Covid Line, nuova via allo Scoglio della Sassetelli nell’Appennino Centrale

Il report di Pino Calandrella che, il 7 giugno 2020 insieme a Giulio Longhi ed Emiliano Palla, ha aperto Covid Line, una nuova via d’arrampicata allo Scoglio della Sassetelli nel Gruppo del Monte Terminillo (Appennino Centrale).
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Pino Calandrella in apertura sul primo tiro di Covid Line allo Scoglio della Sassetelli, Appennino Centrale
archivio Pino Calandrella

“Dai Pino che oggi esci in cima!”. Con questa frase in testa, detta da Mario mentre sfila e si allontana sul sentiero che costeggia la base della parete, mi appresto ad attaccare il 1° tiro di un progetto che avevo messo lì da qualche parte, ma che non avrei mai creduto di tentare.

Il gruppo del monte Terminillo non è molto grande, ma è famoso nel centro Italia per essere una ricca palestra di vie invernali, la sua favorevole posizione fa sì che si creino spesso ottime condizioni di ghiaccio, ma non è certo amato per le sue vie di roccia, poiché è spesso molto fratturata e rotta, tale da richiedere molta esperienza e abitudine per poterne apprezzare la scalata.

Il progetto su cui ci stiamo cimentando si trova sulla bella e verticale parete dello Scoglio della Sassetelli, una propaggine rocciosa dell’omonima cresta Sassetelli, che si affaccia sulla Valle della Meta e sulla Vallonina tutta, nel territorio del Comune di Leonessa (RI). Ho la fortuna di conoscere abbastanza bene questa parete per averci aperto quasi tutte le vie presenti, che sono però tutte rigorosamente invernali. Percorrendo in passato il sentiero n°403 che costeggia la parete, il mio sguardo cadeva sempre sulla bella roccia della fascia bassa, molto compatta e a tratti strapiombante. Qualche foto scattata velocemente e poi via, con l’idea che fosse troppo impegnativa e rischiosa da tentare dal basso con protezioni tradizionali.

Poi purtroppo arriva un periodo che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare, in quarantena casalinga con problemi reali molto più importanti di tutto il resto. Le settimane passano e il lockdown, in modalità smart working, lascia spazio anche ad altre attività. Non potendo andare in montagna rovisto nelle foto d’archivio e quelle immagini salvate alla rinfusa dentro la cartella "Progetti" iniziano ad assumere un ordine e un senso. Inizio a tracciare idealmente una linea di salita al centro della parete, ma mentre nella parte bassa la roccia sono sicuro sia buonissima, anche se difficilmente proteggibile, nella parte alta della parete non so, le foto non mi aiutano e poi siamo pur sempre al Terminillo. I dubbi sono molti, ma ormai è fatta, il progetto c’è ed è definito, resta solo da avere occasione e coraggio per tentarlo. Chi ama cimentarsi nell’apertura di vie alpinistiche lo sa bene, quando un progetto prende corpo s’impossessa dei tuoi sogni e allora non ce n’è per nient’altro.

Arriva il 4 maggio e finalmente possiamo tornare a frequentare le nostre amate montagne, dislivello, corsa e arrampicata tornano nella nostra vita, dopo la corsa in giardino e la trave in taverna. Passano tre settimane e si presenta la possibilità di tornare a fare alpinismo, grazie agli amici Daniele Camponeschi e Alessandro Sciucchi, con i quali concretizzo un bel progetto nella valle di Punta Innominata (gruppo Monte Terminillo), dedicando una bella via di spigolo, di media difficoltà, al compianto Giudice Giovanni Falcone, a sua moglie e ai membri della scorta, in occasione della ricorrenza della loro uccisione avvenuta il 23 maggio 1992 (Via Spigolo Giovanni Falcone). Dopo l’apertura di questa via sento che i motori della mente e del fisico hanno ripreso a girare e allora…

Passano due settimane, come al solito però sono molto impegnato e non riesco a organizzarmi per tempo, ma fortunatamente gli amici Giulio Longhi ed Emiliano Palla sono già a Leonessa per il weekend e quindi tutto diventa più facile, si va!

