Gasherbrum III, Kaqur Kangri e Yashkuk Sar vincono i Piolets d’Or 2025

I Piolets d'Or 2025 saranno assegnati alle seguenti salite: la cresta ovest del Gasherbrum III in Nepal di Aleš Česen e Tim Livingstone, la cresta sudovest di Kaqur Kangri in Nepal di Spencer Gray e Ryan Griffiths, e il pilastro nord del Yashkuk Sar nel Karakoram di August Franzen, Dane Steadman e Cody Winckler. Menzione Speciale per l’alpinismo Femminile alle slovene Anja Petek e Patricija Verdev per 'Here Comes the Sun' sul Lalung I nell’Himalaya indiano. Le celebrazioni saranno a San Martino di Castrozza 9 al 12 dicembre 2025. Di seguito è pubblicato il comunicato stampa dell'organizzazione.
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Piolets d'Or, il prestigioso premio alpinistico
Planetmountain

La giuria internazionale del Piolets D’Or ha selezionato tre delle ascensioni realizzate nel 2024 a cui assegnare i principali riconoscimenti di quest’anno. Tuttavia, la giuria ha tenuto a precisare che i grandi valori del Piolets D’Or sono condivisi da molte nazioni e che è risultato perciò difficile scegliere solamente tre ascensioni.

Il Piolets D’Or si svolge per la seconda volta a San Martino di Castrozza, prima località delle Dolomiti a ospitare questo prestigioso evento, grazie al supporto di Trentino Marketing, il Comune di Primiero San Martino di Castrozza, la Comunità di Primiero, FPB Cassa di Fassa Primiero e Belluno, ACSM Group, le Aquile di San Martino di Castrozza, gli operatori di San Martino di Castrozza, Passo Rolle, Primiero e Vanoi, il Trento Film Festival e con il patrocinio della Fondazione Dolomiti UNESCO.

Di seguito le tre ascensioni premiate, in ordine casuale:

Kaqur Kangri (6.859m), Himalaya - Nepal
Prima ascensione della cresta sudovest (1.670m, 5.10 A0 M7 WI5) del Kaqur Kangri (conosciuto anche come Kanti Himal), Kanti Himal, 15-21 ottobre. Traversata della montagna e discesa dalla cresta nordovest, fino ad allora mai salita.

Il Kanti Himal, nel remoto Nepal occidentale, si estende sul confine tra Cina e Tibet e la sua cima più alta porta un nome tibetano, Kaqur Kangri. Nel 1998 una piccola spedizione giapponese fece una ricognizione del versante meridionale (nepalese). Gli alpinisti rimasero sconcertati da ciò che videro, decidendo che per loro non c’era una via fattibile per raggiungere la cima. La prima ascensione venne lasciata ad un’altra spedizione giapponese: nel 2002 un team di 8 alpinisti riuscì a raggiungere la cima avvicinandosi dal Tibet, dopo aver fissato delle corde sul fianco nord e sulla crest est. La montagna non ha ricevuto altre visite per i successivi 22 anni.

Le uniche fotografie della parete sud recuperate dagli americani Spencer Gray, Ryan Griffiths e Matt Zia mostravano solamente la sezione superiore della montagna, lasciando l’altra metà all’immaginazione. Tuttavia, la cresta sud-occidentale si rivelò avere la parte di roccia migliore, protetta da crolli di seracchi che interessavano il resto della parete. I tre hanno camminato 8 giorni dal termine della strada al campo base, a 4.700m. Dopo essersi acclimatati su una cima vicina, a 6.200m, hanno fatto un primo tentativo sulla cresta sud-ovest a metà ottobre salendo a 5.800m in un giorno, prima che il loro fornello si rompesse costringendoli a scendere alla base dell’arête per recuperare un altro fornello dopo di che Zia, fortemente scosso dalla recente notizia della perdita di un amico, ha deciso di non continuare.

