Marcello Bombardi ripete La Fenice alla Rocca dei Campanili

Il 32enne Marcello Bombardi ha ripetuto 'La Fenice' alla Rocca dei Campanili del Mongioie. Gradata complessivamente 8c con un obbligatorio di 7c, la via di più tiri era stata aperta da Matteo Gambaro e liberata insieme a Alessandro Cariga nel 2021.
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Marcello Bombardi ripete 'La Fenice', Rocca dei Campanili, Mongioie (Alessandro Cariga, Matteo Gambaro, 2021)
Diego Borello

Dopo la prima ripetizione quest'estate di Ego Land in Marmolada (Dolomiti), ad ottore Marcello Bombardi si è aggiudicato anche la prima ripetizione di La Fenice alla Rocca dei Campanili del Mongioie. Si tratta della multipitch di 150m aperta e liberata sulla splendida parete sud del "calcare più bello delle Alpi Liguri" da Matteo Gambaro e 2021. Il secondo tiro in particolare, secondo Gambaro "è forse la cosa più bella che abbia mai chiodato" e con il suo 7c obbligatorio e grado complessivo di 8c si trattava ovviamente di una gemma, ed una sfida, riservata a pochi, alla quale Bombardi non è riuscito a sottrarsi.

LA FENICE A MONGIOIE di Marcello Bombardi
Come scalatori ci troviamo spesso a fantasticare sulla prossima linea da scalare ancor prima di avere salito quella che abbiamo di fronte, così come di posti famosi ancor prima di essere stati nella bella falesia vicino casa. Da quando ho cominciato a cimentarmi sulle multipitch anche questo mondo non è stato da meno a questo ammaliante gioco, con racconti di vie eccezionali in Wenden, Sardegna, Dolomiti e domande di amici “perché non vai su quelle vie?”.

Sono anche io il primo a cui piace viaggiare per andare a scalare in posti nuovi e allo stesso tempo scoprirne le diverse culture e conoscerne i nuovi ambienti, ma se ci fermiamo un attimo e guardiamo cosa c’è nel nostro giardino, soprattutto per chi come me ha la fortuna di vivere in posti così buoni per la scalata, forse scopriamo che potremmo vivere esperienze di valore in posti che non avremmo immaginato, senza il bisogno di fare molta strada.

Da alcuni mesi a questa parte, libero da molti impegni, mi sono ritrovato a mio agio con questa filosofia e l’esperienza su La Fenice è solo una di tante. Il Mongioie non è propriamente dietro casa per me ma comunque più vicino di molti altri posti. Mi era stato raccontato come di un luogo magico e di un muro con roccia eccezionale ma ancora non l’avevo vissuto in prima persona.

In più c’era una via interessante anche per il grado di difficoltà proposto di cui lo stesso Matteo me ne aveva elogiata la bellezza. “Uno dei più bei tiri che ho chiodato” mi disse una volta, e Matteo di tiri belli chiodati ne può vantare parecchi. Perché quindi non andare a scoprire? Le aspettative erano alte, ma non sono state decisamente deluse.

Ammetto di essere partito un po’ spavaldo al primo giro di perlustrazione fatto a luglio in compagnia del toro Claudio Martoglio. Benché di multipitch si tratta, La Fenice presenta tutte le difficoltà nei primi due tiri, un 8a non banale e il chiave di 8c, seguiti poi da tre facili lunghezze per arrivare in cima. “Un 8c di tacche al secondo tiro della via dovrebbe venirmi in fretta” pensavo. E invece, un sole estivo spacca pietre, le tacche del chiave taglienti e una sosta appesa scomoda da cui non hai vie di scampo si sono rivelati ostacoli ostici, rendendo l’esperienza più lunga, più sofferta, più combattuta, più memorabile. Proprio come piace a me!

Ritorno a ottobre, questa volta accompagnato dal sempre preso bene Filu e dal fotografo Diego Borello. Le nuvole basse ci assalgono entrambi i giorni che abbiamo a disposizione, lasciandoci a momenti affranti e bagnati dall’umidità, a momenti grati per ripararci dal sole ancora caldo. Al momento di iniziare il primo tentativo del secondo giorno la tensione sale. So di non avere molti giri buoni per la pelle a disposizione. Voglio godermi la scalata su questa colata di calcare grigio spaziale ma voglio anche fare la via.

So di dover performare ora, se non voglio mettere in conto di tornare un’altra volta, trovare altri soci, rifare un’altra volta la lunga camminata. Pronto ad una lotta con la ghisa, lascio finalmente la scomoda sosta. Riesco a scalare fluido, sentire la roccia entrare nei polpastrelli e il tallone che scarica quanto basta. L’ultima alzata di piede sinistro è fatta, lancio dinamico alla tacca della salvezza, riesco a fermarla, è fatta! Ora sì che posso rilassarmi e godermi la scalata!

Grazie a Claudio, Filu e Diego per la condivisione dell’esperienza. Grazie a Matteo Gambaro e Alessandro Cariga per una via eccezionale.

Marcello BombardiPont-Saint-Martin




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