La Cima di Andrea Sarchi

Nonostante per gli alpinisti la montagna sia una “faccenda” intensamente privata, difficile da spiegare a parole, intima, per alcuni persino solitaria, la maggior parte di loro, una volta scesi a valle, non vede l’ora di raccontarla. Il desiderio con l’andare degli anni si fa evidentemente bisogno: vuoi che le dinamiche della vecchiaia non risparmiano nessuno, vuoi il poter rivivere nel ricordo le emozioni e l’entusiasmo provati, mettici anche la vanità, cifra più o meno radicata, più o meno ben celata, ma comunque presente in ogni scalatore. A un certo punto della loro vita, iniziano a pensare di raccontare le loro grandi gesta sulle vette del mondo.
Così quando alcuni mesi fa Andrea Sarchi mi ha annunciato l’uscita imminente del suo libro autobiografico, confesso di aver pensato: eccone un altro. Per chi non pratica l’alpinismo, queste avventure verticali si assomigliano l'una all'altra. La trama di suo non tende all’originalità: sogno, avvicinamento, attesa, sforzi al limite dell’umano, pericoli, vetta, discesa, festa. Da capo. Scusate il cinismo.
Si aggiunga che il bello scrivere è una virtù di pochi, anzi bisognerebbe dire una competenza, se non vogliamo parlare di talento, e chi fa l’alpinista di mestiere, appunto, non fa lo scrittore. A parte una manciata di nomi fortunati che possono vantare una certa bravura tanto con la piccozza quanto con la penna, la maggior parte al massimo se la cava.
Con questo scetticismo per la testa mi sono avvicinata a La cima, l’opera prima di Andrea Sarchi, alpinista, Guida alpina e amico. E come si sarà capito, è da quest’ultimo appellativo che è nato il mio sforzo.
Sono bastate le prime venti pagine a farmi cambiare umore e il “dovere” di leggere si è tramutato in piacere. Non solo perché la lettura scorre veloce e intriga – che vita avventurosa! -, ma anche e soprattutto per la disarmante sincerità con cui l’autore racconta di sé e della montagna.
Certo, ci sono le salite e le discese (estreme sugli sci), ci sono le spedizioni, i viaggi. C’è la Patagonia, il Cerro Torre, soprattutto quello della prima invernale del 1985, che Sarchi ha firmato esattamente 40 anni fa insieme al compianto Ermanno Salvaterra, a Maurizio Giarolli e a Paolo Caruso. C’è l’attività di istruttore Guida alpina, e anche l’ultima di navigatore solitario. Ma non è questo che ha colpito una lettrice generalista, quale sono. È l’autenticità del risvolto umano il punto.
Intendiamoci, non ho scoperto in queste pagine niente che, in quasi vent’anni di attività giornalistica, gli alpinisti non mi avessero già svelato o insegnato, persino loro malgrado. Non ho avuto rivelazioni. Ho trovato però una verità, l’abbandono di ogni giustificazione.
La trasparenza con cui vengono descritte le relazioni nate e vissute intorno all’alpinismo, le forze che portano un essere umano a cercare spasmodicamente l’avventura, l’adrenalina, la vetta, emergono senza mediazione, senza edulcorazione alcuna. Egoismi ed eroismi si intrecciano senza mai confondersi, dando la complessità di questo essere antropologicamente unico (oppure no?) che chiamiamo “alpinista”.
La Cima piacerà al lettore che va in montagna e ama i racconti delle grandi imprese, perché ne rivivrà alcune e altre saprà sognarle. Piacerà anche a chi è toccato in sorte di condividere la vita con qualcuno che fa alpinismo, perché ci ritroverà somiglianze negli aneliti e nelle inquietudini. Ma è un bel libro anche per chi alla scoperta della montagna preferisce quella delle persone, delle pulsioni profonde che portano a correre rischi altrimenti inspiegabili, a non voler o saper fermarsi. Una lettura – mi perdonerete - che va oltre La cima.
La cima, Andrea Sarchi, Azzano San Paolo (BG), Bolis Edizioni, 2025.