Paul Pritchard in vetta al 'suo' Totem Pole in Tasmania

Il 4 aprile 2016 il climber inglese Paul Pritchard ha salito il Totem Pole, l'incredibile obelisco di roccia della Tasmania dove, nel 1998, aveva quasi perso la vita. In seguito a quell'incidente Pritchard è rimasto parzialmente paralizzato e ora, a distanza di 18 anni, questa salita celebra una riconquista e allo stesso tempo la chiusura di un cerchio che dà nuova linfa alla sua vita.
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Paul Pritchard risale il Totem Pole in Tasmania il 4 aprile 2016 insieme a Steve Monks
Melinda Oogjes

Per arrivarci bisogna camminare per 8 chilometri, superando ripide colline che offrono squarci incredibili sull’inclemente mar di Tasmania. 8 chilometri che possono sembrare una semplice "passeggiata" di ottomila metri esatti, oppure un’eternità piena di lotte, dubbi, incertezze, dolore ma anche di speranze, gioie e piccole grandi riconquiste. Quegli 8 chilometri portano al Totem Pole, il famoso e bellissimo pilastro che sorge dal mare a pochi metri dalle coste dell’isola di Tasmania. Proprio lì, su quella parete verticale, nel 1998 si è consumata una delle vicende più drammatiche del mondo dell’alpinismo: il giovane Paul Pritchard viene colpito alla testa da un enorme masso staccatosi all’improvviso. Cade in mare. Riesce a mantenersi a galla. Lotta per la sopravvivenza. La sua compagna di scalata, Celia Bull, riesce miracolosamente a recuperarlo. Lo solleva per 30 metri fino ad un terrazino. Poi corre all'impazzata, su quegli eterni 8 chilometri, fino alla cabina telefonica più vicina. La storia di questo drammatico incidente, del salvataggio e dell’incredibile riabilitazione - fisica e morale - è documentato in "Totem Pole Risalita dall’abisso", il pluripremiato libro di Pritchard che, nonostante la paralisi parziale sul lato destro del corpo, è sempre rimasto fedele alla sua irreprimibile anima avventurosa di scalatore. Così, solo pochi giorni fa, dopo 18 anni dall'incidente, la sua anima l'ha riportato proprio lì, nuovamente sul Totem Pole. E lì, su quelle stesse pareti, Paul Pritchard ha raggiunto la "sua" cima dopo una scalata lunga e bella come una vita.

Paul, dopo 18 anni sei ritornato sul luogo del tuo terribile incidente… si potrebbe pensare che in tutto questo tempo avessi un problema da risolvere, quasi un’ossessione. Il Totem Pole era la tua balena bianca, il tuo Moby Dick?
No, per niente. Il Totem Pole è stato la cosa migliore che mi sia mai capitata. Non solo perché mi ha dato due bellissimi bambini della Tasmania ed una nuova vita in Tasmania. L'incidente mi ha anche insegnato l'umiltà – non un'umiltà che deriva da una auto-sottovalutazione che suona falsa, ma una prospettiva realistica su me stesso e sulla mia vita.

Cos'altro ti ha insegnato l'incidente?
L'Accettazione – lasciare che il futuro accada all'improvviso, senza anticipazione. Questa accettazione ti dà il coraggio di affrontare i necessari ostacoli della vita. Ci vuole coraggio per aprire il proprio cuore dopo che è stato infranto, per esempio. Poi mi ha insegnato la Grazia – la mia Afasia espressiva (la difficoltà che ho a trovare le parole) ha rallentato la mia comunicazione con il mondo. Essere presente mi ha costretto a prendere atto della bellezza, del tono e del carattere di più situazioni. E poi mi ha insegnato che tutti dipendiamo l'uno dall'altro - un po' come quando sei in montagna e dipendi dal tuo compagno. Noi tutti dipendiamo gli uni dagli altri. Quindi non serve a nessuno portare dell'astio. E non c'è bisogno di vincere per avere successo - tutti hanno il loro posto nella società. Poi, quando tutto è detto e fatto, la vita non è una grande, continua sfida per tutti noi? Sì, sono rinato quel giorno. Quante persone possono avere due vite consecutive?

Come e quando è nata l'idea di ritornare al Totem Pole?
Ho avuto l'idea anni fa di tornare al Totem, ma non ho mai pensato che il mio braccio sarebbe stato sufficientemente forte per fare tutte quelle trazioni con un braccio (ne ho contate centoventiquattro). Poi, appena due mesi fa il mio amico ed esperto di arrampicata big wall John Middendorf, che vive anche lui in Tasmania, mi ha suggerito un sistema di carrucole 2 a 1 che forse avrebbe funzionato. L'ho sperimentato nel suo giardino e sembrava fattibile, ma troppo complicato. Però il seme dell'idea era stato piantato, così ho iniziato a sperimentare sistemi diversi. Alla fine ho optato per un semplice sistema 1 a 1, con una sola gamba ed un braccio.

Puoi spiegarci meglio come funziona?
Con un sistema 2 a 1, occorrono tre carrucole, con un 1 a 1 ne bastano solo due. Con questa tecnica tiri su tutto il tuo peso. Così sollevo i miei 69 chili con un braccio (e una gamba).

