Condannato o condannati? L'alpinismo, gli alpinisti e la passione. Di Ivo Ferrari

Una passione, anche quella per l'alpinismo e l'arrampicata, richiede molto, a volte anche troppo. E' una condanna necessaria? Forse sì, perché anche la felicità dell'arrampicata e dell'alpinismo ha un altro lato della medaglia, che occorre saper riconoscere e anche accettare e "governare". E' la nostra passione, e forse ne siamo condannati aldilà del bene e del male. Ecco come Ivo Ferarri ci racconta la sua "condanna".
Un attimo di tempo libero, una giornata di tempo libero, nessun impegno, tante cose rimaste da fare ma nessuna voglia di fare, io sono stato “condannato”. Il Sole è alto nel cielo, quel cielo azzurro come vorresti che sia sempre, l’aria ha pulito tutto... cammino verso la linea, la conosco la linea, ne conosco gli appigli, il vuoto che mi dà, le difficoltà e l’adrenalina che produce, la conosco, ma oggi c’è il sole che scotta, oggi ho tante cose da fare, quelle cose senza obbligo, ma pur sempre da fare e io... immergo le mani nel sacchetto pieno di bianco ed inizio a salire, tocco, tiro, spalmo e spingo... salgo, io sono stato “condannato”.

La difficoltà si alza piano piano, ma conosco questo tipo di “durezza”, ci vengo spesso nel tempo libero, quel tempo che col tempo è diventato un obbligo, quel tempo che vorrei forse dedicare ad altro, ma io sono stato “condannato”. Sotto lo strapiombo, al riparo dal sole mi fermo, il sudore mi brucia negli occhi, fa caldo, troppo caldo per essere quassù, nascosto sotto l’unico punto ombroso.

Immergo le mani, asciugo la fronte e tiro con forza quei minuscoli appigli, niente eleganza, soltanto forza che non ho, soltanto il sapere che oggi ho sbagliato qualcosa, oggi, ieri e forse domani, chissà perché ad ogni minuto, momento o giorno libero, debba sempre scontare la mia “condanna”, salire, sempre verso l’alto, sempre, col caldo e con il freddo e... quello che dovrei fare, ho altro da fare?

Supero lo strapiombo e, in un bagno di sudore percorro a ritmo di una lumaca il diedro sovrastante, le dita dei piedi mi fanno male, le scarpette comode sono immancabilmente diventate calde e scomode, spacco con le mie lunghe gambe, ora, spingo e cerco di non tirare, gli appigli sembrano sfuggirmi da sotto le dita delle mani. Fa caldo, anzi, caldissimo!

Letteralmente prosciugato esco sulla verde Cima, che proprio una cima non è, un verde posto orizzontale, dove mi libero delle scarpette, tolgo la maglia, mi irrigidisco sapendo che solo così, riuscirò a scacciare il nervoso di una giornata sbagliata, mi sdraio e riprendo il mio bradicardico battito... toc, toc, toc!

Sul sentiero, quasi allo scooter, incontro un ragazzo, cammina guardano verso il basso, serio e sotto un enorme zaino, si ferma, ci guardiamo e senza dirci niente, entrambi capiamo che... siamo dei “condannati”.

Ivo Ferrari



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