Christian Stangl confessa: la sua cima del K2 è frutto dell'immaginazione

Christian Stangl, l'alpinista austriaco a cui veniva attirbuita l'unica salita del K2 in questa stagione pre-monsonica, ha ammesso ieri di non essere salito in cima, come gli veniva contestato da parte della communità alpinistica.
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L'autoscatto di Christian Stangl della supposta vetta.
arch Christian Stangl
E' una confessione che lascia senza parole quella di Christian Stangl. Come ha dichiarato lui stesso alla ORF, la televisione austriaca, la sua salita del K2 non è mai avvenuta. Anzi, l'ha simulata in uno "stato di coma causato dallo stress e dalla paura di fallire". Come si ricorderà la notizia della salita sul K2 dell'alpinista e “skyrunner” austriaco risale al 10 agosto scorso. E le prime informazioni parlavano di un rush di “andata e ritorno” durato 70 ore, tutto in solitaria. Una bella corsa, e come tale riportata da quasi tutti i siti specializzati, anche perché la “supposta” vetta di Stangl era l'unica in questa stagione al K2.

Poi, le prime voci di contestazione ma anche la difesa di Stangl che ad un certo punto, secondo quanto riportato da explorersweb, si è tirato fuori dalla mischia dichiarando che la vetta l'aveva raggiunta e che però non voleva subire ulteriormente il massacro dei media e della comunità alpinistica, per cui non avrebbe più risposto a nessuna domanda di chiarimenti. Questo solo qualche giorno fa.

Poi, improvvisa, la confessione “a freddo” davanti alle telecamere: la vetta del K2 è stata inventata... Se non ci fossero altre cose molto più gravi nella vita e al mondo - vedi l'assoluta tragedia dell'alluvione in Pakistan che colpisce proprio il paese del K2 – verrebbe da dire che la cosa è sconvolgente. E lo deve essere senz'altro dal punto di vista umano... quello dell'uomo Stangl.

Ora, che anche gli alpinisti mentano, come mentono gli uomini, era cosa risaputa. Solo qualche circolo di “anime belle” suona ancora le trombe di quella “purezza” e “onestà” che le montagne anzi, per dir meglio, l'ardimento dell'alpinismo assicurerebbe tout-court. Ma lasciateci dire che almeno in una cosa la storia di Stangl si differenzia. Perché, come scriviamo spesso, di probabili bugie degli alpinisti la storia regala fulgidi esempi. Ma una confessione in piena regola come quella dell'austriaco non è certo cosa comune, anzi è unica. E di questo, almeno dovremmo dargli atto.

D'altra parte ci si dovrebbe soffermare anche sulla sua giustificazione del tutto, su quella trance da alta quota che l'ha fatto “sognare”, anzi “delirare”, la vetta per poi convincersi che era cosa vera e davvero successa. Non entriamo nel merito, naturalmente. Anche se Reinhold Messner ha dichiarato alla ORF che crede a queste “allucinazioni”. Certo è che l'alpinismo, soprattutto quello himalayano ma non solo, sta attraverso una crisi profonda. E' come se brancolasse nella nebbia senza intravedere alcuna meta se non cime “deliranti” come quelle di Stangl.

Forse la soluzione sta altrove come ci scrive Manuel Lugli perché “Se alpinisti 'seri' e insospettabili come Christian Stangl arrivano a questi eccessi, forse l’himalaysmo è molto più malato di quanto sospettassimo e il rimedio, credo, non sono convegni e summit, né organi di controllo e vidimazione, né, tantomeno, cronache sempre più serrate. L’unica è tornare a far lavorare la fantasia, come tanti alpinisti, per fortuna, sanno ancora fare, senza grandi ribalte, senza gare, su vie nuove, salendo cime “minori”, facendo invernali e solitarie vere. Il resto sono solo chiacchiere e distintivo.”



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