'Dimmi che mi ami. Le Dolomiti di Claudio Barbier’ di Monica Malfatti

La recensione di 'Dimmi che mi ami. Le Dolomiti di Claudio Barbier’ il libro scritto da Monica Malfatti per Versante Sud di uno dei più grandi arrampicatori solitari che le Dolomiti abbiano mai conosciuto.
1 / 12
Copertina del libro 'Dimmi che mi ami. Le Dolomiti di Claudio Barbier', Monica Malfatti, Edizioni Versante Sud
archivio Monica Malfatti

All’inizio degli anni Novanta, Anna Lauwaert, fisioterapista belga residente in Svizzera, pubblicò con Cda & Vivalda La via del drago. Un libro intrigante, capace di riassumere attraverso l’epica dei propri sentimenti due anni di amore vissuti fra il 1975 e il 1977. Anzitutto, l’amore che legava Anna a Claude Barbier, o Claudio, come amava farsi chiamare proprio in forza del suo legame con l’Italia.

Barbier era stato un fuoriclasse belga innamorato delle Dolomiti e capace di inanellare solitarie mozzafiato senza soluzione di continuità, aborrendo qualsiasi pubblicità e scomparendo troppo presto. Una morte misteriosa, avvenuta forse per un banale errore in falesia o forse per la volontà di commetterlo, quell’errore, abbandonando un’esistenza che ormai gli stava stretta, a causa dell’età che iniziava ad avanzare e della sua unica ragione di vita, l’arrampicata, che cominciava invece a non bastare più.

Ma il libro di Anna riassumeva in qualche modo anche l’amore che legava Claudio stesso alla montagna, nella fattispecie alla roccia e soprattutto a quella calda, accogliente e luminosa delle crode che dividono – o forse uniscono – Veneto, Trentino e Alto Adige.

È lo stesso amore che Monica Malfatti, quasi cinquant’anni dopo la morte di Barbier, ha cercato di raccontare nel suo, di libro, Dimmi che mi ami. Le Dolomiti di Claudio Barbier, edito da Versante Sud Edizioni, rispondendo all’appello lanciato proprio fra le pagine de La via del drago da Anna Lauwaert. “Il libro che può tracciare il ritratto di ‘Claudio alpinista’ è ancora da scrivere; sarei felicissima se finalmente giustizia gli fosse resa”, dichiarava infatti la compagna di Barbier.

Dalla prima esperienza stralunante fra i crepacci di Pralognan all’ultima grande solitaria sulla Cassin in Badile, passando per la geniale apertura de La via del drago in Lagazuoi, il libro di Monica ripercorre la crescita alpinistica di Claudio, cullata in una mai superata dipendenza economica dai genitori, di cui forse soffriva, prima che beneficiare.

L’avvicinamento all’arrampicata sotto lo sguardo vigile di Lino Lacedelli, l’incontro in Civetta nel 1957 con Walter Philipp, Diether Marchart e Dieter Flamm e la beffa di dover abortire il comune progetto su un diedro poi passato alla storia, ritirandosi dalla cordata insieme a Marchart per via di un infortunio di quest’ultimo. E ancora, l’inizio di un’attività in solitaria destinata ad ammantarsi di leggenda, anche se spesso totalmente misconosciuta: un’attività partita dal primo concatenamento in velocità delle Dolomiti, quella sulle cinque pareti nord alle Tre Cime di Lavaredo nel 1961.

In un’epoca nella quale la diatriba fra arrampicata libera e arrampicata artificiale entrava nel vivo – mentre l’arrampicata stessa, forse anche grazie agli exploit di Claudio, smetteva di essere soltanto avventura ed esplorazione per portarsi su un piano più sportivo e legato alla performance – la straordinaria capacità di Barbier di procedere solo e veloce preconizzava i tempi. Eppure, la progressione in artificiale restava parte dei suoi orizzonti: si veda l’apertura nel 1966 della Via degli Strapiombi in Cima d’Ambiez, con Heinz Steinkötter e Dietrich Hasse.

Claudio non escludeva nulla, eppure entrare veramente in relazione con lui sembrava qualcosa di veramente esclusivo. Un uomo che si muoveva al limite non tanto per esplorarlo quanto per incapacità di fare altrimenti, in montagna come nei rapporti: estrema gentilezza da un lato, scontrosità allucinante dall’altro, Claudio Barbier o lo amavi o lo odiavi.

La tragedia di Claudio era quella di essere, o di sentirsi, solo e disperato. Ma al contempo viveva come diceva già Comici, nella voluttà di superare, da solo, il vuoto e lo strapiombo". Con queste parole Anna Lauwaert ha cercato di spiegare, intervistata nel libro da Monica, alcune dinamiche, anche psicologiche, del personaggio. Ma Claudio, per quel vuoto, provava anche paura, tanto da portare spesso in parete con sé un cordino attaccato alla cintola, giustificandone l’utilizzo agli amici con l’illusione di avere qualcuno legato in cordata, anche quando procedeva solo.

Barbier si muoveva sospeso, dunque: al tempo stesso esposto al vuoto e innalzato sopra di esso. Esposto ai propri vuoti interiori, ai fantasmi che nell’ultima parte del suo libro Monica ha provato, insieme ad Anna, a sbrogliare, e al contempo innalzato su quegli stessi vuoti, forse proprio grazie all’arrampicata che tanto amava.
La storia di Claudio Barbier è una storia di libertà, sempre agognata ma raggiunta soltanto a tratti. È una storia di coraggio e di fragilità. E ci ricorda come in alpinismo, a torto, questa stessa fragilità sia spesso combattuta, piuttosto che accettata e messa a tema. E come la tentazione della morte, di fronte ad un mondo che sembra rimuoverne l’inevitabilità, sia qualcosa di cui parlare, mai da nascondere.

Dimmi che mi ami
Le Dolomiti di Claudio Barbier
Autore: Monica Malfatti
Anno: 2024
Pagine: 144
Casa editrice: www.versantesud.it




News correlate
Ultime news


Expo / News


Expo / Prodotti
ARTVA Mammut Barryvox S
Mammut Barryvox - ARTVA completamente rivisto l'interfaccia utente, per rendere l’apparecchio ancora più semplice e intuitivo e quindi anche più sicuro.
C.A.M.P. Zenith - piccozza polivalente per l'alpinismo
C.A.M.P. Zenith, una piccozza polivalente di nuova generazione che unisce leggerezza e tecnicità per l’alpinismo a 360 gradi.
Patagonia Man’s Hi-Loft Nano Puff Hoody
Una giacca imbottita in materiale sintetico pensata per affrontare anche gli inverni più freddi.
Scarponi alpinismo AKU Aurai DFS GTX
Scarpone per alpinismo in alta quota e arrampicata su ghiaccio.
Imbracatura leggera da alpinismo e scialpinismo Singing Rock Serac
Imbracatura estremamente leggera per scialpinismo, alpinismo e tour su ghiacciaio.
Zaino Scott Patrol Ultralight E2 25 - zaino da valanga
Il Patrol Ultralight E2 25, realizzato con tessuti leggeri in Dyneema, è lo zaino da valanga di Scott più leggero di sempre.
Vedi i prodotti