Alpinismo: nuova via sull’ Igor Brakk (Pakistan)

In luglio Agostino Cittadini, Maurizio Felici, Alessandro Palmerini e Toni Caporale hanno aperto Inshallah (VII, A0, ghiaccio 70°) sull’ Igor Brakk (5010m), Nangmah Valley, Pakistan.
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Granito nella Nangmah Valley
arch. Abruzzo Karakorum 2007
Nel luglio scorso Agostino Cittadini, Maurizio Felici, Alessandro Palmerini e Toni Caporale hanno aperto un nuovo itinerario sull’ Igor Brakk montagna di 5010 metri di altezza della Nangmah Valley in Pakistan. Inshallah, questo il nome dato alla via, ha uno sviluppo di 610 metri con difficoltà complessive valutate ABO- (VII, A0, ghiaccio 70°). L’obiettivo iniziale dei 4 alpinisti abruzzesi era la salita di un picco inviolato nella Charakusa Valley ma, constatata sul posto l’impossibilità di raggiungere la zona attraverso il Passo del Gondogoro, hanno dovuto fare di necessità virtù e cambiati tutti i piani affrontare (con successo) il nuovo obiettivo dell’ Igor Brakk.

La spedizione rientrava nel progetto “Abruzzo Karakorum 2007” del Centro Documentazione Alti Appennini che, oltre al progetto nella Charakusa Valley, comprendeva anche la salita del Broad Peak (8047m) da parete di un gruppo formato da Armando Coccia, Leandro Giannangeli, Giampaolo Gioia e Flavio Paoletti, dal cameraman Enzo Testa e dal medico Walter Bucci. Quest’ultima paret del progetto s’è conclusa sulla cima Middle per le cattive condizioni meteo che hanno impedito di proseguire verso la vetta principale.

Abruzzo Karakorum 2007
CDAA (Centro Documentazione Alti Appennini)

Quando circa un anno fa Claudio Persio presidente del Centro Documentazione Alti Appennini mi ha proposto di tornare in Pakistan per una spedizione alpinistica ad un 8000 il Broad Peak, meta agognata da Giampaolo Gioia amico e compagno di tante esperienze alpinistiche, mi ha stimolato un pensiero che avevo in testa da tempo, tentare di aprire una via di roccia e misto in una delle belle valli del nord Pakistan. Consultatomi con i referenti del CDAA la mia proposta viene presa in considerazione con mio impegno di dare supporto alla spedizione diretta al Broad Peak. In questo modo nasce il progetto alpinistico “Abruzzo Karakorum 2007”

Il progetto alpinistico prevede la salita di un picco inviolato nella Charakusa Valley (valle da dove trae origine l’Hushe river) da parte di tre alpinisti (Antonio Caporale, Agostino Cittadini e Maurizio Felici) e da un fotografo-cameraman alpinista (Alessandro Palmerini). E la salita al Broad Peak da parte di quattro alpinisti Armando Coccia, Leandro Giannangeli, Giampaolo Gioia e Flavio Paoletti, dal cameraman Enzo Testa, dal medico Walter Bucci, dal responsabile del progetto comunicazione Dott. Antonio Massena e dal Presidente del CDAA Claudio Persio. Il gruppo della Charakusa Valley il 15 di luglio avrebbe dovuto raggiungere il campo base del Broad Peak passando per il Passo del Gondogoro La per dare supporto agli alpinisti che tentavano la salita al Broad Peak (8047 mt.).

