Traversata dei Lyskamm Est-Ovest

La traversata dei due Lyskamm da Est ad Ovest. Tra paesaggi, piani, incertezze, valutazioni, collaborazioni. Un tentativo di lista ingredienti che solo miscelati assieme possono fare una buona pietanza per una grande traversata classica dell'alpinismo sul Monte Rosa.
Chi non ha testa ha gambe mi dicevano da ragazzino vedendomi andare avanti e indietro a recuperar robe, sempre scordando pezzi. Chi non ha testa ha gambe. Ed ero anche quasi convinto che l'una potesse farsi carico di mancanze delle altre o viceversa. Adesso che sono qui, però, vorrei avere testa E gambe. Meglio sarebbe PIÙ testa e PIÙ gambe. Gambe senza fatica, stabili. Testa solida, serena, pronta a gestire equilibrio e stanchezza, pronta a guardare avanti.

Le previsioni per oggi son sempre state buone, ma ieri pomeriggio, arrivati al Gnifetti, sembrava proprio fossero sbagliate. Sull’intero massiccio erano impigliate nuvole e vento, nevicava e diverse voci volevano che la traccia sui Lyskamm fosse stata ricoperta. Tra noi cominciamo a ripeterci che saremmo andati fino al colle del Lys, avremmo dato un’occhiata alle condizioni e poi, eventualmente, saremmo andati alla Zumstein, e ce lo ripetiamo così tante volte che diventa quasi vero.

Dopo cena disturbo un paio di guide che si intrattenevano tra loro con discorsi da guida e ci facciamo raccontare bene la salita e la traversata. Loro sono ottimisti, dicono che le condizioni sono buone e la finestra di bel tempo ampia a sufficienza. Ci spiegano che la parte più complicata non è tra le due vette (come pensavo) ma si trova probabilmente nel tratto orizzontale della cresta che sale all’orientale: dopo la prima ripida rampa, sotto la parete rivolta ad est che porta in vetta.

E così siamo partiti un'ora prima che venisse servita la colazione, per prenderci un po' di tempo. Siamo saliti fino al colle del Lys per dare l'occhiata e abbiamo trovato tutto come ce l'aspettavamo: una giornata splendida e limpida, un vento freddo che arrivava da punta Dufour e nessuna traccia che saliva al Lyskamm. Davanti a noi il primo risalto della cima orientale coperto di neve liscia e intonsa. L'esitazione c'è. Le cornici ci sono. Il freddo c'è. La traccia no, quella non c'è.

Ci sono però le parole ottimistiche delle guide e allora decidiamo di cominciare a salire e valutare un po' questo pendio. La neve è compatta. Il manto è solido e non sembra traditore. Alcuni passi entrano nella montagna a formare uno scalino, altri si fermano alle prime punte dei ramponi facendo lavorare i polpacci. Ci alterniamo un paio di volte in testa alla cordata mentre il dubbio se proseguire o ripiegare si fa sempre più frequente.

Stiamo procedendo piuttosto lentamente e dover tracciare per tutta la traversata non ci agevolerebbe. Decidiamo di salire il primo pendio e rimandare la decisione dopo aver visto quello che ci è stato indicato come il tratto più impegnativo. Ed eccomi qui, proprio su quel tratto sottile e affilato, quattro o cinque lievi risalti con le cornici a volte rivolte a destra a volte a sinistra. Eccomi qui a pensare che vorrei avere PIÙ testa e PIÙ gambe. E magari, già che ci siamo, anche più fiato.

L'indecisione resta. Se passiamo questo tratto diventa complicato anche tornare indietro. La neve e le condizioni della cresta sono buone e il freddo è calato. L'indecisione si porta via un'altra decina di minuti. Avanziamo lentamente. Un tratto in lieve discesa lo copriamo a cavalcioni della cresta. Mentre ci perdiamo in ragionamenti ed equilibrismi sulla vetta compare una cordata da due e poco dopo un'altra da tre. Molto probabilmente hanno fatto la traversata, pensiamo, e a giudicare dall'orario l'han trovata anche piuttosto agevole, pensiamo: iniezione di fiducia.

Superiamo quei brevi risaliti spostandoci di volta in volta sul lato opposto alla cornice e sotto la ripida parete che porta in vetta incrociamo le altre cordate, non sono italiani e il mio francese è vago: -Vus avè traversè -Oui -Condision de la traversè? -Supèr. Super ci sembra un ottima valutazione e partiamo con le gambe, la testa e il fiato di prima ma con molta più convinzione. Raggiungiamo rapidamente la vetta orientale. Cielo limpido, vista spettacolare su Nordend e Dufour, dall'altro lato si vede al cresta tracciata fino al prossimo, lontanissimo, Lyskamm.

Si perdono immediatamente un centinaio di metri di quota su un pendio ampio e facile che ci concede di vedere la famosa “nord-del-lyskamm”. Forse vuol essere scesa, sciata: neve soffice e coesa su fondo duro, non sembra presentare tratti ghiacciati: è meravigliosa. Certo che scendere di lì significa trovarla in queste condizioni ma significa anche arrivare quassù, sci in spalla, e avere ancora le gambe in grado di curvare per 900 (novecento!) metri e la testa ben lucida, pronta a decidere dove e come farle queste curve. Ma non è il momento, smettiamo di guardare la nord, di fotografarla, valutarla e sognarla e riprendiamo la nostra cresta.

La progressione è in effetti piuttosto agevole, la cresta si fa più aerea ed affilata e avvicinandosi alla vetta occidentale propone anche due brevi risalti rocciosi, la traccia è solida e si lascia percorrere bene. In poco più di un’ora siamo sulla seconda vetta con un sacco di soddisfazione e di fiatone. C'è la Nordend, il Cervino, la massicciata della Dufour, la lama del Dent d'Herens, il Vallese, l'Oberland, i Breithorn e tutte le cime del rosa. Da lontano ci controllano anche il Bianco e il Gran Paradiso.

La discesa verso ovest è più semplice e lineare del suo corrispettivo orientale. Il tratto che si rischia di trovar ghiacciato è bello pieno di neve e scendiamo comodamente usando gli scalini scavati dal francese, quello del supèr. Da lì con qualche saliscendi si raggiunge il colle del Felik dove s'incontra l'imponente traccia che scende dal Castore e ci conduce al rifugio Sella. La discesa verso al Betta Forca è resa rapida da questo luglio che ci permette di correre e scivolare per lingue di neve fin quasi al colle.

Salire sulla seggiovia è un gran sollievo per me, le mie gambe e il mio fiato. La testa realizza che è finita, l’abbiamo fatta, abbiamo traversato e si rilassa facendo salire il livello di soddisfazione. Sorridente stringo ancora la mano al mio compagno mentre l’impianto ci fa sorvolare diverse, grassocce marmotte. E dopo un secondo impianto Staffal ci concede ancora un momento d’alpinismo: sotto un cappellino e un paio di sci neri riconosco la testa e poi il fiato e poi le gambe di Giulia Monego le sorrido: Dove andate? Scherza: Andiamo a sciare, han detto che c’è della neve lassù.
È in ottime condizioni le rispondo.

Mattia Salvi



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