Dhaulagiri 2005: raggiunto campo 2 a 6800m

24/04 sesto report dalla spedizione Dhaulagiri 2005: fissati il 1° e 2° Campo.
Himalaya, Luca Vuerich, Nives Meroi, Romano Benet, Dhaulagiri

Al Dhaulagiri ormai è tempo di fare i conti con la montagna. E' il momento di costruire il sogno di quegli 8167 metri, di quella cima. E tutto deve procedere con quella misurata (ma inesorabile) lentezza e cautela che ritma la vita sugli ottomila. Si conosce la meta ma non c'è nessuna certezza che si lasci afferrare...

Il 21 e il 22 aprile gli alpinisti sono saliti al C2 a 6.800 metri e vi hanno trsportato le corde che serviranno per attrezzare la parte superiore. Il programma prevede due giorni di riposo (24 e 25 aprile) e poi (tempo permettendo) si va di nuovo verso l'alto. Qualcuno, se il tempo si mantiente decente, potrebbe già tentare la vetta, probabilmente verso il 28 o 29 aprile. Per ora il meteo si mantiene buono solo al mattino, per il resto dal pomeriggio tutto scompare nelle nuvole.

Per Romano Benet, Nives Meroi, Luca Vuerich, Mario Cedolin, Erri De Luca, Cesare Giuliani e Roberto Alloi, Klemen Gricar e Christan Stangl, Peter Guggemos, Inaki Ochoa e Ivan Vallejo, continua l'avventura. Come per chi li aspetta al Campo base.


DALLA MONTAGNA... IN AZIONE
cronache dal Dhaulagiri: i primi 2 campi
dal diario della spedizione


Campo base Dhaulagiri, 24 aprile 2005.

Dopo i festeggiamenti per il compleanno di Romano il 21 aprile abbiamo ripreso la salita.
Alle sei di mattina, dopo aver acceso dell’incenso e fatto il rituale giro intorno all’altare della Puja, zaino in spalla siamo partiti. Abbiamo attraversato il ghiacciaio e, risalito il fianco dell’ice fall, siamo sbucati nella vallata superiore, che porta alla sella del C1, a 5800 metri di quota. Il tempo è sereno ed in circa 4 ore raggiungiamo la sella, facciamo la piazzola, montiamo la tenda e poi risaliamo altri 600 metri per andare a preparare una nuova piazzola e portare del materiale in quello che diventerà il nostro campo 1 effettivo, a quota 6400. Scendiamo nuovamente a 5800 e qui passiamo la notte.

La mattina successiva smontiamo la tenda e ripartiamo per spostare il nostro campo. In due ore raggiugiamo i 6400 metri di quota e qui si ricomincia: scavare il pendio per realizzare una piazzola, pareggiare il fondo, innalzare un muro di neve per proteggere la tenda dal vento… Dopo qualche ora ce la facciamo e possiamo finalmente sciogliere un po’ di neve per bere qualcosa. Come ogni giorno nel pomeriggio arriva la bufera: il cielo si chiude, si alza il vento ed inizia a nevischiare, ma per fortuna, niente di serio. Nonostante la bufera per portarci avanti con il lavoro ci rimettiamo in cammino e portiamo un po’ di zaini di corde più su, verso la base dello spigolo.

Alle cinque del pomeriggio inizia un’altra “lunga notte d’alta quota”. Rintanati in tenda sciogliamo pentolini di neve, mangiamo qualcosa, ci riposiamo, chiacchieriamo; insomma, cerchiamo con ogni mezzo di “tirar mattina”. Quest’anno una simpatica variante sono i test per l’Università di Udine da fare qui, sul campo. Si tratta di effettuare misurazioni sulla percentuale di saturazione di ossigeno nel sangue e un rilievo “serrato” della sintomatologia del mal di montagna. E’ Leila che ce li somministra e contemporaneamente facciamo da “cavie” anche per i suoi esperimenti di Laurea: un progetto pilota sulla valutazione della funzionalità cognitiva in alta quota.

Finalmente si fa giorno. Alle sette si ricomincia con la solita trafila: sciogliere la neve, mangiare qualcosa e, ultima ma forse la più impegntiva, la “vestizione”; uno per volta ovviamente, visto che prepararsi in tre, nei due metri quadri scarsi della tenda non è mai un’impresa facile. Dopo un’oretta di spintoni e gomitate riusciamo a saltar fuori; il tempo è buono ma i cirrostrati che si adensano nel cielo annunciano un peggioramento. Partiamo per risalire fino alla base delle rocce per portare fin lì le corde che dovranno essere fissate sui circa 500 metri dello spigolo di misto. Al campo base oltre alla nostra c’è solo un’altra spedizione. E’ un gruppo coreano, che dispone di quattro sherpa. Insieme a loro abbiamo raggiunto un accordo di collaborazione: noi e i loro sherpa stiamo provvedendo a trasportare le corde e fissarle nei tratti più impegnativi del percorso - sugli alpinisti coreani, vista l’andatura, non c’è da far conto.

