Kangchenjunga, tra vette e rinunce

Il 18/05, alle 2:30 pm, Ferran Latorre (Esp) è arrivato in cima al Kangchenjunga. I suoi compagni Edurne Pasaban, Juanito Oiarzabal, Asier Izguirre e Alex Chicon lo hanno seguito in vetta circa 2 ore più tardi, alle 4:45 pm. Nives Meroi e Romano Benet invece hanno dovuto rinunciare e far ritorno al Campo base.
Come sempre è l' Himalaya che ti aspetti, quella degli Ottomila dove nulla è mai sicuro. Così anche al Kangchenjunga ieri notte s'è consumato il “rito” dei tentativi: quelli poi approdati in vetta e quelli che, per l'imperscrutabile e sospesa legge dell'aria sottile, si sono infranti in quell'ultimo e agognato step che divide il trampolino dell'ultimo campo dalla meta, la vetta.

L'apripista del primo gruppo, quello che ha raggiunto gli 8.586m dell'altissima e difficile terza montagna della terra, è stato lo spagnolo Ferran Latorre arrivato in vetta alle 2:30 pm. Poi dopo circa 2 ore - come riporta explorersweb.com – è stato seguito dai suoi compagni del Al Filo de lo Imposible: Edurne Pasaban, Juanito Oiarzabal, Asier Izguirre e Alex Chicon.

Non occorre essere degli indovini per immaginare la gioia, mista alla fatica, provata da questi alpinisti in vetta. Come non ci sono dubbi sul sorriso di Edurne Pasaban che in vetta al Kangch ha raggiunto il suo 12° Ottomila. Ora le mancano solo Annapurna e Shisha Pangma per essere la prima donna a concludere il gran tour di tutte le 14 cime più alte.

Non è stata facile questa cima, l'attesa finestra di bel tempo è arrivata accompagnata però da un forte vento. Gli alpinisti erano partiti dal loro campo 4 poco dopo la mezzanotte di ieri e vi hanno fatto ritorno dopo circa 24 ore. E' stata veramente dura, insomma.

Ma è stata dura, anzi durissima, anche sull'altro versante, quello delle rinunce. Tra queste un posto particolare spetta al difficile e sofferto ritorno al campo base di Nives Meroi e Romano Benet. I due alpinisti di Tarvisio il 16 maggio avevano raggiunto quota 7200m. Poi, dopo un intera giornata di forzata attesa a causa del vento fortissimo, il 17 la decisione soffertissima di ritornare al Campo base. Romano non sta bene, Nives deve decidere. Lei è in forma come non mai ma non ci pensa un attimo, anzi probabilmente è lei a prendere in mano la situazione e lentamente ma decisamente sceglie di puntare verso il basso.

Romano Benet con tutta probabilità ha pagato con gli interessi la bronchite, forse non del tutto guarita, che lo aveva colpito solo qualche giorno prima. Ma anche il tour de force a cui i due si sottoposti in questi 2 mesi di spedizione.

Come molti ricorderanno Romano e Nives dapprima avevano trovato la strada del Kangchenjunga “sbarrata” da disordini e scioperi delle popolazioni locali. Quindi, cambiato forzatamente obiettivo, avevano raggiunto l'Annapurna. Ma né la meteo né le condizioni del versante sud della Dea dell'abbondanza avevano lasciato loro scampo: nulla da fare. Così ecco ritornare il Kangchenjunga raggiunto il 3 maggio dopo un altro trasferimento lampo.

Sì, anche questo ping pong tra gli Ottomila non gli ha certo giovato. Questa volta insomma non è arrivato il loro 12° Ottomila. Ma chi frequenta queste montagne e queste altitudini lo sa: nulla è scontato. Questa volta è toccato a Romano dare forfait. Ed è toccato a Nives aiutarlo a scendere al Campo Base.

Ma d'altra parte poco meno di 2 anni fa, al Makalu, le parti erano invertite e allora toccò a Romano caricarsi in spalla la compagna dopo che si era rotta una gamba. Va così l'Himalaya e va così (o dovrebbe andare così perché anche questo non è scontato) la storia di una cordata.

Ora Romano e Nives sono al Campo base  ed è questo che conta. Come più della cima e dei record conta che ancora una volta abbiano saputo essere uniti. Sono stati ancora una volta prima di tutto una coppia... gli Ottomila che ancora mancano (Kangchenjunga, Annapurna e Makalu) sono ancora lì, e come dice sempre Nives, se Dio vorrà li saliranno. Intanto la loro storia si è arricchita di un'altra esperienza; e questa è la loro forza.



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