Kilian Jornet Burgada: su e giù dal Cervino in meno di tre ore

Il 21/08/2013 il catalano Kilian Jornet Burgada ha stabilito un nuovo record di velocità, salendo e scendendo il Cervino in 2:52:02. Giulio Caresio analizza il visibile e l'invisibile di questa impresa straordinaria.
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Il 21/08/2013 Kilian Jornet Burgada stabilisce un nuovo record di velocità sul Cervino in 2:52:02.
Seb Montaz
Salire e scendere il Cervino (4476 m) lungo la Normale italiana, partendo dalla chiesa di Cervinia (2007 m), toccando la vetta e ritornando al punto di partenza in 2 ore, 52 minuti e 2 secondi ha dell’incredibile.

A riuscirci è stato un grande appassionato di montagna, Kilian Jornet, che è probabilmente anche l’atleta di resistenza più forte e versatile della sua generazione. Un ragazzo che a soli 25 anni ha vinto praticamente tutto nella corsa in montagna - dal km verticale alle più lunghe ultratrail - e nello scialpinismo - dalle vertical race alle grandi classiche. A riconferma sabato, ad appena tre giorni di distanza dall’ascesa record del Cervino, si è laureato nuovamente Skyrunning World Champion, tagliando per primo il traguardo dei 46 km della Matterhorn Ultraks.

Il 21 agosto 2013, Kilian ha superato ancora una volta se stesso nel battere un primato che resisteva dal 1995, quando Bruno Brunod sul medesimo itinerario aveva fermato il cronometro a 3 ore, 14 minuti e 44 secondi, tempo già peraltro straordinario. Un paio di valori fanno correre un brivido lungo la schiena: in salita (1h 56’) Kilian ha tenuto una media di 1277 metri di dislivello all’ora, mentre in discesa (56’) la media è stata di 2645 metri all’ora.

Nonostante i panni e l’attrezzatura ridotta al minimo, in fedele tradizione da skyrunner (scarpe da ginnastica, calzoncini corti, maglietta termica, antivento, guanti di pelle, occhiali da sole, marsupio e 3 gel alimentari), l’ascesa di Kilian ha sicuramente, per l’itinerario e lo spirito, un sapore alpinistico. Del resto lo stesso Kilian ha dedicato negli ultimi tempi sempre più attenzione al verticale, compiendo alcune ascensioni di rilievo e una serie di notevoli discese di sci ripido. Un fatto che testimonia una grande passione, la volontà di prepararsi al meglio su ogni terreno, nonché un’attitudine a sperimentare quei territori di confine fra le discipline che possono favorire una fertilizzazione delle conoscenze e aprire nuove possibilità.

Quella sul Cervino è forse la tappa più tecnica di Summits of My Life, il progetto ambizioso e visionario di Kilian di salire e scendere il più rapidamente possibile le vette dei suoi sogni. Un’avventura in otto puntate, iniziata nel giugno 2012 con la traversata scialpinistica del Massiccio del Bianco, e giunta l'altro giorno a metà strada. Prossimo appuntamento di quest’anno il Monte Elbrus, poi nel 2014 l’Aconcagua e il McKinley, e per chiudere nel 2015 l’Everest.

A chi storce il naso sul tema della velocità, credo sia importante ricordare che dobbiamo avere la forza di guardare cosa si annida davvero dietro alle nostre convinzioni. La velocità prima di essere un difetto è una qualità. Essere rapidi in montagna spesso significa avere la possibilità di scegliere e di salvarsi, come ricordava in un bellissimo articolo un altro grande giovane che unisce la sua formazione da snowboarder a un animo da alpinista: Xavier De Le Rue. Una testa veloce, inoltre, sfugge a ogni cliché, valuta con saggezza il rischio e lo commisura a capacità e preparazione, e soprattutto può anche optare per la lentezza, sapendo semplicemente e serenamente di averla scelta.

