Kirghizistan: un trekking nel Tian Shan tra jailoo e ghiacciai

Diego Salvi presenta un affascinante trekking di circa 280 km nel Tian Shan in Kirghizistan, tra valli fertili, laghi, alte montagne e jailoo.
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Trekking in Tian Shan, Kyrgyzstan: verso Jyrgalan pass
Diego Salvi

Voglio qui proporvi un itinerario di circa 280 km attraverso una delle regioni più affascinanti di questo paese dell’Asia centrale, grande 2/3 dell’Italia, circondato dai più grandi Kazakistan, Cina e Uzbekistan.

Città di riferimento per il trekking è Karakol - dove ho alloggiato presso l'accogliente e pulito KbH hostel - 450 km a sud est dalla capitale Biskeh, raggiungibile comodamente con i minibus che loro chiamano “maršrutka”.

Siamo a sud dell’enorme lago Issyk Kul il secondo più grande lago di montagna al mondo dopo il lago Titicaca, elemento che caratterizza la geografia del paese e, in parte anche il clima di questa regione, a ridosso della catena montuosa del Tian Shan, a confine con la Cina e il Kazakistan, che raggiunge la massima altezza con i 7.439 mt del Peak Pobedy e la bellezza dei 7.010 mt. del Khan Tengri.

Dopo aver preparato lo zaino e il necessario per il trekking – a Karakol potete trovare un paio di negozi di articoli per la montagna e per il trekking e diversi negozi di alimentari - con un bus si raggiunge comodamente Kyzy-Suu e, con un taxi, Dzhilisu con le sue sorgenti di acqua calda, punto di partenza del trek distante circa 50 km da Karakol.

La prima parte del percorso di circa 120 km fino al paese di Jyrgalan attraversa, superando una serie di passi tra i 3.400 e 3.900 mt, diverse vallate punteggiate da gruppi di yurte dove abitano le famiglie che durante i mesi estivi migrano con pecore, mucche e cavalli verso questi pascoli di altura, gli “jailoo” appunto: il seminomadismo dei kirghisi fa parte della loro storia ed è parte integrante della cultura di questo paese.

La stessa bandiera del paese riporta stilizzato, al centro di un sole con 40 raggi che rappresentano le diverse antiche tribù, il “tunduk”, cioè la volta della yurta, elemento che simboleggia contemporaneamente la casa e l’universo.

Vi capiterà che vi invitano a bere un tè, vi vendano un pezzo di formaggio, oppure, se volete organizzare il trekking tramite le agenzie del paese, potrete alloggiare e mangiare presso quelle famiglie che mettono a disposizione una yurta anche per i turisti.

Le diverse valli che si attraversano sono fertili, verdi, ampie, spesso raggiungibili dai paesi di fondo valle con un’auto: questo permette, in caso di necessità, di poter interrompere il trekking e raggiungere abbastanza velocemente Karakol.

Vedrete dei laghi ad alta quota unici come il famoso Alakol e i meno frequentati di Buz Ochuk, potete fare un bagno ristoratore nelle acqua calde di Altynarashan, o in quelle più fresche dei fiumi: mettete in conto che non sempre i torrenti che dovrete attraversare sono dotati di un ponte.

Attenzione che vi potrà capitare, come a me, di trovare un’abbondante nevicata di ferragosto sui passi che rende più difficoltoso il passaggio da una valle all’altra.
Conclusa la prima parte del trek, la sosta di un giorno nel paese rurale di Jyrgalan vi permetterà di riposarvi, acquistare nuovi viveri per la seconda parte del percorso e poter dormire, dopo una settimana in tenda, in un comodo letto.

Personalmente, la piacevole accoglienza di Ulan e sua moglie presso l’hostel da loro gestito, mi ha permesso anche di recuperare il “border permit” rimasto fermo a Karakol, visto necessario per poter accedere alle zone di confine e alla seconda parte del trek, riparare il materassino bucato e uno stick rotto.

Se siete fortunati potreste capitare il giorno che si svolge il festival di Jyrgalan dove, tra diverse iniziative, si svolge un torneo ulak tartysh o kok-boru, giochi nazionali simili al più famoso buzkashi afghano.

Rirorniti e rifocillati, si riparte per i successivi 160 km fino a Engilchek, paese minerario dell’epoca sovietica e punto finale del trek, ora semi abbandonato dopo la chiusura della miniera di stagno, dove, con un po di fortuna e pazienza, troverete un mezzo che vi riporta, dopo circa 140 km su strada sterrata, a Karakol. Nonostante il traffico sia quasi inesistente, sono riuscito a raggiungere Karakol la sera stessa attraverso un viaggio interessante su una Lada Niva in compagnia del conducente e di 3 pecore nel bagagliaio.

Da Jyrgalan si riparte risalendo il fiume: dopo aver attraversato Jyrgalan pass, i turisti, ma anche i jailoo si fanno più rari: le vallate si allungano, le pendenze diventano ancora più dolci fino a raggiungere, dopo circa 60 km, il canyon che sbuca nell’avamposto militare di Echilitash: il militare a cui ho consegnato copia del “border permit”, sarà l’ultima e l’unica persona che incontro. La salita ai 4.000 mt del Tuz pass punto più alto del trek, vi permetterà di ammirare, di fronte voi, il Nansen Peak di 5.695 mt: la discesa nella valle glaciale di Engilchek vi porterà alla fronte dell’enorme ghiacciaio che scende dalle alte cime del Tian Shan, fronte che bisogna attraversare – sconsiglio vivamente di guadare il fiume - per poter passare sul versante sinistro orografico della pianeggiante valle che dovrete percorrere per gli ultimi 50 km. Una valle dove fiancheggerete ancora alte montagne, cascate, scogliere, ruscelli, pascoli, boschi.

Arrivati alla fronte del ghiacciaio, a questo punto, una variante interessante che consiglio vivamente è quella di esplorare l’immenso ghiacciaio che si estende per 60 km a est: l’Inylchek sud è il 6° ghiacciaio non polare più lungo del mondo ed è il più grande del Kyrgyzstan.

Una traccia segnata con omini di pietra conduce fino al campo base dell’Inylchek sud: altra meta interessante è il lago glaciale stagionale Merzbacher all’inizio del ramo nord del ghiacciaio. Personalmente ho camminato a/r per circa 30 km fino alla stazione di rilevazione climatica di Merzbacher Meadows. Il panorama è davvero mozzafiato, immenso e potente come la forza millenaria che questo ghiacciaio esprime trascinando pietre che lo ricoprono interamente per svariati chilometri.

Periodo 18 – 31 agosto 2019

Diego Salvi, CAI Bergamo

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