Sul Pilastro Lomasti: la via Lomasti - Ricchi, di Ivo Ferrari

Continua il viaggio di Ivo Ferrari sulle più belle vie e parete d'arrampicata d'Italia: questa volta la ricerca, nel tempo e nella bellezza, l'ha portato sul Pilastro Lomasti, lungo la via aperta da Ernesto Lomasti, assicurato da Enrico Ricchi, nel 1979. Una via che è un autentico monumento all'arrampicata.
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Sulla prima lunghezza della via "Lomasti moderna"
archivio Ivo Ferrari
Penso che forse lungo quella linea noi non saremmo capaci di arrampicarci con gli scarponi, per farlo bisogna essere “visionari” e anticipare il tempo ..” Ivo Ferrari

“..Ho dei ricordi abbastanza sfuocati di quella salita. Avevo già fatto un tentativo con Alberto Cheraz qualche giorno prima ma non eravamo riusciti a salire il primo tiro che partiva nella larga fessura rovescia che andava verso sn e arrivava alla pianta della Rossa. Ugo Page, un amico scomparso, era caduto dalla stessa fessura qualche giorno prima fratturandosi la tibia... Scalavamo entrambi con le prime San Marco e avevamo solo dei chiodi e qualche eccentrico grande. Mi ricordo solo delle grandi paure e dei tiri finiti solo per la paura di non cadere, nei tiri c'erano al massimo tre protezioni. Lasciammo due chiodi in via rispetto a quelli lasciati da Ernesto ..” Guido Azzelea


Pensiero numero uno: Via Lomasti - Ricchi 13 maggio 1979

Ogni volta che arrivo alla base del Pilastro il mio sguardo si perde verso il Cielo, sento qualche cosa di strano, non riesco a fare le cose di fretta, come se l’abitudine imparata in anni d’arrampicate si dissolvesse in pochi attimi... devo fermarmi a pensare, sedermi e cercare di tornare indietro, provare a tornare indietro. Questo Pilastro m’incute timore, la sua storia mi affascina talmente tanto da farmi perdere “il tempo”.

Ogni volta penso e ripenso. Immagino Ernesto Lomasti, scarponi ai piedi e tanta bravura salire armato di coraggio e controllo, immagino il suo compagno col fiato sospeso e gli occhi sgranati intento a dargli corda. Rimango lì, con lo sguardo a cercare la linea...

Se avessi la bacchetta magica o mi fosse dato di inventare il "buon senso", sicuramente avrei lasciato la Lomasti sola, in disparte, senza imbrigliarla tra il moderno e la smania di creare... libera da piastrine... ma non possiedo la bacchetta né, tanto meno, il buon senso... e oggi ho promesso ad un Amico che saremmo andati a ripetere una bella via, la via del 94°, ma non quella a chiodi distanti e passaggi da “bravura”, semplicemente la “Lomasti”, ritoccata e riattrezzata!

Oggi il Sole è tornato a splendere dopo giornate d’intensa pioggia, il Vento è di casa qui, nessuno oltre a noi. Mentre mi preparo, parlo a Silvano di “Non si torna indietro”, il bellissimo Libro su Ernesto Lomasti scritto dal compianto Luca Beltrame, descrivendogli alcuni aneddoti contenuti nelle sue meravigliose trecento pagine.

Sono emozionato, potrei salirla e ripeterla all’infinito, ma sarebbe sempre come la prima volta, alcune linee ti entrano dentro e quelle così ricche di storia e racconti, sono travolgenti. Le scarpette aderiscono bene, si sale con armonia, lo sguardo scende velocemente nel fondovalle per risalite altrettanto velocemente nel bel mezzo del Pilastro.

Ho riflettuto per diversi giorni se inserire la 94° nel “nostro” (mio e di tanti Amici) viaggio lungo alcune delle più belle linee “nostrane”, volevo passare veloce, non guardare all’insù! Ma, poi ho sentito e capito che dovevo fermarmi, dovevo ritornare al Pilastro, se non si può fermare il tempo, si può comunque “viverlo”.

Chissà se avessi gli scarponi ai piedi? Sarei sicuramente caduto al primo metro, impossibile salire su questo terreno senza le amate scarpette! Come avrà fatto trentaquattro anni fa a salire queste fessure rovesce, queste placche prive di appigli netti, il tutto protetto da pochissimi chiodi, non riesco a pensarlo, sento un nodo alla gola... la “bravura” esiste e se sono molti che possiedono la “differenza”, pochissimi sanno farla.

Arrivo all’ultima sosta stanco, il Vento mi è entrato dentro, il luogo mi concia sempre cosi! Stanco ma felice di “conoscere” un pochino la storia... che bella via, che grandi persone.

Mentre percorro il sentiero, mi giro di colpo, guardo quelle rocce silenziose e sorridendo saluto il Pilastro degli esploratori, chissà che non ci si riveda presto.


Pensiero numero due mentre guardo una piastrina:

Non ho rinviato uno spit, lo guardo, ma non ne sento il bisogno, al suo fianco una bellissima fessura, se avessi con me dei frends piccoli, lì, ci starebbero alla grande! Perché non li ho portati? Sono diventato “viziato”? Dove avrà messo il chiodo Lomasti? Forse sarà salito “lungo”, consapevole di esserne in grado... e tutti questi spit su una via aperta in puro stile “ardito” che non vuol dire trad (quella roba di moda adesso), tutte queste luccicanti sicurezze perché? ...Semplicemente per viziarmi!

Chiudo gli occhi e mi rivedo sulle vie che corrono ai suoi fianchi, belle giornate, belle linee, chiodatura ottima, braccia e piedi... strizzo gli occhi e vorrei che la via, la prima grande via non fosse stata addomesticata in questo modo, non darebbe fastidio, vecchia dei suoi anni, in mezzo alle più giovani, sarebbe un “monumento” alla visione umana, un omaggio rispettoso a chi ha visto avanti, a due ragazzi! Sicuramente non sarebbe ripetuta molto, solo per gente allenata di braccia e d’idee! Apro gli occhi e arrivo in sosta felice di un altro giorno verticale.

di Ivo Ferrari

Un doveroso ringraziamento va a Guido Azzalea, per la “storica” foto e le parole scritte.
Un abbraccio forte ad una persona che non c’è più a cui il destino non mi ha permesso di stringere la mano, Luca Beltrame, autore del libro sulla vita di Ernesto Lomasti, un libro Stupendo!



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