Le condizioni della neve sono abbastanza buone e in un paio d’ore arriviamo alle rocce, a 6800 metri di quota. Depositiamo i nostri carichi e, girati i tacchi, scendiamo veloci verso il campo base.
Fuori dall’icefall, sulla morena, spiccano i colori delle nostre tende: il campo base. Dopo solo un paio di giorni su in parete rientrare al campo base è come tornare a casa: il caldo del sacco a pelo, la comodità del mangiare seduti a tavola, il tempo libero che ognuno impiega come vuole, anche senza far niente e senza nemmeno dover cercare un’alibi e sovrana, la meravigliosa cucina di Biman, il nostro cuoco nepalese e dei suoi collaboratori, che giorno dopo giorno ci deliziano con pantaruelici pasti di cucina italiana: l’ideale per recuperare le forze per le prossime salite… quelle per la cima.

Tratto dal diario della spedizione

PENSIERI...
dal diario di Mario Cedolin
22 aprile 2005

Campo 1 provvisorio.
Come la lumaca (anche il passo).
Sulle spalle la casa della vita.
Nell’ascesa nuove prospettive, nuovi scenari; l’immenso Himalaya fa di sé bella mostra.
Ad Est spicca l’Annapurna.
Come la lumaca.
Neve bianchissima e immacolata, evidente la scia del camminato che s’arresta a mt.6400.
Magioni (chiocciole) colorate fioriscono sul costone.
Definitivo il primo campo.

Himalaya, Luca Vuerich, Nives Meroi, Romano Benet, Dhaulagiri

DAL CAMPO BASE... IN ATTESA
cronache dal Dhaulagiri: aspettando ai piedi della montagna
di Leila Meroi

Campo Base Dhaulagiri 21-23 aprile 2005

Sono le 6 del mattino ed il gruppo è appena partito. Il tempo è bello e non fa nemmeno troppo freddo… Anche ‘stavolta ho deciso di alzarmi insieme a loro: “compartimos l’initio” direbbe Ivan (Vallejo, fortissimo alpinista equadoriano che ci tiene compagnia in quest’avventura): condividiamo la partenza.

Li vedo andare via uno dopo l’altro, seguendoli con lo sguardo fino alle corde fisse, alla base della parete. Il programma prevede due giorni di permanenza in quota, al campo 1 e al campo due, se tutto va bene. Io li aspetterò qui, come sempre, tenendo d’occhio il condominio (abbiamo cominciato a chiamare così il campo base, un folto gruppo di tende gialle nel bianco della valle).

Con me non è rimasto nessun alpinista; ci siamo solo io e i cuochi. Galzen, Badur, Biman: i loro nomi sono impronunciabili, ma la loro arte è incomparabile. Vedendomi sola mi hanno subito chiesto se volevo mangiare con loro nella tenda cucina, al calduccio: pietanze nepalesi, eccezionali! Ho assaggiato di tutto, dal riso e dahl alle misteriose minestre di verdure (che chissà come fanno a conservare così buone dopo tanto tempo dal nostro arrivo al campo base). Mi trattano come una regina.

Passo le giornate con un occhio ai miei test e l’altro alla parete, tirando le orecchie al costante baccano che le valanghe e le numerose frane emettono nel loro precipitare a valle. Il tempo sta cambiando: fa sempre più caldo e la neve sta cominciando a sciogliersi velocemente. Di notte, da sola nella mia tenda, odo solamente il rumore del ghiaccio sotto di me e del vento che tuona sulla mia tenda. Un paesaggio surreale tutt’attorno, che inizialmente mi ha ispirato più paura che poesia... Per fortuna ci sono i miei nuovi amici nepalesi: passiamo le serate a ridere e chiacchierare ed il tempo in loro compagnia scorre più velocemente. Si sono messi in testa di insegnarmi la loro lingua e devo dire che sono tremendamente esigenti. Caspita, non faccio altro che studiare!

Il giorno 23 il team fa ritorno al campo. Il tempo non è dei migliori e non riesco a capire chi sta scendendo la parete. La neve continua a sciogliersi e vedo le figure scivolare ripetutamente nelle misteriose buche piene d’acqua che costellano il ghiacciaio.
Alla spicciola arrivano un po’ tutti e finalmente posso riabbracciare anche Nives Romano e Luca. Sono gli ultimi perché hanno deciso di non fermarsi al C2, come gli altri, ma di fare uno sforzo un più e di alzarlo, portando un po’ più in alto corde e materiale. Sono stati velocissimi, come sempre e nonostante la fatica hanno una carica eccezionale addosso; il loro umore pervade di allegria tutto il campo e la tensione dell’attesa si scioglie come neve al sole.

I cuochi ci preparano una deliziosa pastasciutta e passiamo qualche ora a chiaccherare della “passeggiata”. Presto arriva la sera. Finalmente il Condominio si è ripopolato: ora posso dormire tranquilla.



sito ufficiale spedizione Dhaulagiri 2005
diario spedizione Dhaulagiri 2005
presentazione spedizione
1° report - Viaggiando nel tempo sospeso
2° report - tra incontri con i "ribelli maoisti" e la lentezza
3° report - smentire i pregiudizi
4° report - smentire i pregiudizi
5° report - rientro alla base per i trekkers
archivio
portfolio Luca Vuerich
Nodo infinito
news Meroi, Benet, Vuerich


Dall'alto: il campo base avanzato a 6350m; verso i 6800m. (Foto archivio Luca Vuerich).


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