In ogni caso per fugare ogni tentazione di imprudente emulazione, è anche importante ricordare che record e prestazioni come quelle di Kilian richiedono una preparazione ben più lunga e meticolosa di una normale ascensione, esigono la complicità di un meteo perfetto e adeguate “straordinarie” misure di sicurezza. Kilian è stato a Cervinia nelle ultime due settimane: ha provato la via ben otto volte per conoscere e studiare in dettaglio i passaggi critici, ha atteso una giornata che forse per condizioni meteo non ha avuto eguali nell’anno, ha scelto con saggezza l’ora della partenza (le 15 pomeridiane per ridurre al mimino i tratti ghiacciati) e predisposto lungo il percorso un’adeguata assistenza grazie alle guide alpine e alla guardia di finanza - sette angli custodi vigilavano sulla sua sicurezza durante la prova. Il primo a ringraziarli è proprio Kilian: «Senza di loro non ce l’avrei mai fatta».

Inoltre Kilian ha avuto come consulente d’eccezione proprio il detentore del record precedente Bruno Brunod, che non solo ha fatto sempre il tifo per lui e ha previsto al minuto il tempo che avrebbe realizzato, ma l’ha accompagnato in trionfo nell’ultimo tratto del tragitto. Un fatto che Kilian stesso ha ricordato con grande emozione: «Ero quasi di ritorno a Cervinia quando Bruno si è affiancato per correre insieme e mi ha detto che avrei realizzato il tempo che aveva previsto: sembra conoscermi meglio di me! Questo è il momento che rimarrà impresso nella mia memoria di quest’impresa. Se sono qui lo devo a persone come lui che mi hanno ispirato fin da quando ero ragazzo».

L’emozione vibrante di queste parole e il legame che si respira tra uomini che hanno compiuto la stessa impresa, suggeriscono una lettura diversa dell’esperienza di mercoledì scorso. Tutti i dettagli legati ai modi e la stessa prestazione in sé non sono che la punta dell’iceberg. La parte più visibile di qualcosa di molto più grande, intimo, nascosto, prezioso. Qualcosa che va ricercato, indagato, che raramente finisce sulle pagine dei giornali o in televisione. Qualcosa che è difficile, forse impossibile, comunicare solo a parole e che vale più di ogni record, numero o tempo.

Ho avuto la fortuna di conoscere diversi uomini che hanno realizzato imprese straordinarie, e mi ha sempre colpito il divario tra la loro umanità e il supereroe che tende a costruirsi nelle menti di chi ne segue e comunica le gesta. Una percezione errata, figlia di una cultura che mette in luce solo l’aspetto esteriore delle cose, quello più facile da osannare e riconoscere.

Un’impresa come quella di Kilian poggia sull’invisibile. Su tanti giorni di preparazione, di fatica, di determinazione per superare limiti umani e personali. Su battaglie interiori e mentali per vincere quelle parti di noi che ci spingono ad arrenderci. Sulla volontà di andare oltre, l’onestà di ascoltare e dar voce a sogni e visioni che si manifestano in noi e la capacità di tradurli in qualcosa che abbia forma reale e compiuta.

Un invisibile che ci avvicina e ci accomuna. Ognuno di noi infatti ha l’occasione per mettere in pratica nel suo quotidiano le stesse strategie, che si riveleranno preziosissime anche se molto spesso resteranno invisibili ai più (e poco importa). Un’impresa come quella di Kilian sul Cervino, dovrebbe darci forza e determinazione per ricordare sempre quest’opportunità e spingerci a coglierla.

Per usare le parole di Kilian "non siamo runner, né alpinisti, né sciatori, e nemmeno atleti. Siamo persone". Chi volesse conoscere meglio questo ragazzo eccezionale potrà farlo attraverso il suo libro “Correre o Morire”, scoprendo che sa anche essere narratore ironico ed efficace di se stesso.

Giulio Caresio






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