Gray e Griffiths sono tornati sulla cresta e hanno scalato (dividendosi un paio di scarpe da arrampicata) un buon gneiss granitico, ghiaccio e terreno misto per raggiungere lo spettacolare passaggio chiave, la parete sommitale. Ciò ha comportato otto tiri di misto sostenuti, completati in due giorni durante l’unica vera precipitazione della spedizione. Il 31 ottobre, da un campo sulla distesa di neve sommitale, hanno raggiunto la cima in un’ora di cammino. Sono poi scesi lungo la cresta nord-ovest, fino ad allora inviolata e, più in basso, lungo un pendio rivolto ad ovest, principalmente scendendo con una dozzina di calate a corda doppia. Hanno raggiunto la base della montagna il giorno stesso, completando una delle vie più difficili che sia mai stata scalata nel Nepal occidentale.

I membri della giuria hanno convenuto che si è trattato di un’ascesa difficile dal punto di vista tecnico, sviluppatasi lungo una linea elegante, compiuta con un buon stile e includendo la traversata di una montagna. La salita ha presentato un alto livello di esplorazione e lancia un segnale agli alpinisti: ci sono ancora molte mete inviolate e impegnative in regioni poco frequentate dell’Himalaya.

Gasherbrum III (7.952m) Karakoram - Pakistan
Prima ascensione della cresta ovest del Gasherbrum III, Baltoro Muztagh, via Edge of Entropy (quasi 3.000m dal campo base alla cima), 31 luglio - 4 agosto. Traversata della montagna scendendo la parete est e poi la via normale (cresta sud-ovest) del Gasherbrum II.

Prima dell’agosto del 1975 il Gasherbrum III, la cui quota è di 48m inferiore agli 8.000m, era la cima inviolata più alta del mondo. Quel mese la cima è stata raggiunta da quattro membri di una spedizione polacca. L’alpinista inglese Alison Chadwick, suo marito polacco Janusz Onyszkiewicz, Wanda Rutkiewicz e Krzysztof Zdzitowiecki hanno salito la Via degli Austriaci (via normale) sul Gasherbrum II fino a 7.400m. Poi hanno proseguito traversando sotto la piramide sommitale per raggiungere un circo glaciale tra il Gasherbrum II e III. Da lì hanno arrampicato lungo un ripido canalone dividendo la parete sud-est del Gasherbrum III. È tuttora la montagna più alta raggiunta con una prima ascensione al femminile.

Fino al 2024 c’era stata solamente un’altra ascensione: una ripetizione della via originale da parte di una coppia dei Paesi Baschi nel 2004. Tuttavia, nel 1985 c’era stato anche un vivace tentativo – poco noto e in parte sottovalutato - sulla cresta ovest da parte degli alpinisti inglesi Geoff Cohen e Des Rubens. Da una grotta di neve precedentemente rifornita, situata sopra la pericolosa cascata di ghiaccio a 6.900m, hanno risalito la cresta fino a 7.400m, dove hanno bivaccato e lasciato la propria attrezzatura per poi partire per la cima. Il vento era violento e le difficoltà più in alto si sono rivelate più dure del previsto. A circa 7.700m, con poco tempo rimasto e la prospettiva di un bivacco all’aperto senza attrezzatura, si sono ritirati.

Il vento impetuoso è stato un grande problema anche per Aleš Česen (Slovenia) e Tim Livingstone (UK) quando hanno tentato la cresta nel 2022, costringendoli a optare per un piano alternativo provando la parete nord-ovest, più riparata. Il tentativo non ha avuto successo, ma sono stati molto più fortunati due anni dopo, quando sono tornati sulla montagna per un altro tentativo sulla cresta ovest. La coppia ha fatto tre arrampicate di acclimatamento, durante l’ultima delle quali ha trascorso la notte a 7.000m. Il 31 luglio hanno lasciato il campo base e, due giorni dopo, hanno raggiunto di nuovo i 7.000m di quota del campo situato sotto all’inizio della cresta ovest. La mattina seguente si sono incamminati lungo la cresta, fermandosi per trascorrere la prima notte a poco meno di 7.500m e per la seconda a circa 7.800m. Impossibilitati a montare una tenda sul punto più in alto, hanno dovuto bivaccare all’aperto, da seduti. Hanno poi aggirato la parete sommitale con una difficile arrampicata, probabilmente fino al grado M6 su un tiro, hanno raggiunto la cima e sono poi scesi lungo la via originale sul lato opposto della montagna. Dopo aver trascorso la notte al campo 4 (7.400m) sulla via normale al Gasherbrum II, hanno raggiunto nuovamente il campo base il 6 agosto.

