Fisioterapia d'urto, nuova via sulla Cima Dagnola per Larcher, Giupponi e Sartori

Fisioterapia d'urto (350m, 7c+ / 8a max, obbl. 7b) la nuova via aperta da Rolando Larcher, Luca Giupponi e Nicola Sartori sulla parete Nord della Cima Dagnola (2195m, Dolomiti di Brenta) e poi liberata lo scorso agosto sempre da Larcher e Giupponi insieme a Herman Zanetti. Il report di Luca Giupponi.
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Sul quarto tiro di Fisioterapia d'urto il giorno il cui è stata terminata la via
archivio R. Larcher, L. Giupponi
Misura 350 metri. Corre su una parete (la nord della Cima Dagnola nelle Dolomiti di Brenta) che è "selvaggia" ma anche ben raggiungibile. Ed è una valida alternativa per i mesi più caldi. Si tratta dell'ultima nata della premiata cordata formata da Rolando Larcher, Luca Giupponi e Nicola Sartori. 10 lunghezze per una difficoltà massima di 7c+ / 8a e una difficoltà obbligatoria di 7b, in cui ci si protegge con un misto tra protezioni veloci e ("misurati") spit, ma soprattutto una via dove saper arrampicare è fondamentale. Non a caso, come scrive Giupponi: "Per passare in apertura abbiamo dovuto dar fondo a tutto il nostro repertorio gestuale e tecnico". Va detto che la via è stata aperta in tre giorni nel settembre 2011 per poi essere completata il 24 luglio 2013. Quindi a chiudere il cechio è arrivata la libera da parte di Rolando Larcher e Luca Giupponi, nell'occasione accompagnati da Herman Zanetti. Anche la prima ripetizione non si è fatta attendere e a coglierla sono stati Manuel Bontempelli e Silvestro Franchini. Segno che questa "Fisioterapia d'urto" i numeri per diventare una classica e un bel banco di prova ce li ha tutti.


FISIOTERAPIA D'URTO di Luca Giupponi

Settembre 2011, sono alla ricerca di una parete vicino a casa, per aprire una nuova via e concludere in bellezza l’estate. Il mio compagno Rolando (Larcher ndr) è infortunato ad una spalla, allora macina dislivelli in giro per le montagne con gli occhi sempre rivolti in alto. Un giorno ci sentiamo e mi dice che ha visto qualcosa di interessante. Inquadro subito la parete, che tante volte ho guardato dalla falesia di Cavedago mentre arrampicavo d'inverno. Ci organizziamo velocemente, Rolando accorcia di brutto la fisioterapia e belli carichi in tutti i sensi, partiamo per la cima Dagnola.

La parete da sotto non mi esalta, nessun particolare strapiombo, nessuna linea evidente, ma comunque scegliamo una partenza e iniziamo i giochi! Parto in un diedro svasato, roccia nera e liscia, tipica delle pareti nord, tutto maledettamente sfuggente e precario! Piano piano entriamo dentro questa linea, mani e piedi prendono sicurezza.

La spalla infortunata di Rolando sembra tenere e ci lasciamo portare in alto dagli appigli, divertendoci sempre di più. Ogni tiro ha un suo perché, qualcosa di particolare, non è certamente un arrampicata evidente. Per passare in apertura abbiamo dovuto dar fondo a tutto il nostro repertorio gestuale e tecnico. Un giorno si è unito a noi l’amico di aperture Nicola Sartori. Qui ha trovato terreno adatto per la sua grande tecnica di piedi, anche lui amante di questi angoli appartati del Brenta.

Purtroppo è già fine settembre, arrivano le piogge e la parete nord non riesce più ad asciugarsi. Siamo arrivati quasi in cima, ma dobbiamo levare il disturbo.

Nell’estate 2012 scaliamo in Turchia e una volta rientrati, l'autunno ci sorprende nuovamente, lasciando il discorso ancora aperto. L’inverno mi ritrovo sempre lì, a Cavedago, a contemplare la parete innevata.

L’estate 2013 finalmente è quella buona, saliamo e ripassiamo i tiri già aperti. Ci prepariamo per proseguire dal punto abbandonato, ma ci sorprende la pioggia! Quel giorno pensavamo di finire presto e di scendere con la luce. Per fortuna ci troviamo alla sosta in un grottino, sistemiamo le corde a mo' di cuscino e ottimisti aspettiamo che smetta e asciughi. Sapevamo che non mancava molto alla fine e che il difficile era fatto. Diamo fondo alle provviste, ci godiamo il paesaggio e il privilegio di essere li, due amici a 300 metri da terra, in un buco dentro la parete che ci ripara dall’acqua.

Trascorse 3 ore la pioggia sembra smettere, per fortuna tocca a Rolando, che parte sul tiro molto bagnato. Dopo 50 metri e qualche spavento sulle prese viscide, raggiungiamo la fine delle difficoltà. Troviamo segni di passaggio dei camosci... bene, la via può concludersi qui, in cima si può arrivare slegati.

Sta imbrunendo, assaporiamo il momento, guardo verso casa, i paesi della Val di Non si illuminano e anche noi accendiamo le frontali calandoci nel buio.

Ancora una volta la fortuna è stata dalla nostra, una manciata di appigli ci ha lasciato salire dritti, scegliendo il logico nel difficile. Siamo soddisfatti anche del modo di come siamo riusciti a salire la via, un misto tra protezioni veloci e spit. Adesso come sempre bisogna tornare per la rotpunkt, per cercare di godersi tutta la via in un fiato. Questa volta ci accompagna l’amico Herman Zanetti, sempre pronto alle novità ed a raccontare barzellette! Anche in questa giornata facciamo tardi, ma ne valeva la pena, tutti i tiri filano via lisci al primo colpo, provando la piacevole sensazione di portare a termine un progetto, dalla nascita, alla costruzione fino alla sua realizzazione finale. Buon divertimento!

A proposito: quest'inverno potrò guardare la parete dalla falesia di Cavedago e ripensando a questa bella avventura, sognarne una nuova.

Luca Giupponi

Luca ringrazia La Sportiva e Mammut
Rolando ringrazia La Sportiva, Petzl, Totem Cams e Montura



SCHEDA: Fisioterapia d'urto, Cima Dagnola, Dolomiti di Brenta



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