Danilo Callegari e l'avventura solitaria

Intervista a Danilo Callegari, dopo la salita dell'Elbrus in solitaria e prima della parteza del Progetto Magellano, ovvero la traversata in kayak dall'Oceano Pacifico all'Oceano Atlantico.
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Danilo Callegari in piedi sulla cima del Monte Elbrus 5.642 metri
Danilo Callegari
Danilo Callegari non è uno di quei nomi che tutti conoscono, ma a nostro avviso nel nostro mondo della montagna e dell’avventura questo giovane friulano ha un progetto che riteniamo senz'altro interessante e soprattutto diverso. Infatti, mentre sta cercando di completare il progetto delle 7Summits (ovvero le cime più alte di ciascun continente), quello che rende l'dea di Danilo particolare è il fatto che lui cerca di farlo con i propri mezzi e da solo. Ma, ancora prima di questa sfida con se stesso, ci è piaciuta la sua voglia di avventura, la sua pedalata attraverso il deserto dell’Atacama in Cile - e quei 300km sul lago Titicaca, a quota 4000m, percorsi con una canoa gonfiabile, seguiti poi dalla vetta dell'Aconcagua salita in completo stile alpino...  Insomma, per dirla breve, un tipo al dir poco insolito che è nuovamente in partenza per il Sud America, questa volta per per pagaiare 380 miglia nautiche alla ricerca dei propri limiti. Alla fine del mondo e da solo.

Danilo, stai facendo "7SUMMITS Project SOLO", ma prima di questo avevi già fatto qualcosina qua e là, vero...
Si esattamente. Dopo 4 anni passati nei Reparti Speciali dei Paracadutisti dell’Esercito, nel 2008 sono andato in Islanda percorrendo ed esplorando questa splendida terra in bicicletta per 3.000 chilometri, solo. Nel 2009 sempre in bicicletta ho percorso 1.400 chilometri attraverso il “paese dagli alti valichi”, il Laddak, passando poi per il Kashmir entrando in Pakistan, quindi l’India. Otto valichi oltre i 4.500 metri raggiungendo una quota massima, sui pedali, di 5.328 metri. Nel 2010 ho attraversato integralmente in solitaria ed in autosufficienza il Vatnajokull, la distesa ghiacciata più vasta d’Europa, in Islanda. Infiltrato attraverso del mezzi speciali nel sud-ovest del ghiacciaio, dopo 20 giorni e oltre 200 chilometri ho raggiunto il suo punto opposto nell’alto nord-est procedendo trainando una slitta da 80 chilogrammi, con gli sci ai piedi.
Nel 2011 con “South America Extreme 2011” è iniziato il progetto “7SUMMITS Project SOLO”. In America Latina ho toccato 4 stati (Perù, Bolivia, Cile ed Argentina), pagaiato per 300 chilometri attraverso il lago Titicaca a quota 4.000 metri, pedalato per 4.500 chilometri attraverso la Cordigliera Andina, altipiani spazzati da venti fortissimi e aridi deserti. Ho attraversato il Salar de Uyuni, il deserto di sale più vasto del Mondo e mi sono addentrato attraverso il deserto più arido: l’Atacama. In completo stile alpino ho poi scalato il Cerro Aconcagua attraverso il Ghiacciaio dei Polacchi che con i suoi 6.962 metri è la montagna più alta del continente oltre che dell’intero Emisfero Australe.
Nel 2012 il secondo coronamento e tassello del progetto “7SUMMITS Project SOLO” è stato portato a termine; ho concluso “Europe Extreme 2012”. Dopo aver scalato in stile alpino la più alta montagna d’Europa nonché la seconda delle “mie” 7Summits, l’Elbrus con i suoi 5.642 metri, nel Caucaso russo, sono salito in sella alla mia bicicletta e dopo 4.000 chilometri e 7 stati ho raggiunto Pordenone, mia città natale.

