Pilone Centrale del Frêney: ripercorrendo la storia dell’alpinismo sul Monte Bianco

Il racconto di Tommaso Lamantia che insieme a Mirco Grasso, Francesco Rigon e Michele Zanotti ha ripetuto il Pilone Centrale del Frêney sul Monte Bianco, una delle vie più belle e significative delle Alpi.
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Pilone Centrale del Frêney, Monte Bianco: alba dopo i bivacchi Eccles
archivio Tommaso Lamantia / Mirco Grasso

I primi messaggi con Mirco Grasso ad inizio settimana scorsa sono molto diretti e decisi: "Nei prossimi giorni ci sarà alta pressione in quota, andiamo a scalare qualcosa di bello? Io sono in parola con un amico e pensavamo di andare sul Monte Bianco."

Entrambi siamo sulla stessa linea e già pensiamo al Pilone centrale del Freney. Mirco e Francesco Rigon però preferiscono non andare in tre, per cui per me comincia la ricerca del compagno adatto alle fatiche del viaggio che si prospetta.

Non sono molte le persone a cui chiedere per una salita del genere, ma subito dopo mi risponde Michele Zanotti dicendomi di avergli cambiato la giornata con la richiesta e confermandoci di esserci.

Durante la settimana ci scriviamo e sentiamo più volte confrontandoci con le varie notizie che avevamo sul meteo e sulle condizioni sia del ghiacciaio sia del Pilone stesso. Le notizie in nostro possesso non sono tutte ottimiste, infatti ci arrivano commenti che descrivono la via non in condizioni e molto sporca di neve ancora dall’inverno. Non ci perdiamo d’animo però e intanto organizziamo la logistica e con fare molto punk decidiamo di sbatterci il muso di persona!

Ci troviamo il venerdì pomeriggio a Courmayeur al piazzale della funivia Skyway dove lasciamo una macchina, e con l’altra saliamo in Val Veny dove comincia il nostro viaggio.

Dopo una cena abbondante al rifugio Monzino cominciamo a scrutare verso l’alto per cercare di capire la situazione. Non si vede molto ma la vista della parte alta del Pilone stesso ci ricarica le idee. Ci mettiamo nei letti e trascorriamo giusto qualche ora prima che la sveglia suoni all’una di notte, e dopo colazione e ultimi preparativi alle due ci incamminiamo verso il ghiacciaio e i bivacchi Eccles. Il rigelo è buono e in meno tempo del previsto, dopo aver zigzagato tra i vari crepacci, siamo all’interno del bivacco nuovo a farci un the e mangiare qualcosa.

L’idea è di andare fino al Colle Eccles e prima di calarci nel ghiacciaio del Freney, il punto di difficile ritorno, valutare bene se proseguire verso il Pilone Centrale oppure optare per il piano B. Giunti al colle però la voglia di salire uno dei pilastri più belli del Monte Bianco e la motivazione ci fa trovare in poco alla base del Pilone, con ormai un'unica via di uscita.

Siamo tutti e quattro molto tranquilli e ci stiamo muovendo con fluidità visto che abbiamo tutto quello che ci serve per affrontare un bivacco in parete, cosi, trovato il punto migliore per attraversare la crepacciata terminale, ci fiondiamo verso l’attacco della via. Le informazioni sulla via non sono eccessive e dettagliate, ma seguendo il proprio fiuto alpinistico saliamo bene tutta la prima parte. Questa in realtà si dimostra non proprio in ottime condizioni e ci costringe a fare qualche cambio di assetto (scarpette/scarponi), oppure ad affondare i piedi con le scarpette direttamente su neve o ghiaccio.

Dopo parecchie ore dalla nostra partenza della notte arriviamo finalmente alla parte più dura e verticale di tutta la salita, sotto alla Chandelle. Decidiamo di fermarci a sciogliere la neve e mangiare qualcosa e, visto che comunque sono le 5 di pomeriggio e il sole è già sparito nel versante opposto, decidiamo di bivaccare. Trovato gli unici centimetri disponibili ci prepariamo i nostri bivacchi: Mirco e Francesco in cima al pilastro all’attacco del tiro di artificiale, mentre io e Michele ripuliamo dalla neve la cengia dove Walter Bonatti e compagni vissero la tragedia del 1961 durante il drammatico tentativo.

Il bivacco anche se scomodo e molto aereo non può che essere una delle esperienze più intense vissute e tutto il freddo patito durante la notte viene subito dimenticato al sorgere del sole. Da quel punto siamo i primi in tutta Europa a vedere e prendere i raggi del sole. Alba magnifica a quasi 4500 metri!

Con calma ci prepariamo e cominciamo a scalare la sezione dura della via e in qualche ora siamo in cima al Pilone, soddisfatti e felici di esserci goduti ogni singolo metro, ma consapevoli che adesso dopo una breve calata ci aspettano ancora qualche tiro di misto non banale, la parte finale della cresta del Brouillard che porta in vetta al Monte Bianco e poi la discesa.

Il caldo e la stanchezza accumulata durante i due giorni di scalata non ci fanno essere velocissimi e, visto i tempi dopo le foto di rito in vetta, andiamo diretti al rifugio Tête Rousse, consapevoli che ormai dovremo scendere a piedi fino a Chamonix. Per festeggiare beviamo la birra più costosa d’Europa e con molta pazienza piano piano perdiamo quota e arriviamo alle 9 di sera a Cchamonix, dove poi troviamo un passaggio per rientrare in Italia e rifocillarci seriamente con un pizza enorme a Courmayeur!

La salita anche se non in condizioni ottimali è stata fantastica e ci ha impegnato il giusto per ripagare la nostra motivazione intrinseca nel porci un obiettivo di un certo livello. Anche se i consigli e le informazioni non erano dalla nostra parte, ci abbiamo creduto fino in fondo e abbiamo vissuto un’avventura unica in uno dei posti più selvaggio del Monte Bianco.

SCHEDA: Pilone centrale del Freney, Monte Bianco

Tommaso Lamantia ringrazia: Salomon, Suunto, Blue Ice, DF Sport Specialist
Mirco Grasso e Francesco Rigon ringraziano: Karpos




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