Siamo all’attacco, le mezze corde sono al posto giusto, Giulio è pronto a farmi sicura e l’imbrago è carico di materiale: inizio a scalare! La roccia è subito bellissima e compatta, non sembra di scalare sulla montagna di casa. Un paio di chiodi a lama e qualche friends piccolo e arrivo in cima allo speroncino alla base della placca verticale, sul tratto che già immagino "chiave". Ora la placca è verticale e compatissima, non vedo possibilità di proteggere, sono un po’ sconfortato, anche perché le piccole tacchette per le mani attraverso le quali mantengo l’equilibrio mi stanno affaticando. Scorgo una piccolissima fessura, con molta fatica ci martello per metà un piccolo chiodo a lama sottile, purtroppo ancora non basta, non terrebbe assolutamente un volo. Il mio ottimismo iniziale sta per lasciare spazio ad un sano realismo e inizio a pensare che la roccia sia veramente troppo compatta e che sarà impossibile proteggersi adeguatamente, credo dovrò farmene una ragione. Ma l’esperienza mi insegna che per riuscire nella scalata su roccia, quando non si vedono soluzioni, bisogna cercare di cambiare prospettiva e allora provo a salire ancora un po’ con i piedi, le tacche per le mani sono molto piccole, ma attenzione un attimo, vedo un buchetto nella roccia a poco più di mezzo metro da me, in lui ripongo le mie speranze. Mentre con la mano sinistra mi tengo su una tacchetta verticale, con la destra prendo dall’imbrago un chiodo universale molto corto e…ci provo. Batto con difficoltà il chiodo nel buchetto, è poco profondo, ma il suono inizia ad essere quello giusto ed entra tutto (5cm) sino all’anello, torna l’ottimismo.

Questo piccolo chiodo si rivelerà determinante per superare il passaggio chiave, salire il lungo primo tiro e sicuramente determinante per la riuscita dell’intera via. Bravissimi Emiliano e Giulio su questo impegnativo tiro di corda e dopo un secondo più tranquillo siamo sotto al muro del terzo tiro. Arrivare qui era l’obiettivo minimo iniziale, anche per capire la qualità della roccia di questa fascia, che notiamo essere buona e compatta nella parte centrale, ma contornata da tratti di qualità inferiore. Un rapido consulto "democratico" sulle scelte della cordata ci vede tutti concordi nel voler proseguire e allora parto in apertura del terzo tiro.

Dalla sosta le difficoltà sembrano non eccessive, invece il terzo tiro si svolge su roccia compatta, a tratti difficile da proteggere, con difficoltà sostenute e continue. Ne uscirà un tiro molto lungo (55m ca.), un bel viaggio nell’introspezione dell’alpinismo, di quelli che piacciono a me. Non lo spezzo perché nel frattempo sono arrivate le nuvole basse e temo possa venire a piovere prima ancora che superi le difficoltà maggiori (nelle ripetizioni è consigliabile spezzare il terzo tiro in due). Finalmente arrivo dove nelle previsioni di massima avevo previsto di realizzare la sosta, ora il viaggio tocca a Emiliano e Giulio. Con giusta decisione scalano separatamente il tiro e solo quando Emiliano arriva in sosta parte Giulio, questo perché la presenza del sentiero alla base della parete, molto frequentato in questa domenica, non mi ha consentito di disgaggiare "ampiamente" e quindi meglio procedere con attenzione. Anche Giulio sale il tiro molto bene e ora non ci rimane che uscire in vetta con l’ultimo tiro, che si rivelerà tecnicamente non difficile ma su roccia ormai nel solco della tradizione terminillese. Il masso in cima alla parete è perfetto per l’ultima sosta e con le giuste attenzioni escono dalla via anche Emiliano e Giulio. Siamo contentissimi!

Abbiamo aperto, a nostro avviso, una delle più belle e sostenute vie del gruppo del Terminillo, ma soprattutto è andato tutto perfettamente, con una grande dose di ingaggio, ma anche un grande affiatamento di cordata, vivendo una giornata di quelle che ti ricordano l’amore per l’alpinismo.

Poi ti viene da pensare che è proprio strano questo alpinismo del 2020, sempre uniti intimamente nella cordata e nel destino alpinistico, ma purtroppo separati e l’abbraccio di vetta, per la seconda volta in questo post lockdown, è mancato, si è vero questo è mancato molto e gli alpinisti lo sanno che è non roba da poco.

Non abbiamo scalato certo una grande parete blasonata o una big wall, ma come sappiamo l’avventura si annida nei nostri progetti e spesso non ha a che fare con la fama della parete, ma solo con i nostri sogni, che se nati in periodo di pandemia hanno un valore a parte, hanno il sapore di una riscossa, il gusto di una rinascita… nella speranza sia quella definitiva.

di Pino Calandrella

SCHEDA: Covid Line, Scoglio della Sassetelli, Appennino Centrale


Pino Calandrella
, vive a Leonessa (RI), è Istruttore Nazionale di Alpinismo e Direttore della Scuola di Alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata Libera “Franco Alletto” del CAI di Roma, nonché operatore del Soccorso Alpino. Pratica la montagna in tutte le sue forme e discipline, come per molti, in una sorta di scelta di vita. Apritore di decine di Itinerari alpinistici invernali ed estivi, ha diverse spedizioni extraeuropee alle spalle (Argentina, Perù e Pakistan), in alcune delle quali è stato anche Capo Spedizione, come nell’ultima del 2014 nel Karakorum, dove con i suoi compagni di cordata ha effettuato la prima salita ad una vetta, nella valle dell’Homboro, successivamente battezzata Leonessa Peak.

Info: FB Pino Calandrella, IG Pino Calandrella




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