile solo mentre si scende dalla Torre.
In questo caso la linea è stata meno diretta, in modo da evitare una grande zona di prati ripidi. Usando solo friend e chiodi per proteggerci, e fix alle soste, siamo arrivati al diedro finale, breve ma intenso, che ci ha visti progredire in parte in arrampicata artificiale per superare un tratto strapiombante. Per la terza volta la vetta era stata raggiunta, Claudio, Max ed io ne eravamo gli apritori. Rimaneva la parte centrale della parete sud da salire, quella più diretta e compatta.
Tornati dalle vacanze, un po' più rilassati, Alessandro si è unito a Max e me per andare a tentare questa (forse) ultima linea. È stata la prima volta per Ale alla Torre del 50°, mi ha fatto particolarmente piacere che ci fosse e, vista la sua determinazione, io e Max lo abbiamo invitato ad iniziare le danze.
Come previsto, l’arrampicata in questa zona di parete si è dimostrata subito più ostica e verticale, anche se decisamente bella. Non sempre i friend possono essere usati, ma le fessurine sono adatte ai chiodi. Anche io ho avuto modo di salire un bel diedro mettendo buoni chiodi, e Max ha avuto l’onore di chiudere la via, arrivando in cima. Fino ad ora, la Via degli Istruttori è la più dura aperta sulla Torre, molto alpinistica, abbastanza severa.
L’idea iniziale era quella di mettere dei fix nei tratti più impegnativi e non proteggibili a friend, ma Ale è salito convinto ed ha evitato di usare il trapano, salvo che per le solite soste. Così anche questa via è nata a chiodi e friend, ed ora mi fa molto piacere che le quattro vie aperte abbiano come denominatore comune la tradizione alpinistica.
In seguito, Max si è dato un gran da fare per pulire un po' le vie, rendendole più appetibili e sicure, ma senza alterare lo spirito di avventura. Sono particolarmente orgoglioso del risultato, in primis perché alle aperture, in diverse giornate, hanno partecipato quasi tutti i componenti del nostro gruppo New Rocks, e poi perché, nonostante la brevità delle sue vie, secondo me la Torre del 50° è un piccolo gioiello di arrampicata tradizionale.
Mi piace pensare che, in qualche modo, questa Torre ricorderà la cinquantesima ricorrenza della nostra Scuola, e la provata esperienza sul campo dei suoi alpinisti. Ora non rimane che pensare ad altri obiettivi.
"Quando arrivi in cima continua a salire…"
- Walter Polidori, Rescaldina
(*) gruppo che ha come principale obiettivo l’apertura di nuove vie, con l’intento di trasmettere questa passione e l’esperienza accumulata. Questo gruppo punta all’alpinismo più creativo, quello dell’individuazione di nuove pareti, nuovi itinerari, in poche parole all’esplorazione.
Attualmente i componenti del gruppo sono: Claudio “Boldo” Boldorini, Alessandro Ceriani, Pietro “Cerio” Ceriani, Max Garavaglia (attuale Direttore della Scuola), Walter “Pres” Polidori, Said Taghipour e Francesco Turri.









