Cambio di programma
Arrivati ad Islamabad il 21 di giugno 2007, prima spiacevole sorpresa per il gruppo della Charakusa Valley e successivo cambio di programma per problemi logistici, il passo del Gondogoro è chiuso e resterà chiuso per tutto il tempo a nostra disposizione. Decidiamo di scegliere una valle laterale prima di Hushe (Nangmah Valley) che conosciamo soltanto per via di alcune foto viste da amici. Questa decisione viene presa per poter essere al campo base del Broad Peak per il quindici di luglio ripassando per Skardu e percorrendo il ghiacciaio del Baltoro.
Qualche amico mi aveva informato sul tempo non proprio stabile del nord Pakistan ed a conferma di questo riusciamo appena a montare la tenda al campo base che inizia la danza della pioggia.
Trascorrono sei giorni dal nostro arrivo nella Nangmah Valley, cinque dei quali passati sotto la pioggia. Ci restano solo quattro giorni per realizzare una salita. I nostri progetti iniziali di tentare una via in stile big wall sono “naufragati”. Si pone forzatamente la scelta di tentare una salita in stile alpino, leggero e veloce, anche se le cime che ci circondano non vi si prestano. Tutte le salite fino ad oggi realizzate sono state effettuate prevalentemente in arrampicata artificiale data la natura compatta e verticale delle pareti (vedi Brakk Zang, Amin Brak ecc.)
Un altro dei problemi ricorrenti sono i malesseri intestinali, nonostante il nostro campo fosse situato in un paradiso terrestre con prato di stelle alpine ed il ruscello che scorreva a fianco della tenda, sia Maurizio che Tony hanno avuto la sfortuna di subirne le conseguenze, per quest’ultimo è stato tragico in quanto gli ha precluso la salita.

La salita
Dopo una notte insonne a causa dei disturbi di salute di Tony, alle 6,00 ci alziamo per tentare quello che è nei nostri cuori: la salita di una via nuova. Nell’unico giorno di tempo discreto ho individuato un itinerario ed abbiamo attrezzato la parte inferiore. In questo giorno, iniziato alquanto male per la defezione di Tony, decidiamo di partire lo stesso con l’umore sotto i piedi dovuto anche alla pioggia impietosa che ci ha perseguitati. Parte del materiale è già depositato alla base della parete, ci mettiamo sulle spalle il rimanente ed alle 7,45 iniziamo l’avvicinamento. La prima parte dello zoccolo è di cinquecento metri di dislivello su terreno ripido che percorriamo con passo lento e costante in circa un’ora e trenta (siamo a 4400 metri s.l.). I primi duecento metri della salita si snodano dentro un canale con salti rocciosi intervallati da massi instabili che superiamo assicurati in conserva. Questo tratto raggiunge difficoltà massime di quinto grado. Finalmente siamo sotto la parete. La vetta sembra alla nostra portata. Individuiamo sulla sinistra la linea di salita che inizia con un ripido canale a tratti ghiacciato. Il primo tiro inaspettatamente ci pone davanti a difficoltà mai affrontate, dulfer su una lama di ghiaccio nero coperto da detriti, da proteggere con friends (?) posizionati parte su roccia e parte su ghiaccio. Mentre saliamo confidiamo in un ritorno alla normalità delle difficoltà. Queste fessure che apparentemente sembrano invitanti presentano al loro interno detriti rocciosi e sabbia bagnati. Ormai siamo in gioco e decidiamo di continuare anche se è evidente che la situazione è complessa.
Nei tiri successivi dopo aver superato uno strapiombo in artificiale (A0) l’inclinazione della parete diminuisce ma la scarsità di appigli e la presenza di fessure cieche non permettono una progressione sicura ma alquanto aleatoria. I tiri si succedono (13 in totale) con difficoltà costanti. La precarietà delle protezioni spesso ci scoraggia nel proseguire. Ci alterniamo alla testa della cordata con Maurizio per scaricare la tensione accumulata nel tiro appena affrontato.
Finalmente, sfiniti a causa anche della quota (5010 metri) tocchiamo la vetta alle 17,30. Consumiamo il rito degli abbracci in maniera veloce in quanto già concentrati nella complessa discesa che ci aspetta. Come già deciso in precedenza dedichiamo la nostra salita ai nostri scomparsi amici Stefano Imperatori e Alberto Bianchetti. Deponiamo la targa commemorativa affidataci dal CAI dell’Aquila ed alle 18,00 iniziamo ad attrezzare le doppie per la discesa. Manovre che ci terranno impegnati nell’oscurità fino alle 21,00. Siamo sfiniti, ma soddisfatti ed entusiasti per l’impresa appena compiuta.
Ne risulterà una via di 610 metri con difficoltà complessive valutate ABO-.(VII, A0 ghiaccio 70°) decidiamo di chiamarla “Inshallah” per augurio e soprattutto con la speranza di tornare presto nella Nangmah Valle “Eldorado” di granito.
Ci riposiamo un giorno e poi decidiamo di partire verso il Broad Peak, consigliati anche dal tempo che per non smentirsi ha deciso di riprendere la sua danza della pioggia.

