Coffee break #05 - Le stelle fredde

E' con l'animo del disertore che vi parlo. Da quale fronte sono scappato - vi chiedete? Miseri voi! Non godo della fuga, non dell'essermi sottratto a pericoli, ad orrori. Mi rallegro invece della mia nuova natura. Dello stato del disertore. Che ne sapete, per giunta, del dar battaglia? Pensate che uno come me se la dia a gambe perché deve sparare o perché rischia di morire ammazzato? No. Non avete capito nulla dell'insegnamento di chi ha saputo, in altri tempi, guardare. La guerra? Altro non è che un lungo ozio senza un minuto di riposo. Si aspetta. Un'attesa così lunga, senza saperne il motivo. Una cadenza ripetuta e infinita del nulla accadere. La noia.

La noia, sì, la noia. Avete poco da scuotere la testa. Guardatevi invece. Da quanto siete seduti a cincischiare? Da quanto andate blaterando il vostro nome e le vostre presunte gesta nella speranza di esser riconosciuti? Ma nessuno si volta. Non c'è anima viva a cui interessi. Da quanto mancate di necessità? Di importanza? Pensate davvero che, vedendovi far capolino come vecchie larve incarognite in ritardo, gli appigli vi diranno benevoli: «Dove sei stato tutto questo tempo?» Probabilmente non ci credeva nemmeno il vecchio Bruno, possiamo tranquillamente dircelo adesso, a quattrocchi, tra di noi. «I suoi occhi, per l'appunto» - mordicchiate sardonici tra i denti in una serie di patetici ammiccamenti.

I miei occhi. Feroci e rabbiosi. Li ha definiti così nel suo blaterare la donnetta squallidamente appoggiata al muro laggiù. S'è mai domandata, la presuntuosa, perché Caronte avesse gli occhi di bragia? Per la noia, povero Dimonio! Un tedio impressionante che non dava ragione alla sua divampante disposizione. Non deve esser stato divertente, per un ambizioso come lui, fare avanti indietro sull'Acheronte. Traghetta un'anima. Se va bene traghettane due-tre o un gruppo. Sarà anche un lavoro di responsabilità, ma è sempre lo stesso tran-tran, lo stesso tragitto. La medesima vuota smorzata quotidianità. Non credo l'abbia consolato nemmeno essersi sentito appellare psicopompo... che d'altro canto pare più una bestialità verbale che non una nomea di rilievo...

Sto perdendo il filo. Il povero Caronte, dicevamo. La sua brace, la rabbia. Un fuoco senza fiamma. Assai pericoloso. Non conservate neanche un filo di rabbia voialtri? Non un desiderio straziante di sfuggire alla grande Signora Noia? Mai sentito parlare dell'ira? A questo punto vi siete ridotti? È con l'animo del disertore che vi parlo. Mi prendete per demente, meschini come siete. Ma è per voi demenza lo sforzo di riprendere la vita da zero, risalendola? È pazzia o rivolta contro l'ingiustizia di un'esistenza cui viene fermamente negato il diritto di essere meglio rivissuta da principio?

Credetemi. Gli appigli non aspettano nessuno. Non gli importa minimamente chi voi siate, né il motivo del vostro stupido irrimediabile indugio. Nulla di nulla. Se dovete mettervi in marcia, è meglio che facciate presto. È con l'animo del disertore che vi parlo. Trionfante, vado. Coraggio sempre, amici! Coraggio!

Dette queste parole, disparve. Si dice che le sue membra si trovino su, nella città dei sassi, da qualche parte.

Daniela Zangrando

Il titolo è tratto da Guido Piovene, Le stelle fredde, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1970.

Tutti gli articoli Coffee break