La giuria l’ha reputata una via lunga, difficile e di grande impegno su una montagna poco frequentata e situata ad una quota appena inferiore agli 8.000m. Inoltre, la scalata è stata compiuta in stile alpino leggero da un team di due alpinisti e la discesa è stata realizzata razionalmente sulla parte opposta della montagna: un’ottima prova che sulle montagne più alte del mondo si possono ancora vivere avventure di qualità, su terreni inesplorati.

Yashkuk Sar (6.667m), Karakoram - Pakistan
Prima ascensione del Yashkuk Sar, Batura Muztagh, lungo il pilastro nord – Tiger Lily Buttress (2.000m, AI5+ M6 A0), 19-23 settembre. Traversata della montagna e discesa dalla parete ovest superiore e dalla parete nord inferiore.

Il poco frequentato Ghiacciaio Yashkuk Yaz ha fornito agli americani August Franzen, Dane Steadman e Cody Winckler la location della loro prima esperienza nel Karakoram. Nonostante il breve avvicinamento, l’accesso avviene attraverso la Valle di Chapursan, vicino al confine con l’Afghanistan, e qualche volta il permesso è stato negato. Prima della spedizione americana, risultano esserci stati solo tre tentativi di salire dal Ghiacciaio Yashkuk Yaz superiore, salendo una manciata di cime, l’ultimo nel 2006. Il ghiacciaio risale verso sud fino a un crinale spartiacque con il ghiacciaio Karambar, dove si trova un obiettivo straordinario: il Yashkuk Sar I (6.667m) con il suo pilastro nord che si innalza per ben 2.000m dal Ghiacciaio West Yashkuk Yaz.

Dopo aver allestito un campo avanzato su questo ghiacciaio superiore, Franzen, Steadman e Winckler sono saliti prima su una vetta sussidiaria (ca. 5.300m) di una cima senza nome posta a 6.084m verso nord, per poi aprire una nuova via da sud-est sul vicino Sax Sar (6.240m), precedentemente raggiunto una sola volta dal Karambar. Una volta pronti per il Yashkuk Sar I, il 19 settembre hanno iniziato a salire il pilastro nord sperando fosse un porto sicuro tra pareti su cui crollavano continuamente grossi seracchi. I primi due giorni sono stati per la maggior parte all’insegna di ghiaccio ripido e neve, con bivacchi esposti, difficili da allestire, tra i 5.600m e i 5.900m. Il secondo giorno hanno assistito al collasso di un enorme fungo sulla linea che avevano intenzione di seguire (un ripido diedro attraverso la cima sommitale). Il fallimento sembrava dietro l’angolo, ma la mattina seguente, dopo una calata in corda doppia in diagonale, sono riusciti a raggiungere il crinale sinistro della cima sommitale e a iniziare da lì una linea alternativa, fermandosi a metà, a 6.200m, per allestire il “bivacco più aereo della nostra vita”. Il 22 settembre un difficile terreno misto e formazioni surreali di neve hanno condotto gli alpinisti alla cresta sommitale, dove un comodo crepaccio ha reso possibile un bivacco pianeggiante.

Il giorno seguente, la cima è stata raggiunta in poco tempo e la discesa è stata compiuta calandosi in corda doppia lungo un canalone sulla parete ovest per 600m, poi con una traversata sulla cresta ovest per poi scendere e calarsi in corda doppia lungo i 1.000m della parte inferiore della parete nord. Quella notte hanno raggiunto il ghiacciaio principale. Hanno deciso di chiamare la loro via Tiger Lily Buttress.

La giuria ha espresso grande apprezzamento per questa salita e discesa: l’impegno richiesto è stato notevole. Il giovane team ha inoltre incarnato lo spirito dell’alpinismo cercando giornali e immagini satellitari per documentarsi su obiettivi lontani, andando oltre i confini della difficoltà tecnica e dell’esplorazione.




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