Ci racconti un po’ del lago Titicaca? Cos'ha di speciale e come l'hai esplorato?
Oltre ad essere il lago navigabile più alto del pianeta in quanto si estende ad una quota di circa 4.000 metri… è un lago fantastico, ricco di storia e leggende. Incastonato tra alte montagne innevata della Cordigliera è condiviso geograficamente tra due stati: il Perù e la Bolivia. L’ho esplorato a bordo di una canoa gonfiabile monoposto, un test per un importante marchio costruttore di canoe “per l’estate”, costruite per essere utilizzate in mari calmi e caldi. Ho avuto l’onore di conoscere popolazioni di pescatori incredibili… confrontarmi con realtà interessanti. Su questo argomento potrei scrivere interi racconti ma non credo sia il momento!

Il deserto di Atacama invece l'hai attraversato in bici. Raccontacelo
L’ingresso al deserto di Atacama non è stato semplice. È un deserto inospitale ed estremamente arido. Per molti chilometri sono stato costretto a spingere la mia bici attraverso sabbia finissima. Sono arrivato vicino alla disidratazione e per questo che in un momento difficile nel mezzo delle distese aride ho bevuto la mia urina. Avevo con me una riserva di 22 litri d’acqua da utilizzare per bere e per cucinare i cibi disidratati.

L'Aconcagua invece: come hai trovato la cima? Eri mai stato così in alto?
Le emozioni provate nel raggiungimento della cima di questa importante montagna sono state indescrivibili. Non è stata solo una scalata… è stato molto di più, il coronamento di un viaggio lungo 120 giorni e l’inizio del progetto “7SUMMITS Project SOLO”. La scalata non è stata semplice dato che ho raggiunto la cima in completo stile alpino in solitaria e lungo l’impegnativa Via dei Polacchi. Per me era la prima volta che toccavo altitudini così elevate. Tutto è andato liscio fino al punto in cui ho iniziato a scendere per la normale. A circa 6.800 metri di quota ho soccorso due scalatori in difficoltà. Il primo un inglese con evidenti problemi legati alla quota e il secondo uno slovacco che a causa del mal tempo sopraggiunto e dell’eccessiva stanchezza aveva perso l’orientamento. Li ho accompagnati molto lentamente con il meteo in peggioramento lungo la via normale fino al loro campo a 5.500 metri di quota dove li ho lasciati per poi risalire a 6.200 metri e raggiungere, a 6.000 metri la mia tenda al campo 2. Le basse temperature legate all’alta quota e all’eccessivo tempo impiegato per salire e scendere mi hanno procurato un principio di congelamento alle dita dei piedi. Con gran difficoltà il giorno dopo ho raggiunto il Campo Base a 4.200 metri e dopo essere stato visitato da un medico, sono stato elitrasportato fino a valle. Questo “soccorso” a 6.800 metri di quota mi ha costato un raschiamento all’alluce del piede destro andato, superficialmente in necrosi.

Di recente invece sei tornato dalla seconda tappa, l'Elbrus. Era come te lo aspettavi?
Si, questo importante cono vulcanico mi era stato descritto esattamente come l’ho trovato. Climaticamente estremo. Il meteo gioca un punto fondamentale nella riuscita di scalata alla vetta più alta d’Europa. Temperature bassissime, venti infernali per lunghi giorni consecutivi e spesso mancanza quasi totale di visibilità da continue bufere rendono questa montagna insidiosa.

Mentre il ritorno, ancora una volta in sella...
Esattamente… 4.000 chilometri macinati attraverso la parte più “selvaggia” del nostro Vecchio Continente. Russia, Ucraina, Repubblica Moldova, Romania, Ungheria, Slovenia e Italia. Ho conosciuto popolazioni “distanti” anni luce da noi e dal nostro modo di vivere il quotidiano anche se estremamente “vicine” geograficamente oltre che appartenenti al nostro stesso continente. Lungo questo viaggio ho toccato, raggiunto e passato punti rilevanti: Elbrus, la montagna più alta d’Europa; steppe ucraine, ultime vere steppe rimaste in Europa; Delta del Danubio e “Chilometro Zero”, l’area paludosa più vasta d’Europa; Transilvania, la regione rumena che accoglie l’ultima foresta selvaggia rimasta, il polmone d’Europa; il Lago Balaton, lo specchio d’acqua dolce più esteso d’Europa. Pochi importanti punti che hanno reso questo viaggio, per me, speciale.