In viaggio verso il Broad Peak
Affrontiamo i nove giorni di viaggio per raggiungere il campo base del Broad Peak accompagnati dalla pioggia e nell’ultimo tratto dalla neve, la domanda che mi pongo frequentemente è se vale la pena: organizzare, trovare i soldi, affrontare interminabili trasferimenti per poi essere perseguitati dal mal tempo?… Basta alzare lo sguardo nei momenti di visibilità e la risposta affermativa viene da sola, le pareti che ci sovrastano sono il sogno di ogni alpinista. I nostri amici nel frattempo hanno montato i tre campi e sono pronti per tentare la vetta del Broad Peak, ed attendono la solita “finestra di tempo bello” che puntuale arriva il 18 di luglio due giorni dal nostro arrivo.
Io e Maurizio accompagniamo Giampaolo, Armando e Flavio fino al primo campo, il nostro acclimatamento è ottimo e riusciamo a tenere il passo egregiamente, le nostra intenzione è di arrivare fino al campo 2. Lo spettacolo che ci si presenta sotto il campo 1 è angosciante, circa cinquanta persone in fila indiana che si spostano da un campo all’altro per poi tentare la vetta, tutti attaccati ad una corda fissa messa da non si sa chi… tutti in attesa che qualcuno tracci la pista… un alpinismo incomprensibile non certo quello dei miei ideali.
Auguriamo buena suerte ai nostri amici e velocemente torniamo al campo base rimanendo in apprensione per la loro salita che puntualmente seguiamo per radio il giorno 20, un giorno non proprio ideale per le condizioni atmosferiche, sulla vetta del Broad Peak staziona una nuvola lenticolare, pertanto il vento forte in quota purtroppo condiziona la salita dei nostri che riescono a raggiungere la vetta Middle in ritardo rispetto alla ”tabella di marcia” e di conseguenza sono costretti a rinunciare alla vera vetta. Decisione che condividiamo, dato che un risultato comunque positivo lo avevano ottenuto e soprattutto ha permesso loro di scendere integri.

Stefano Zafka
Contemporaneamente abbiamo assistito ad una tragedia annunciata che si consumava sul vicino K2, il nostro amico e collega Stefano Zafka, era venuto a salutarci al nostro arrivo al C.B., nella discesa dalla vetta è scomparso prima di arrivare al campo 4. Abbiamo ascoltato, sulla loro frequenza radio, tutte le fasi della salita e discesa della spedizione K2freedom, arrivati in vetta dietro ad Americani, Russi e Coreani alle 18,30 con una perturbazione in arrivo, una vera pazzia!!
Purtroppo la scomparsa di Stefano è stata una tragedia irreparabile che ha funestato quello che per noi poteva essere un momento di gioia per i risultati ottenuti, nonostante abbia vissuto tanti momenti tragici in montagna la mia mente non dimenticherà mai quelle lunghe ore di attesa, nella speranza di un miracolo che purtroppo non è avvenuto .
Caro Stefano “Inshallah”!

Agostino Cittadini - Guida Alpina
Note: Inshallah - Igor Brakk (5010m)
Prima salita: Agostino Cittadini, Maurizio Felici, Alessandro Palmerini, Toni Caporale (luglio 2007)
Lunghezza: 610m
Difficoltà: ABO- (VII, A0 ghiaccio 70°)
Materiale: spit alle soste, 2 set Camelot fino al # 5, 1 set nut, 2 corda da 60m
Discesa: in doppia lungo la via

www.cdaaexpeditions.it



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