Il trad fa più trend? Nasce 'British Way' nuova via sulla P.ta Cusidore

Rolando Larcher e Maurizio Oviglia hanno aperto British Way, una nuova via in stile tradizionale sulla Punta Cusidore, parete ovest del Bruncu Nieddu (Sardegna). La via corre a poche decine di metri dalla storica "Spalle al Muro" (Bernardi Demichela, 1981) una delle linee mitiche degli anni ’80. Tutto il report e le considerazioni tra stili, passato (trad) e presente (trend?) di Maurizio Oviglia.
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Rolando Larcher alla 5a sosta
Maurizio Oviglia
Il trad fa più trend? Qualche giorno fa ho letto su un forum internet, in una delle interminabili discussioni sullo spit si-spit no, la frase "il trad, oggi, è solo sulle riviste". La cosa mi ha fatto sorridere, pur contenendo un innegabile fondo di verità, specialmente se pensiamo al "trad" (oggi lo chiamano così..), come alle salite estreme tipo hard-grit protette da micronut e schifezze varie... Però non ho potuto fare a meno di pensare ai miei inizi, quasi 30 anni fa, rigorosamente "trad"... ed ho riportato alla mente gli anni delle scalate in Valle dell'Orco, quando gli spit non sapevamo neanche che esistessero. Facevamo i resting, certo, ma eravamo anche spesso senza rete ed una caduta avrebbe avuto gravi conseguenze! Poi ho ripensato al 1994, quando proprio sulle pareti della Punta Cusidore, dopo aver sperimentato tutti gli stili, avevo sentito l'esigenza di aprire una via non solo senza spit, ma anche senza chiodi e martello, lasciandoli cioè a casa. Verrebbe quindi da osservare che il "trad" c'è da sempre, e che è solo ora che "il trad fa trend". Forse lo si vuole a tutti i costi vestire come un'attività alla moda, un po' élitaria, un po' snob ed ha ragione chi afferma che è solo la scoperta dell'acqua calda. Certo, i pionieri dell'alpinismo salivano in "trad"... ma davvero non c'è stata nessuna evoluzione in questo stile?

Paradossalmente, dato che sono conosciuto come un trapanatore seriale, ho sempre avuto un debole per il clean-climbing e l'ho sempre ritenuto lo stile più nobile per salire una parete... ma si sa che quando ti appiccicano un'etichetta è dura staccarsela! Nel 2000, ad esempio, dopo aver visto il video Hard Grit al Festival di Trento... forse fui uno dei pochi a cui il film fece riflettere... al punto che di a lì a poco passai ai fatti, creando la prima falesia italiana completamente trad, sul modello inglese. Successo ovviamente nullo, come mi aspettavo... in compenso mi accusarono di istigare i giovani al suicidio, critiche che arrivarono nero su bianco alla redazione della rivista che pubblicò l'articolo sulla falesia. Negli ultimi anni non mi sono perso d'animo, ed oltre ad aprire almeno una o due vie l'anno in questo stile, ho iniziato a viaggiare in Inghilterra avendo così modo di studiare meglio lo stile inglese. Molti oggi credono che salire all'inglese sia provare con la corda dall'alto fino a conoscere a memoria la via... quindi farla da primi come si scala una solitaria integrale. In realtà questa è solo una tecnica per arrivare a concatenare le headpoint, ovvero salite durissime che esigono un perfetto equilibrio tra forza e psiche. La gran parte degli inglesi pratica invece la scalata a vista con protezioni naturali... e senza avere con sè il martello, particolare a ben vedere non del tutto irrilevante, dato che spesso non si tratta di bei muri a nette fessure da due pollici. Per sincerarsi di ciò che dico, basta usufruire di una delle tante promozioni low cost... un viaggio in Inghilterra potrebbe costarvi meno di un week end ad Arco...ma occhio però...!

Una delle cose che più mi stimola negli ultimi anni è proprio l'aprire vie su grandi pareti in questo stile. Diverso, come ho cercato di spiegare, da quello solitamente utilizzato nelle Alpi dove l'uso del chiodo è generalizzato e l'apertura a vista ed in libera è molto rara, al punto che molti sostengono che, per questioni morfologiche, non sia possibile praticarla. Salendo in questo stile occorre essere cauti e saper dosare bene l'ambizione, perchè riuscire a vista in apertura significa aprire su gradi che tu padroneggi bene e non al limite. Ci vuole dunque molta esperienza nel leggere una parete vergine, per non incappare in qualcosa di molto, troppo duro che comprometta l'esito... Inoltre spesso bisogna pulire dalle lame instabili, dai cespugli, dagli alberelli... e questo senza appendersi e neanche piantare un chiodo potrebbe risultare difficile e sfiancante!