Parlaci della tua fidanzata (la bici…)
La mia amata bicicletta per me è “il cancello”. Un mezzo fidato in grado di “superare” barriere burocratiche e politiche inimmaginabili. Un mezzo molto semplice, non ammortizzato, non di leghe speciali ma di semplice e rudimentale alluminio. Uno yak a due ruote capace di portare sulle spalle oltre 60 chilogrammi di carico per migliaia e migliaia di chilometri. Una compagna fedele con la quale parlo, litigo, insulto ma fondamentalmente amo e ringrazio.
Cos'è la cosa più difficile di un viaggio in bici?

Cos'è la cosa più difficile di un viaggio di questo genere in bici?
Domanda molto difficile alla quale dare una risposta. Le cose difficili possono essere molte ma dipende dai punti di vista. È una cosa molto personale. Per me molto spesso il “difficile” è la chiave di volta che innesca la molla per rendere il tutto interessante e degno di tentativo. Pedalare a -18°C con strade innevate non è facile; pedalare oltre i 5.000 metri di quota su piste sterrate non è facile; cercar di pedalare a +50°C nel mezzo di un deserto spesso bloccato nelle sabbie non è facile; pedalare e incontrare branchi di cani randagi che ti corrono dietro per mordere non è facile; pedalare per oltre 17 ore in un giorno con 2.000 chilometri alle spalle non è facile….. pedalare per migliaia di chilometri solo spesso nel mezzo del nulla è estremamente eccitante e intimo.

Ma usi anche altri mezzi, vero?
Si certo. Amo la Natura e lo sport… pratico alpinismo e paracadutismo… oltre a ciò mi cimento anche in mtb e kayak. Quindi posso dire che oltre alla bici come mezzi uso le mie sole gambe, gli sci, la mtb e il kayak. Oltre che a strumenti legati alle due attività menzionate sopra.

Toglici una curiosità: come mai da solo?
Ritengo che “solo” sia l’aspetto più difficile di queste mie avventure… ma allo stesso tempo questa condizione mi permette di vivere la pura intimità con me stesso e di portare a casa i ricordi più belli, magici e spesso più intensi. Emozioni uniche ed indescrivibili.

Qual è stato il momento più intenso fino ad adesso?
Intenso… beh dovrei capire meglio il vostro concetto di “intenso”. Sicuramente la scalata all’Aconcagua, oltre che per le difficoltà oggettive legate allo stile alpino in solitaria e al soccorso in alta quota, come ho già spiegato, ero stanco e provato da oltre tre mesi di viaggio e mille avventure alle spalle. Di momenti intensi comunque ne ricordo molti ma fanno parte del mio quotidiano in viaggio.

Allora cos'è la cosa che ti piace di più?
In assoluto la cosa che mi piace di più è il rapporto che ho con la Natura. Unica mia fonte di ispirazione. Amo la Natura in ogni sua forma ed espressione ma prediligo in assoluto quella più estrema, selvaggia e desolata perché è in questa Natura che vede e trovo la sua forma migliore in grado di scatenare dentro me emozioni incontenibili.

Di ciascun paese che hai visitato, cosa ti viene in mente subito?
Momenti, istanti fotografati nella mia mente ed indelebili. Paesaggi e orizzonti a perdita d’occhio, venti fortissimi, sguardi di genti spesso spenti e malinconici, volti di persone sconvolte da guerre ma capaci di ridere, intere catene montuose viste dall’alto ma non da un aereo bensì dal loro culmine maggiore... e ancora… stellate e costellazioni ammirate ad alte quote…

E adesso che hai girato un po’ il mondo, cosa dici delle "tue" montagne friulane invece?
Amo la mia regione e amo le “mie” montagne… sono state, sono e saranno la mia palestra di vita. Tra le mie montagne sto bene… un senso di tranquillità e benessere emotivo e fisico incontrastato.





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