Reinhold Messner e l'arte del grande alpinismo

Il significato dell'arte nell'arrampicata e l'alpinismo, secondo Reinhold Messner. Di Edoardo Falletta.
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Reinhold Messner, Nanga Parbat
archivio Reinhold Messner
Le opere d’arte sono sempre il frutto dell’essere stati in pericolo, dell’essersi spinti in un’esperienza fino al limite estremo oltre il quale nessuno può andare.
(Rainer Maria Rilke)

Certe montagne, per la meraviglia estatica che spontaneamente suscitano in chi le guarda per la prima volta nella luce del mattino, sono diventate dei simboli. Bianchi cristalli solitari che, trafitti dai raggi del sole, risplendono magnifici sotto l’immensa distesa di cobalto ricurva sul globo. Certi uomini, sul riflesso glorioso delle vette che hanno salito e per il modo creativo con il quale sono riusciti a farlo, sono anch’essi diventati dei punti di riferimento per generazioni di alpinisti. Alcuni di loro poi, riescono a sentirsi a loro agio con la penna in mano o davanti alle telecamere di luminosi studi televisivi nella stessa sicura maniera con la quale controllano sapientemente la paura e gestiscono le propri emozioni in situazioni dove abbandonarsi alla disperazione sarebbe più facile che continuare a salire.

Reinhold Messner, al pari di pochissimi altri, è l’emblematica sintesi di questi alpinisti che, alle grandi salite hanno saputo alternare un’intensa attività mediatica e divulgativa. Al primo libro scritto nel 1971 sono seguiti i musei che, come le prestigiose collezioni custodite nelle gallerie d’Europa, conservano preziose reliquie di un’epoca lontana che forse non esiste più. "L’obiettivo è quello di condensare le esperienze di chi ha fatto proprio il confronto tra l'uomo e la montagna. Al centro dei musei non vi sono infatti imprese sportive o primati bensì i grandi personaggi dell’alpinismo che hanno osato agire prescindendo dal chiedersi il perché".

Se è vero che l’arte permea e circonda più aspetti di una stessa attività, anche l’alpinismo, se vissuto seguendo alcune importanti regole, può essere considerato una forma d’arte. La sola cosa che conta è il gesto puro del movimento veloce, sicuro ed elegante. La ricerca continua ed incessante della linea nitida e perfetta deve essere la prerogativa di chi vuol fare di se un’artista della verticalità. Più materiale viene usato meno artistico è il gesto; alla pari del grande pittore che anche con la tavolozza priva di vivaci colori è in grado di disegnare uno splendido fiore, così l’alpinista deve essere in grado di lasciarsi alle spalle le facili scorciatoie che la moderna tecnologia può garantire.

"Le reliquie che conservo nei miei musei sono la dimostrazione che gli uomini non sono mai stati perfetti nei loro gesti artistici verso la montagna. Paul Preuss scrisse che l’impiego del mezzo artificiale non deve assurgere a fondamento della propria scalata ma dev’essere un rimedio di emergenza, perché l’uso della staffa o del gancio dimostrerebbe l’intenzione di voler oltrepassare i propri limiti. Io conservo da più di cinquant’anni il martello di Preuss. Il fatto che il teorico di un alpinismo pulito e quindi artistico usasse chiodi e martello è una contraddizione enorme ma, anziché sminuirne la portata io credo che siano proprio queste incoerenze che rendono davvero umana una persona. Mostrando gli oggetti del passato cerco di raccontare l’alpinismo dandogli una dimensione più sincera e non eroica".

L’aspetto eroico è un retaggio che proviene da molto lontano anche se certi periodi storici, caratterizzati da ideologie dominanti, hanno accentuato questa portata sfruttandone le peculiarità per propagandare le proprie idee con maggiore incisività.

"Sono stato uno dei primi a dire chiaramente che il relitto delle ideologie totalitarie degli anni venti e trenta del secolo scorso fanno ombra sull'alpinismo. Con l'eroismo io non ho mai avuto troppi contatti. Walter Bonatti è l’esempio positivo di alpinismo umano. Ma lui era così idealisticamente fedele alle proprie regole che pur avendo sempre tacciato con dissenso l’eroismo è diventato a sua volta un mito ".

Nei luoghi dove la violenza del vento è così forte da strappare turbinanti frammenti di luce alle stelle, si valicano le porte di un mondo arcaico entrando liberamente in una zona piena di rischi. " L'arte del grande alpinismo è non morire in questi luoghi e non sarebbe un'arte se la morte non fosse una possibilità".

Edoardo ringrazia Mauro Marcolin e Wild Climb per il supporto

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