Con questi pensieri siamo giunti alla base del Bruncu Nieddu, una parete che conosco bene per avervi già aperto numerose vie con vari compagni e persino in solitaria. Oggi sono con Rolando, guarda caso reduce dall'Inghilterra, e per questo motivatissimo a questo genere di esperienze. C'è persino chi insinua ironicamente che suo viaggio in Galles si sia convertito al trad. Forse, dicono, avrà avuto una visione... ma lui sorride e pensa al suo nuovo progettone, alla via che abbiamo in cantiere, su un muro perfetto e senza una crepa... ennesimo capolavoro di uno stile (molti ormai lo chiamano Stile Larcher)... certo complementare al clean climbing, ma pur sempre uno stile con il suo terreno e le sue regole, vi posso assicurare rigorose ed esigenti, sempre se ben interpretate! Ma fino a quando si continuerà a fare di ogni erba un fascio? Lui oggi è l'uomo giusto per questo progetto, dato che ho sempre pensato che la vera bravura non abbia limiti di stile. E da anni avevo individuato questa via, una linea logicissima rimasta incredibilmente non scalata. E la volevo fare nel modo migliore, cioè a vista ed in clean climbing. Tuttavia con noi oggi abbiamo anche il martello, ma l'intenzione è quella di chiodare solo le soste, in modo che i ripetitori siano spinti a lasciarlo a casa ed ad usare solo nut e friend.

La parete è strapiombante e repulsiva, sarebbe già un bell'obiettivo per una via moderna a spit... riusciremo mai a passare? L'incertezza grava infatti come un macigno quando attacco una fessura che sembra cieca... ma poi gli appigli compaiono come d'incanto... si va!!! Rolando ha appena risolto brillantemente il secondo tiro, dopo una battaglia di quasi due ore con ciuffi che ostruiscono gli unici buchetti e una placca poco proteggibile. Certo, ora pare più facile... ma in apertura è un'altra cosa, si sa!

Il terzo tiro tocca nuovamente a me e compio l'errore della giornata: ho attaccato all'imbrago due serie complete di friend, due di nut, chiodi e rinvii. Un peso esorbitante che calcoliamo in almeno 10 kg. Mi sembra infatti di pesare una tonnellata! Ma una grossa euforbia ostruisce la mia progressione e non so come fare... l'unica è alternare le mani su una piccola presa e segarla senza fare resting, con il braccio esteso; l'operazione riesce, ma quando mi ribalto nel diedro successivo con tutto il mio carico sull'imbrago, sono sfinito. E c'è tutto il tiro ancora da aprire! Procedo lento... fino a che trovo un tratto liscio e senza fessure. Una fessurina piccola, perfetta, potrebbe ospitare un bel chiodo a lama. Lo guardo, ed il chiodo è lì appeso all'imbragatura che mi sorride...

Abbiamo terminato la via lungo fessure atletiche, bellissime. Ed entrambi siamo saliti a vista. Siamo sfiniti e soddisfatti e non ci arrabbiamo neanche troppo quando una doppia si incastra, e devo risalire per uno dei tiri della mia "Stella di Sangue". Parebbe dunque un successo senza macchia, eppure quel chiodo che ho piantato sul terzo tiro... assolutamente inutile, visto che dopo ho trovato ottime prese ed il passaggio si è rivelato non difficile... suona come una piccola sconfitta e comunque lascia l'amaro in bocca a tutti e due. "Tanardo*, potevi mettere un nut!!", mi rimprovera Rolando... "Certo che sì...rispondo... sicuramente non avessi avuto il martello avrei messo un nut e me la sarei cavata lo stesso!!".
Qualcuno a questo punto scuoterà la testa perplesso, dandoci degli integralisti... Già, integralisti dello spit e integralisti del nut! Con l'aggravante di istigare gli alpinisti a lasciare a casa il martello! Nel mentre gli inglesi, probabilmente sorridono.

di Maurizio Oviglia

* tipica espressione con cui Rolando usa definire un apritore incapace, maldestro, approssimativo.
Note:
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