Questa è stata la soluzione "tecnica" del problema… ma forse hai dovuto affrontare anche degli altri problemi più... profondi. Insomma, non ti sei mai chiesto: "chi me lo fa fare?"
Ho sempre avuto un'anima avventurosa, ero un arrampicatore in tutto e per tutto prima del mio incidente. E' naturale quindi che desiderassi ritornare a vivere la vita in maniera avventurosa. Con Mario Manica ho salito la mia prima via da capocordata dopo l'incidente, ad Arco nel 2009, erano trascorsi 11 anni. Credo che, dopo un infortunio, tutti vorrebbero tornare a rivivere la loro passione - se per esempio cucinavi dell'ottimo cibo prima del tuo incidente, naturalmente desideri ritornare in cucina. Se la tua passione è stata la carpenteria... insomma sai cosa intendo. Tuttavia, ora sento di aver chiuso un cerchio. Per citare Edmund Hillary "L'abbiamo battuto questo bastardo!" È stato un grande lavoro di squadra. C'erano 11 di noi, compresi Steve Monks ed io, altri che portavano il materiale e cinque persone per le riprese.

Steve Monks conosce bene il Totem Pole...
Ho chiesto a Steve di venire con me, non perché ha effettuato la prima libera nel 1995, ma perché abbiamo un legame speciale legato proprio al Totem Pole - Celia (Bull) ed io avevamo dormito con lui la notte prima dell'incidente. Dopo l'incidente si era calato lungo la via per togliere le corde ed il materiale (questa volta ha detto di essere contento che l'eccessiva quantità di sangue che aveva trovato in precedenza fosse stata lavata via!). Poi, un anno dopo, mentre registravo i miei pensieri per un documentario della BBC, l'avevo osservato mentre saliva la via con la statunitense Enga Lockey. Poi ha anche salito una via nuova sul pilastro, chiamandola Deep Play, per me.

Eri preoccupato e, se sì, di cosa?
Il pilastro si trova in un ambiente terrificante ed essere lì sotto, alla base, mi ha riportato a tutti quei ricordi - ero immerso fino al petto nel mare - e ho dovuto fare un pendolo dalla sosta, proprio come avevo fatto 18 anni fa quando la corda aveva smosso la roccia… È anche un ambiente bellissimo, con un sacco di alghe giganti, foche che ci chiamavano, e un pinguino minore che pescava nella voragine.

Come ti è sembrato essere di nuovamente lì, dopo così tanti anni?
Avere una famiglia ora, ed essere più vecchio, sembra voler dire che ho una solida consapevolezza della mia mortalità. Quando siamo giovani ci sentiamo invincibili ed è una grande cosa: è quello che ci spinge ad essere il meglio che possiamo essere. Quando si diventa vecchi spesso si perde quello slancio per essere il nostro meglio. Di conseguenza avevo più paura e ho dovuto superarne molta di più rispetto a quando avevo vent'anni.

Questo è interessante… ma quanto è rimasto davvero di quel giovane climber e vagabondo ventenne?
Detto questo, io sono sempre io, e mi dà sempre una grande carica essere in un posto così spaventoso – e quello è davvero un luogo spaventoso! E, perversamente, per tre giorni dopo la salita mi è piaciuto sentirmi come se fossi stato investito da un camion. Quindi un sacco di quel 20enne climber vagabondo è ancora rimasto dentro di me.

Quando sei arrivato proprio lì dove accadde l’incidente… cosa hai pensato?
Mi ha tolto il fiato quando ho visto la cicatrice nella roccia che era precipitata da 30 metri sulla mia testa. Avevo sempre immaginato che fosse molto più piccolo. Stavo osservando una cicatrice arancione, così grande da poterci infilare dentro un armadietto! Posso solo immaginare che si sia rotto mentre cadeva verso il basso, perché un blocco di quelle dimensioni mi avrebbe ucciso.

Com’è andata la salita e cosa hai provato in cima?
Come ho detto, ho scalato con Steve Monks che aveva fatto la prima salita in libera nel 1995. Anche se ora è più vecchio, non ha perso nulla della sua grazia e carisma. Una volta in cima devi fare una traversata tirolese per tornare a terraferma. Prima non ci avrei mai pensato due volte, ma ora mi sembra del tutto innaturale gettarsi da un pilastro di 65 metri nel vuoto!

E adesso che hai finalmente scalato il Totem Pole, cosa è cambiato? Sei cambiato?
Quando sono tornato a casa ho subito preparato la cena per la mia famiglia e ho accudito mia figlia malata (niente di grave), su questo fronte quindi nulla è cambiato. Ma dentro, come ho detto, ora sento come se il cerchio fosse completo. Ho chiuso un capitolo della mia vita.
Detto questo, ora sto guardando avanti verso la mia prossima avventura: questo settembre io, un ragazzo cieco, un paraplegico e un ragazzo con funzione polmonare del 38% (a causa della fibrosi cistica) cercheremo di pedalare dal punto più basso al punto più alto dell' Australia. Questa viaggio di 2100 km dal mezzo del Kati Chanda (Lake Eyre -15m) fino in cima al Monte Koscuiszko (2228m) non è mai stato tentato prima, anche da persone completamente abili, e gran parte del tragitto sarà attraverso il deserto.




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