Nicolas Favresse e l'arrampicata sostenibile

Nicolas Favresse invita tutti a riflettere sull’impatto umano che la nostra attività verticale ha sulla natura, e lancia un'appello per l'arrampicata sostenibile.
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Dry tooling ad Arco
Nicolas Favresse
Nicolas Favresse, fortissimo climber che di recente si è trasferito dal Belgio ad Arco per essere più vicino alla roccia, invita tutti a riflettere sull’impatto umano che la nostra attività verticale ha sulla natura. In particolare, il 28enne belga esamina l’impatto del dry tooling sulla la roccia, le conseguenze e le possibili strade percorribili.

Mentre è chiaro che uno degli aspetti più belli dell’arrampicata outdoor è proprio il fatto di essere un gioco “senza regole” e senza arbitri, è ormai altrettanto chiaro che la natura non è una risorsa infinita, e che Madre Terra ha bisogno anche del nostro aiuto. Secondo Nicolas il rispetto per l’ambiente dovrebbe prendere il primo posto nella coscienza dei climber, superando qualsiasi altra motivazione e gratificazione personale. La lettera naturalmente è aperta, e l’appello lanciato a tutti.


Un pensiero da condividere
di Nicolas Favresse

L'altro giorno cercavo nuove falesie e vie naturali da chiodare che potessero testare i miei limiti. Ecco ciò che ho trovato: una falesia bellissima, probabilmente la più bella in questa zona, con un grande potenziale per nuove vie difficili; purtroppo però ho scoperto che la parete è completamente sfregiata con buchi creati per le picche e graffi lasciati dai ramponi. Ci sono segni su tutto il muro. Ci sono rimasto male, specialmente considerando che ci sono così tante falesie nella zona con roccia marcia e che non si prestano per l'arrampicata sportiva…

Mentre il dry tooling è una tecnica che consente di arrampicare in montagna ad un livello completamente diverso, sembra che stia diventando sempre di più una disciplina a sé stante. Questo potrebbe essere il risultato di un’evoluzione naturale, visto l'impatto del riscaldamento della terra. Infatti, anno dopo anno, la stagione del ghiaccio sembra accorciarsi sempre più, mentre le pareti che un tempo erano coperte dal ghiaccio ora mostrano sempre più la roccia viva. Il gioco, per me, è lì, e oggi giorno gli attrezzi ci permettono di fare chissà che cosa. E’ divertente!

Molti arrampicatori che ammiro sono attivi, lavorano con ambientalisti ed altri per proteggere le nostre falesie da un eccessivo impatto dell’uomo. Questo impatto sembra corrispondere ad uno spettro ampio, dall'uso della magnesite al lasciare segni sulla via, dall’utilizzo di scarpe d'arrampicata alla chiodatura fino all’uso dei crasphad alla base del boulder... dunque se vogliamo che non ci sia nessun impatto dovremmo smettere completamente di arrampicare.

Ma le attività come il dry tooling, che lasciano un segno irreversibile sulla roccia, sembrano cadere al lato estremo di questo spettro. Anche se per fortuna non ci sono regole che controllano le nostre attività d'arrampicata, ciascuno di noi dovrebbe giocare questo nostro gioco con intelligenza e maturità. Se perdiamo un momento per pensare al di fuori di noi stessi e la nostra gratificazione momentanea, probabilmente saremmo capaci a trovare un posto appropriato per ogni attività senza togliere nulla al futuro. Per esempio, perché non fare il dry tooling in un posto che può sostenerne l'impatto, come una cava o una zona dove la roccia non si adatta all'arrampicata sportiva?

Il mio scopo non è di dimostrare quello che è giusto o sbagliato. E' semplicemente cercare di far aprire i nostri occhi a quello che sta succedendo fuori e di stimolarci a pensare, per ridurre il nostro impatto a tutti i livelli e condividere le nostre idee con gli amici.

Buona arrampicata
Nico

Note:
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