Federica Mingolla su Digital Crack, la salita vista da Federico Ravassard

Il fotografo Federico Ravassard ripercorre, con parole, immagini e video, la salita di Federica Mingolla su Digital Crack, la via d'arrampicata di 8a ripetuta l'estate scorsa dalla climber torinese sul Grand Gendarme dell'Arête des Cosmiques, Monte Bianco.
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Federica Mingolla su Digital Crack 8a, Grand Gendarme Arête des Cosmiques, Monte Bianco
Federico Ravassard



Tutto è cominciato una sera al Bside, quando tra un blocco e l’altro Federica Mingolla mi ha parlato per la prima volta di Digital Crack, chiedendomi se volevo accompagnarla come fotografo. Non aveva neanche finito la frase che dalla mia bocca era uscito un "si" spontaneo. Si stava parlando di uno dei monotiri più belli al mondo, un gigantesco mattone di granito rosso incastrato, a quasi 4000 metri, sul filo della Cresta dei Cosmiques. A fargli da quinta, tutto il massiccio del Monte Bianco.

Il programma sembrava, dico sembrava perché poi non si sarebbe rivelato tale, abbastanza semplice: quattro giorni, con due notti in tenda e una in rifugio, due vie sui Satelliti al Tacul per acclimatarsi a quota e stile di arrampicata, poi la traversata, sci ai piedi, fino all’Aiguille du Midi, dove avremmo avuto un giorno e mezzo a disposizione per decifrare i movimenti di placca di quell’8a in quota.

Con questi propositi ci siamo ritrovati, una mattina di inizio estate, nel piazzale di Punta Helbronner. Scarponi nei piedi, sci in mano e quattro zaini giganti ad ingobbirci la schiena, oggetto di stupore dei turisti emozionati all’idea di salire sulla neonata funivia. Io e Fede, vent’anni a cranio, con Lorenzo e Antonio, con una manciata di primavere in più rispetto a noi a farci da balie.

I quattro giorni successivi sono un concentrato di alti e bassi e emozioni condensate dalla quota. Il Dente del Gigante al tramonto. Federica che urla e sbuffa dulferando su una fessura di dita, perchè con gli incastri ha un rapporto difficile, mentre con una mano tremolante passa in rassegna tutti i friends. Chissà perchè quello giusto è sempre l’ultimo in fondo all’imbrago. Io che svengo in sosta per un calo di pressione, sfottuto da Toni che mi seguirà di lì a poco. Il passaggio di 7c di Empire State Building. Le nostre tende, scriccioli sotto il Grand Capucin, illuminate dalla luce della luna. I primi tentativi su Digital, in cui Fede si prende una serie di sberle da stendere un pugile. La stanchezza e il freddo, compensati dalla bellezza del Ghiacciaio dei Bosson illuminato dall’ultimo sole. Gli sguardi stupiti delle guide di passaggio sull’Arête des Cosmiques, in una giornata in cui sarebbe stato meglio starsene a casa, piuttosto che stare a vedere una ragazza bionda fiondare su Digital, proprio sopra le loro teste. Insomma, per noi è stato veramente come essere catapultati sul palcoscenico dei grandi. Fatto sta che al termine di quei quattro giorni la catena di Digital aveva respinto l’assedio, portando Fede a esaurire pelle e fisico, ma con un parziale a suo favore: ora che aveva finalmente capito la sequenza, bisognava "solo" tornare con qualche giorno di riposo nelle braccia e nella testa.

L’ultimo atto si sarebbe giocato di lì a poco. Il 1 luglio torniamo ai Cosmiques, ad accompagnarci è Adri (Adriano Trombetta), che nonostante le costole rotte non vuole rinunciare ad assicurare la "bimba", come la chiama lui, pronta a danzare su uno dei più bei pezzi di roccia d’Europa. Scendiamo dalla funivia della Midi in una giornata pressoché perfetta, il cielo azzurro fa sì che il sole ci faccia stare in t-shirt nello stesso punto in cui, solo pochi giorni prima, ci si contendeva intirizziti la borraccia del tè caldo alla ricerca di un po’ di calore.

C’è un momento, di quella giornata, che mi è rimasto impresso. Si era al giro buono, quello fatto dopo aver aspettato che il granito si raffreddasse all’ombra. Fede era già oltre il tratto più bastardo, quello in cui dopo aver passato il terzo rinvio devi farti largo su per tacchette di dimensioni ridicole. Stava ora salendo lungo la fessurina che dà il nome a tutto, di sottofondo si sentiva Adri ormai in fibrillazione urlare "si bimbaaaa" mentre io, a pochi metri da lei a cavallo della statica, cercavo quasi di respirare il più lentamente possibile per non distrarla, mormorando di tanto in tanto un "alè" che sapeva più di preghiera che di incitamento. In quel momento il sogno che era stato alla base di tutto si stava concretizzando, sotto forma di una catena posta quaranta metri sopra il filo della cresta dei Cosmiques, un sogno durato mesi durante i quali quella ragazza bionda e sorridente aveva detto addio alle gare e aveva cominciato a scoprire nuove dimensioni dell’arrampicata. Dopotutto, è proprio sognando che possiamo andare avanti, no?

Vie percorse: Empire State Building al Clocher du Tacul, ED-, 7c max; Direttissima al Trident du Tacul, ED 7a; avvicinamento a Digital Crack tramite la Cresta dei Cosmiques, AD.

Un ringraziamento speciale va a chi ci ha aiutato sul campo (Adriano Trombetta, Lorenzo Pernotti e Antonio Lovato Dassetto) e agli sponsor che ci hanno supportato (e sopportato!) in questa avventura: Wild Climb, Petzl, Ferrino e Rock Slave.

Federico Ravassard

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02/07/2015 - Federica Mingolla ripete Digital Crack, Monte Bianco





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