Altre due vie nuove per Trip One Karakorum 2005

A fine giugno la spedizione Up project, impegnata nell’area dello Chogolisa Glacier (Baltoro – Pakistan) hanno realizzato due nuove vie. Hervé Barmasse, Cristian Brenna, Luca Maspes e Francesca Chenal hanno aperto UP & DOWN sullo Scudo del Chogolisa (6c/7a e A1). Mentre Gianluca Bellin e Giovanni Ongaro hanno aperto DURI E PURI (6b/A2).
Pomagagnon, Dolomiti

Acora realizzazioni per il team di Trip One Karakorum 2005. Due belle vie nuove che si vanno ad aggiungere a "Fast And Furious" aperta da Fabio Salini, Ezio Marlier ed Hervè Barmasse nei giorni scorsi. Sullo Scudo del Chogolisa (5300m circa - Parete S-SE, Pilastro Centrale) Hervé Barmasse, Cristian Brenna, Luca Maspes e Francesca Chenal hanno aperto UP & DOWN, via di 800 metri di sviluppo con difficoltà massima di 6c/7a e A1, salita in 6 giorni complessivi di arrampicata. Mentre, Gianluca Bellin e Giovanni Ongaro, hanno salito in stile alpino (2 bivacchi) DURI E PURI, nuovo itinerario di 12 lunghezze per 400m di sviluppo complessivo che supera la parete SW della Torre Capucin (5500m circa).
I "ragazzi" si stanno divertendo insomma! E, intanto il trip continua. Brenna e qualcun altro tenterà di libera lo "Scudo" e gli altri non staranno di certo a guardarli. Buone avventure!

DAL DIARIO DELLE SPEDIZIONE

"UP & DOWN" - SCUDO DEL CHOGOLISA (5300 m c.)
Seconda via nuova della spedizione UP trip one.

Up & Down, Chogolisa, (Baltoro – Pakistan)
C'è odore di summit day nel Chogolisa.
Più della metà del team è infatti all'opera sui suoi problemi verticali. Ongaro e Bellin si svegliano nel portaledge e cominciano il loro terzo giorno sul Capucin mentre quelli del pilastro dello Scudo decidono di partire molto presto per finire la via che sta durando troppo.
Colazione alle 4.30 e alle 7 di mattina Barmasse, Maspes, Brenna e Checca Chenal sono subito al colletto in cima al primo pilastro. Da qui si ripercorrono i tiri centrali aperti il giorno precedente fino all'inizio della verticale parte finale.

Il comando passa a Brenna, deciso a proseguire la sua opera di apprendimento del mondo alpinistico. E' il suo secondo tiro che apre da capocordata su questa via e i 60 metri che lo aspettano sono di quelli giusti per imparare a far tutto: un violento boulder d'entrata, fessure cieche e terrose, roccia un po' crostosa, difficoltà a chiodare ecc. Il tutto a quasi 5000 metri, quota massima della vita per il nostro climber milanese. E' per tutto questo che perdoniamo il Cristian quando due chiodi ci passano in volo oltre le nostre teste...

Il tiro seguente è ancora per lui, ora decisamente più a suo agio nel capire questa strana e difficile roccia del Karakorum. La cima del nostro pilastro è vicina ed Hervé conclude l'opera con altri due tiri di corda difficili e anche pericolosetti, pieni di lame instabili a mò di ghigliottina su noi malcapitati. La cima della lunga e difficile via è la cresta dello Scudo del Chogolisa, dove ci si immette sullo spigolo appoggiato (probabilmente) già salito in precedenza.

E' nato il grande vione "climbing" di UP trip one, un vione che adesso è già stato mezzo preparato per una possibile ascensione in completa arrampicata libera da parte del Brenna e di qualcun'altro. L'apertura è stata complicata dalla presenza di roccia a volte scagliosa e dalle fessure cieche e chiodabili quasi esclusivamente con chiodi a lama sottili tipo knifeblade. Gli spit utilizzati un po' nella prima parte (11 spit sui tiri e qualche sosta) e poco nella seconda, solo per le due soste in uscita e per il 13° tiro salito da Cristian. Un compromesso che ci pare accettabile per creare un itinerario lunghissimo con alte difficoltà sia in apertura che per la possibile ripetizione in libera successiva.

Scendiamo nel tardo pomeriggio con una lunga serie di corde doppie che fortunatamente non si incastrano mai. Smantelliamo le corde lasciate nel canale ed un bel volo del saccone da recupero pieno di corde conclude i 6 giorni di scalata sullo Scudo del Chogolisa.

Al campo alle 18 c'è fermento, anche Ongaro e Bellin sono appena rientrati dal loro Capucin. Il loro è stato un bellissimo viaggio su una dura big wall che vi racconteremo domani. Ed ora festa!


"DURI E PURI" - TORRE CAPUCIN - SHEEP PEAK
Terza via nuova della spedizione UP trip one.

Duri e puri, Torre Capucin, SHEEP PEAK, Chogolisa Glacier (Baltoro – Pakistan)26-06-2005 - Ed eccoci quindi al Capucin, incredibile obelisco di granito giallo tutto verticale e dalla forma che come avrete capito richiama la celebre guglia del Monte Bianco. Per un osso duro come questo la cordata si era già formata quando eravamo arrivati qui al campo base. Giovanni, polivalente duro adattabile ad ogni terreno, e Gianluca, tranquillo e spensierato alpinista anche lui tutto-terreni e con provate esperienze di "vita in parete".

