Edoardo Colombo da Gressoney a Gorizia in parapendio, un sogno diventa realtà

Il racconto della guida alpina valdostana Edoardo Colombo che in soli 4 giorni è riuscito a volare in parapendio da Gressoney ai piedi del Monte Rosa fino a Gorizia. Quasi 600 km per realizzare un sogno.
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Edoardo Colombo sopra Cortina e le Dolomiti, con le Tofane alle spalle
Edoardo Colombo

Erano anni che pensavo di intraprendere questo viaggio e devo dire che la parte più difficile è stata proprio la partenza. La meteo nelle settimane precedenti non mi dava tregua, sempre vento e temporali, finché un giorno, ormai senza speranze, mi sono deciso a partire. Il suono del variometro nella prima termica è stato una liberazione, in pochi secondi tutto lo stress delle settimane precedenti si è dissolto nell’aria, proprio in quell’aria che mi avrebbe portato dove faticavo ad arrivare anche con la fantasia. Purtroppo ho impiegato solo quattro giorni per fare quasi 600 km, dico purtroppo perché avevo previsto almeno 15 giorni, in cui avrei volato, camminato e mi sarei goduto la mia avventura fatta anche di incontri e magari di nuove amicizie. Invece è stata una corsa contro il tempo, dettata dalla mia smania di volare in terre per me inesplorate e col sogno di vedere il mare, tanto lontano e inarrivabile quanto desiderato.

La prima giornata di volo ha del surreale, partire dal Monte Rosa sulla neve e ritrovarmi qualche ora dopo a sorvolare il lago Maggiore è stato incredibile, come è stato incredibile atterrare all’inizio del Val Camonica dopo aver attraversato la Valtellina. Un volo di quasi 200 km durato otto ore, in cui si alternavano momenti di calma in cui potevo godermi i panorami dalla mia altezza di oltre 3000 metri, a momenti difficili e impegnativi, dove la concentrazione era massima per evitare o che la vela si chiudesse o che finissi contro le pareti delle montagne.

La seconda giornata è cominciata un po’ in sordina, tra la stanchezza del giorno precedente, tra la quasi certezza che mai e poi mai sarei riuscito a ripetere un volo memorabile come quello del giorno precedente e il peso dello zaino, 20 kg di materiale tra cui tenda e sacco a pelo. Invece anche qui mi sbagliavo perché dopo aver percorso oltre 150 km, dopo essere stato risucchiato tre volte dalle nubi ed esserne uscito con in faccia la Marmolada, la montagna più alta delle Dolomiti, ho realizzato che stavo atterrando a Cortina D’Ampezzo. Un volo ancora più epico del precedente, perché sorvolare Bolzano e vedere le mitiche Dolomiti che si avvicinano, quasi da poterle toccare, è un ricordo indelebile, che mi farà compagnia nei miei prossimi voli, come non mi dimenticherò della festa a Cortina, col mio amico Cattarossi per i bar del centro

Già al risveglio della terza giornata, con le Tofane illuminate dal sole del mattino, mi si è subito delineato perfettamente nella mente cosa fare:"devo arrivare a Gemona del Friuli e sorvolare le Tre Cime di Lavaredo" . Anche se sapevo che non sarebbe stato per niente facile, complice anche la meteo molto incerta, ce la dovevo mettere tutta, perché ormai la meta era vicina e la mia avventura aveva preso una piega completamente diversa, era diventata un tarlo nella testa:" devo arrivare a Gorizia in 4 giorni!" Il volo purtroppo non è andato proprio come speravo, il sorvolo delle Tre Cime di Lavaredo è stato bellissimo ma, arrivato a Sappada, mi sono reso conto che le Dolomiti che mi avevano accompagnato fino a quel punto mi stavano lasciando per dare spazio alla pianura, al caldo e alla temibile brezza di fondo valle, sì proprio quella stramaledettissima brezza che mi ha bloccato come un muro a Tolmezzo facendomi atterrare con non poche insidie e costringendomi ad una dura camminata, sull’asfalto sotto al sole cocente.

L’ultima giornata è stata un’altalena di emozioni, conclusasi con una gioia e, sì, anche con qualche lacrima per la felicità di essere riuscito in questa impresa ma anche col rimpianto, quello stesso rimpianto di quando ti svegli da un sogno meraviglioso, conscio di dover tornare alla vita normale e alla routine di tutti i giorni. È stata un’altalena perché dopo la fatica di arrivare al luogo di decollo, dopo un inizio di volo molto ma molto incerto sono arrivato a superare Caporetto in un baleno, quasi scortato da dei rapaci enormi che sembrava volessero indicarmi la via.

La mia felicità si è consumata ben presto. All’arrivo a Tolmin, in Slovenia, di colpo tutta l’attività termica si è spenta in un istante, quell’attività termica caratterizzata da movimenti di aria ascensionale che mi aveva permesso sino a quell’istante di arrivare fin lì e di sperare per il meglio. Spegnendosi di colpo, proprio nel passaggio più ostico mi sono ritrovato a dover atterrare in mezzo ad un paesino sperduto della Slovenia, che però mi ha ridato il sorriso in un istante. Un paesaggio meraviglioso, quasi perso nel tempo, surreale, con dei daini che mi seguivano e una pace paradisiaca, immerso tra boschi verdissimi e mucche al pascolo che quasi mi ricordavano la Svizzera. Finché la mia pace e la mia camminata non sono stati interrotti dall’arrivo di un furgoncino anni cinquanta tutto sgangherato, senza cinture e coi sedili di legno, con due muratori a bordo di ritorno dal lavoro che, con un po’ di italiano e qualche gesto, avendo capito da dove arrivavo e quale fosse la mia meta mi hanno letteralmente rapito e caricato sul furgone, portandomi in un prato su una collinetta alle spalle di Gorizia, permettendomi così di decollare e di concludere la mia avventura con l’ultimo volo, forse non il più lungo, forse non il più bello ma sicuramente il più emozionante, perché, dopo essere riuscito a salire a quasi mille metri di quota con le ultime correnti della giornata, era lì, proprio dove mi aspettavo di trovarlo ma ormai non speravo più di vedere. Il Mare.

Link: www.edoardocolombo.info




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