Alessandro Larcher a-vista su Ne Veden, la via che si affaccia su Trento

Il report di Alessandro Larcher che, assicurato dal papà Rolando, si è aggiudicato la probabile prima a-vista di Ne Veden (145m, 8a max, 7a obbl.), la via di più tiri sopra Trento aperta da suo padre e da Lino Celva nel 2010 in ricordo di Renzo Zambaldi, Samuele Scalet e Fabio Giacomelli.
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Alessandro Larcher a-vista su Ne Veden, Parete di Sardagna - Scudo degli Accademici, Trento. La via era stata aperta nel 2010 da Rolando Larcher e Lino Celva per ricordare gli amici Renzo Zambaldi, Samuele Scalet e Fabio Giacomelli.
Rolando Larcher

A chi non è mai capitato di perdersi nell'immaginazione guardando fuori dalla finestra in un momento particolarmente noioso o monotono? A me personalmente talvolta accade, la maggior parte delle volte a scuola... In quei momenti osservo le montagne che sovrastano la mia scuola a Trento, ne seguo i lineamenti fino a che essi convergono in una fascia di roccia. Mi fermo ad osservare la parete, un centinaio di metri di roccia abbastanza compatta. E' lì proprio di fronte a me e già il pensiero immagina cosa proverei se un giorno la potessi salire. Immagino e sogno fin che il richiamo di un compagno mi fa tornare in classe anche mentalmente.

La parete che tanto mi attrae è la "parete di Sardagna" percorsa da alcuni itinerari in artificiale e da una via chiamata Ne Veden ('ci vediamo' in dialetto trentino). Questa via, aperta da Rolando Larcher e Lino Celva, con difficoltà massima attorno all'8a, è stata dedicata a tre alpinisti e climber di Trento scomparsi nel 2009/2010 che ho avuto il piacere di conoscere.

Fin dalla prima volta che guardai quella parete il desiderio di salirla si fece sentire in me. Volevo scalarla lasciando però un mio segno personale, la cosa più ovvia da fare era semplice, la prima salita a-vista di "Ne Veden" doveva essere mia.

Le idee come questa sono però sempre più facili a dirsi che a farsi: la via è impegnativa, la mia esperienza nelle multipitch era ed è praticamente inesistente e arrivare ad avere l'8a in "parete" a-vista era cosa impensabile al tempo.

Passarono poco più di 4 anni da quel momento, fino a quando in questa primavera, mi sentii pronto sia fisicamente che mentalmente per affrontare la via. Il 25 aprile si presentò la giornata perfetta: ponte scolastico, stato di forma ottimale, mio padre disponibile ad accompagnarmi e buone condizioni. La via sopra la mia città mi aspettava!

Una volta alla base del muro la tensione iniziò a farsi sentire, aspettavo quel momento da molto tempo e non volevo fallire nel mio tentativo. Tirai il classico respiro profondo e partii sicuro e deciso sul primo tiro, un 7a su roccia a tratti polverosa ma comunque solida, la pressione svanì non appena toccai i primi due appigli, tutto filò liscio, raggiunsi la prima sosta e mi preparai ad affrontare il secondo tiro, il crux della via, il tiro di 8a.

Era caldo, 26° C non sono il top su un tiro corto e boulderoso come quello, ma non mi scoraggiai, partii cattivo stringendo le tacche con tutta la forza che avevo in corpo. Raggiunsi un primo riposo dove mi fermai a ragionare su come affrontare la seconda sezione oltre che a riposare. Le sensazioni erano buone, ero ancora relativamente fresco e pronto a dare il 120% . Scalavo preciso e concentrato, entrai in una sorta di bolla e mi isolai da tutto e da tutti, non sentendo più né i rumori della città né il tifo di mio papà. Le tacche erano sempre più piccole, il caldo non aiutava e quei pochi metri sembravano interminabili. Ero indeciso su cosa fare. Ritornare al riposo sarebbe stato ormai impossibile, l'unica opzione era proseguire. Tutto ad un tratto mi resi conto di non avere più molta energia disponibile, alzai allora i piedi altissimi, strinsi ancor più la tacca e lanciai ad una zanca sulla sinistra. La presi, la strinsi e un urlo liberatorio mi uscì più che spontaneo. Sghisai bene e arrivai in sosta felicissimo sapendo che ora sarebbe bastato solo non un po' di pazienza e un piccolo sogno che custodivo da molto tempo si sarebbe avverato.

Recuperai mio padre (quasi più felice di me) e proseguimmo sugli ultimi tre tiri rimanenti. Il primo, un 6c su roccia non troppo bella lo percorsi senza troppe difficoltà sospinto dall'entusiasmo. Il secondo, un 7b+ con un uscita da un tetto non scontata e una placca sovrastante molto tecnica e bella, mi impegnò non poco. L'ultima lunghezza invece, un 7a+ bellissimo su una roccia spaziale, è il perfetto finale per una via che almeno per me è speciale. Lo percorsi godendomi ogni centimetro della sua roccia.

Arrivato in cima guardai poco più in basso verso la mia scuola sapendo che d'ora in poi potevo stare più concentrato durante le lezioni, anche quelle un po' più noiose perché ero riuscito nel mio piccolo sogno.

Salire a-vista Ne Veden è stata davvero un'emozione indescrivibile, un momento che sarà difficile scordare. Ringrazio La Sportiva per il supporto.


SCHEDA: Ne Veden, Parete di Sardagna - Scudo degli Accademici




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