Andrea Lanfri e Massimo Coda, paraclimber in cima al Monte Bianco

Intervista a Andrea Lanfri che all'inizio di agosto insieme a Massimo Coda è salito in cima al Monte Bianco lungo la via normale italiana. Con ogni probabilità è la prima cordata di amputati agli arti a compiere un'impresa simile.
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Massimo Coda e Andrea Lanfri in vetta al Monte Bianco
Massimo Coda, Andrea Lanfri

L’altro giorno Andrea Lanfri e Massimo Coda sono saliti in cima al Monte Bianco. Fin qui probabilmente niente di particolare. Solo che entrambi sono amputati agli arti: Lanfri infatti nel 2015 in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica ha perso entrambe le gambe e sette dita delle mani, mentre Coda in seguito ad un incidente due anni fa ha perso la gamba destra. I due sono saliti sul Bianco lungo la via normale italiana, contando solo sulle loro capacità e forze, pianificando e gestendo completamente la salita. Ecco cosa ci ha raccontato il 33enne Lanfri, membro della Nazionale Paralimpica Italiana di atletica e vincitore di un argento mondiale a Londra nel 2017.

Andrea, parlaci del Bianco
La salita al Bianco è stata divisa così: il primo giorno siamo partiti dalla Val Veny e abbiamo percorso tutto il ghiacciaio del Miage fino ad arrivare al Rifugio Gonella, il secondo giorno abbiamo attraversato il ghiacciaio del Dome fino ad arrivare in cresta e a congiungerci con la via normale francese fino al bivacco Vallot. In realtà volevamo arrivare in vetta quel giorno ma il tempo non era dei migliori e ci siamo fermati a riposarci lì al bivacco, e alle 4 della mattina seguente siamo partiti per la vetta, alle 6.30 circa eravamo in vetta al Bianco! Successivamente siamo scesi e abbiamo fatto ritorno al Gonella. L'ultimo giorno abbiamo fatto ritorno a Val Veny percorrendo tutto il sentiero in discesa verso la nostra auto, e a nostra sorpresa la redazione di imountblanc Tv ci ha fatto trovare un bel rinfresco per festeggiare la nostra salita.

Ci pare giusto! Domanda così semplice da sembrare persino imbarazzante: cos’è la cosa più difficile per un alpinista con una protesi?
Camminare su un terreno come una pietraia per chi porta una protesi o per chi come me due... è un terreno molto difficile da percorrere. Il continuo cambio di assetto e di equilibrio ti stanca, non solamente a livello fisico ma anche a livello mentale, non avendo la mobilità di caviglia, l'equilibrio viene corretto con movimenti di busto e bacino, dove con uno zaino bello peso è ancora più complicato.

E invece sulla neve?
Sulla neve è molto più semplice la ricerca dell'equilibrio, la neve aiuta! Però qui, alcuni passaggi di cresta bisognava stare molto attenti a non perdere il controllo della protesi neanche un secondo, un errore sarebbe stato fatale. La cosa più difficile in assoluto è la sassaia in discesa, per i problemi di prima, che vengono amplificati nella fase di discesa, quella richiede veramente un ottimo controllo della protesi non semplice da gestire.

Allora giriamo la domanda: la cosa più facile?
Per me è indubbiamente il problema del freddo ai piedi completamente assente e quel caldo che percepisco! utilizzo scarpe ultraleggere in goretex anche con temperature molto basse, fino ad ora è l'unico vantaggio che riesco a trovarci... In realtà non esistono vantaggi per noi che camminiamo con le protesi, è una lotta continua con infiammazioni, irritazioni e tagli, le protesi non sono semplicemente un paio di scarpe che basta indossarle e via, richiedono molto sacrificio, allenamento e sopportazione al dolore.

E adesso?
Il mio sogno è salire tutte le "Seven summits", e il prossimo anno ci sarà il via al progetto Everest, per diventare il primo atleta al mondo con 4 amputazioni a raggiungere la vetta del tetto del mondo. Invece le prossime date fisse saranno il 20 e 21 agosto per la salita al Monviso lungo la cresta est, e il 5-6 settembre per il Cervino lungo la cresta del Leone.

Info: andrealanfri.com




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