L'unico dubbio che tormentava questa cordata di duri e puri era la contrapposizione del tempo bello o brutto, la sfida tra un fortunatissimo Ongaro e un ben più sfigato Bellin. Ormai celebri le affermazioni del veneto in cui si vantava di "aver sempre preso brutto tempo ovunque andava" ma ora che scriviamo, al settimo giorno di cielo senza nuvole, Bellin si sta ricredendo sulla sua sfortuna cronica.
First day, secondo tiro.

Le danze sul Capucin si sono aperte venerdi 24 con la seconda risalita del canale che porta alla parete, dopo quel primo tentativo sfortunato in cui i due avevano incontrato segni di passaggio. Stavolta si attacca nel diedro di sinistra del piastrone gigante appoggiato al primo terzo di parete. Purtroppo la grande scalata su fessure perfette e pulite immaginata sulle fotografie si rivela subito una faticosa opera di tecnica chiodatura sottile in fessure crostose e "cotte" dall'altitudine. Alla prima notte nel portaledge doppio (speciale brandina rigida matrimoniale per cercare di dormire in parete) il bottino del giorno sono 4 tiri di corda con già dell'A2 "new age" inventato a suon di delizie artificiali (bathook, peckers...). La conferma anche che i chiodi trovati nel diedro di destra erano solo di un tentativo visto che in cima al piastrone c'era una chiara sosta di ritirata. La notte in portaledge non è sicuramente come dormire a casa, due russatori professionisti di cui solo uno riesce a dormire. E' proprio vero che in alta quota non si riesce a dormire bene ma solo "riposare" un po'...

Duri e puri, Torre Capucin, SHEEP PEAK, Chogolisa Glacier (Baltoro – Pakistan)Il second day riparte sulle fessure centrali della parete. Si arriva al cosidetto "muro yosemitico" che a Giovanni ricorda tanto il famoso "headwall" della via Salathé al Capitan. Ma qui siamo ad oltre 5300 metri e la progressione è sempre la stessa, artificiale: friend, staffa, friend, staffa, qualche chiodino ecc.
Dopo il muro l'incontro con una serie di diedri finalmente più arrampicabili che fanno filare la cordata in cima alla seconda torre. Appesi alla sosta si rimonta il letto per la notte ricominciando il lungo lavoro dello scioglimento della neve con il fornello. Arriva l'acqua e basta un mezzo litro di brodo prima di sprofondare in un sonno profondo interrotto solo dalla chiamata via radio dal campo base. Si dorme quindi un po' di più.
E siamo al terzo giorno di scalata quando c'è la novità del primo volo in montagna di Bellin, caduto a testa in giù per 10 metri con un appiglio rimasto in mano e finito sotto la sosta, dove Giovanni si aspettava di vedere cadere solo del materiale e non il compagno... Bellin testa così i nuovi caschetti Grivel ma rompe una lente dei suoi preziosi occhiali da vista.

Sono ancora 4 tiri di corda per i duri e puri che raggiungono il filo destro del pilastro, dove manca pochissimo alla prima finta cima di questa torre. Il Capucin infatti visto di profilo non ha vetta, solo una cresta di misto che sale verso la cima della montagna che la ospita, lo Sheep Peak salito l'anno scorso da Barmasse e Giordani. Mancherebbe un tiro o due più facili ma nei profondi camini sommitali la roccia ha lasciato posto al ghiaccio puro, una cascata insuperabile senza le piccozze e i ramponi. Il viaggio finisce così con il grande muro verticale finalmente risolto e senza considerare le decine di torri che potrebbero essere l'anticima dell'anticima dell'anticima.

Alpinismo senza vetta che vuol dire scalare le dure pareti e piantarla lì quando il muro verticale è risolto. Ora si fa anche così...

dal diario della spedizione
Luca Maspes


SCUDO DEL CHOGOLISA (5300 m c.)
Parete S-SE, Pilastro Centrale
via "UP & DOWN"
Siluppo: 800 metri di sviluppo (16 tiri di corda)
Difficoltà: max in apertura: 6c/7a e A1
Primi salitori: Hervé Barmasse - Cristian Brenna - Luca Maspes - Francesca Chenal
in 6 giorni di arrampicata complessiva
Corde fisse utilizzate nella prima parte

SHEEP PEAK (6000 m c.)
Torre Capucin (5500 m c.)
parete SW
via "DURI E PURI"
Gianluca Bellin - Giovanni Ongaro, 24/25/26-6-2005
400 m di sviluppo (12 tiri)
Diff. max: 6b/A2
Stile alpino con 2 bivacchi in portaledge


Portfolio
DIARIO TRIP ONE KARAKORUM 2005
Prima via nuova TRIP ONE
Archivio news Ezio Marlier
Archivio news Cristian Brenna
Archivio news Luca Maspes
Archivio news Giovanni Ongaro


Foto: dall'alto Maspes, Brenna, Francesca Chenal e Barnasse in vetta (foto Barmasse). Il tracciatodi Up & Down e di Duri e Puri. Terzo tiro di Duri e Puri, poco prima della cima del pilastro (foto Bellin).


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