Presolana a nord: la grande classica

Ivo Ferrari presenta lo Spigolo Nord-Ovest della Presolana, una gran classica dell'arrampicata aperta nel 1930 da Ettore Castiglioni, Celso Gilberti e Vitale Bramani.
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Lo Spigolo Nord-Ovest della Presolana, , una gran classica dell'arrampicata aperta nel 1930 da Ettore Castiglioni, Celso Gilberti e Vitale Bramani.
Ivo Ferrari

Ettore Castiglioni ha solo 22 anni, quando legato a Celso Gilberti e Vitale Bramani compie la prima ascensione del rettilineo Spigolo Nord-Ovest della Presolana, siamo nel mese di ottobre del 1930, bravura e coraggio servono ai tre per vincere l’ardito Spigolo. I primi a ripeterla sono i fratelli Giuseppe e Innocente Longo in compagnia di Colombi Luigi. La testimonianza di questa salita è riportata magistralmente nel vecchio Mensile Cai Bergamo Alpi Orobiche dell’agosto 1932:

"Sullo spigolo della Presolana Occidentale
Il 30 dello scorso Luglio dopo aver pernottato alla Capanna Albani, ci avviamo di buon mattino verso il Passo dello Scagnello, favoriti da una splendida giornata. Mettiamo in un sacco lo stretto necessario, ci leghiamo con corda da 55 metri che troveremo appena bastevole, e iniziamo la salita con degli attacchi quasi timidi; timidezza che però scompare subito.

Salite le rocce rotte che formano un piccolo strapiombo, proseguiamo per rocce discrete per una ventina di metri, arrivando ad un piccolo ripiano menzionato anche nella relazione dei primi salitori. Proseguiamo su di una placca con fessura in centro, e per altre paretine, e poi con una esposta traversata arriviamo ad una specie di camino che percorriamo per sette od otto metri, raggiungendo il ballatoio sotto il gran salto.

Costatiamo che avendo deviato alquanto dall’itinerario dei primi salitori abbiamo impiegati fin qui 45 minuti in più. Riprendiamo la salita, ed invece di abbassarci verso il Lago di Polzone come descrive la cordata Bramani, attacchiamo lo spigolo direttamente, superando lo strapiombo iniziale verso destra, e dopo una ventina di metri di arrampicata sul filo dello spigolo, che troviamo molto dura, arriviamo ad un chiodo già esistente. Proseguiamo per altri sei o sette metri lungo lo stesso spigolo, e poi con una difficile ed assai esposta traversata, perveniamo ad un piccolo ripiano obbligato, dal quale possiamo manovrare la corda per rendere la seguente traversata, che facciamo essere il tratto più difficile dell’ascensione.

Passati al primo i chiodi ed i moschettoni disponibili, questi attacca la parete, a destra del crinale, di circa sei o sette metri, e sale lungo una fessura per quattro o cinque metri sino ad una piccola nicchia dove trova un chiodo; vi passa un moschettone e continua per altri quattro o cinque metri in direzione di un marcato strapiombo rossastro.

Da qui prosegue con manovra quanto mai audace causa la difficoltà di allogare altri moschettoni, riesce ad afferrare una sottile scaglia di roccia, e tenendosi colle sole mani, compie una traversata di quattro o cinque metri fino ad una piccola fessura posta sotto il cupolone, dove finalmente può ancorarsi e prendere fiato. Raggiunto dal secondo di cordata sale poi ad un ripiano sovrastante.

Il terzo che ora li raggiunge trova in questo tratto particolarmente scomodo il dovere levare i chiodi ma alfine vi riesce brillantemente. Riuniti sotto la cupola, si dà l’assalto all’ultimo tratto, il quale ha voluto smentire il noto adagio del 'dulcis in fundo'.

Sul labbro della cupola viene allogato un chiodo, e la manovra di elevazione del corpo riesce per il primo particolarmente faticosa e delicata, forzato come è a dover rinunziare all’ausilio dei piedi che incontrano scalfitture troppo leggiere nella roccia. Alfine riesce a pervenire ad una crepa e ad incastrarvisi, e poscia con un ultimo sforzo raggiunge un breve ripiano, da dove raggiante può avvertire oramai prossima la vittoria.

Riuniti su quel ripiano eleviamo il nostro pensiero di ammirazione agli 'adoratori decisi' che per primi ebbero il premio della vittoria. Con una bella ed aerea arrampicata lungo lo spigolo ripido, poi con una riposante salita, raggiungiamo la vetta. Ore 6 dall’attacco.

Durante il riposo in vetta, siamo raggiunti dalla nebbia e allora avvaliamo alla Grotta dei Pagani, da dove due di noi per Valle dei Molini e Valzurio ritorniamo al passo dello Scagnello a riprendere sacchi e scarpe, per poi raggiungere Clusone per la stessa Valzurio, ed il terzo, più fortunato, scende alla Cantoniera ed a Bergamo. (dal Mensile Cai Bergamo Alpi Orobiche dell’agosto 1932)”

Luglio 2019: Federica non ha mai salito lo “Spigolo”, ci alziamo presto, niente strada, abbiamo passato la notte nel furgone parcheggiato nell’ampio parcheggio degli impianti sciistici di Colere, se non si guida si è più freschi! Salire all’Albani è sempre una gran tirata, con lo zaino carico, ancor di più.

Federica oggi ha salito lo Spigolo, siamo scesi in doppia (da ragazzo rischiavamo sempre la pelle scendendo dal Cengione Bendotti). Due super panini al Rifugio Albani, quattro chiacchere con Elisa, simpatica ragazza che lavora al Rifugio (grazie per averci imprestato il binocolo!) e si ritorna a valle... contenti e felici.

La gran classica è una bella linea “antica” dove la roccia richiede sempre attenzione, un unico difetto, ma questo non viene considerato tale al giorno d’oggi, sono le numerose varianti e variantine che intersecano a destra e sinistra l’originale “storico”, spit, chiodi, clessidre cordonate... il solito accanirsi umano. Ma oramai ne siamo quasi abituati, peccato!


Ivo Ferrari




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